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144 – Metro 2033

Ho una confessione da fare: ultimamente la mia spacciatrice ufficiale di titoli di libri da leggere è Divara.

Tra gli ultimi, mi ha consigliato “Vedi di non morire” è “A tuo rischio e pericolo” di Josh Bazell, poi “Portami a casa” di Jonathan Topper, poi ha cannato con “A volte ritorno” di John Niven.

Ha cannato perché, nonostante il mio libro preferito sia “Cronache di un Messia riluttante”, non sono riuscito ad andare oltre le prime 3 pagine di “A volte ritorno”. L’idea dell’ennesimo libro che (sembra?) parlare del ritorno del Cristo anche no, basta, dai.

Così poi dal suo cilindro magico ha tirato fuori tutt’altro genere di libro: “Metro 2033”. A quanto padre piuttosto famoso e da cui hanno anche tratto un gioco (che porta lo stesso nome) e un seguito del gioco (che caso vuole sia disponibile per il download gratuito col Playstation Plus). Il punto è che è un macigno di 9000+ pagine Kindle. Giri pagine su pagine e sei sempre lì, al 3%. È lungo, è prolisso, è molto descrittivo. Però mi piace, mi sto di nuovo portando dietro il Kindle a lavoro e leggo sui mezzi e in pausa pranzo, nonostante mi metta una certa ansia e agitazione.

E scendere le scale per prendere la Metro, in realtà, ha iniziato a farmi uno strano effetto.

128 – amicizie

Persone che hai conosciuto per caso una sera e con cui ti sei scambiato i contatti, anche se gli unici messaggi che girano sono quelli prima della serata, per assicurarti che loro ci siano, e quelli dopo, per ringraziare della compagnia e del divertimento.

Persone che vai a cercare nel casino della pista appena parte la canzone cretina della serata e sei sicuro che i successivi 5 minuti ti riempiranno di gioia per il resto della serata e ti faranno sorridere senza ritegno quando ci ripenserai nella settimana seguente.

Persone che ti prendono, ti abbracciano e che ti dicono che tu per loro sei tenerissimo e dolcissimo.

E non è esattamente così, però è bello a volte sentirselo dire e ricambi con affetto quell’abbraccio.

125 – 7 anni

Sembra incredibile, ma sono passati 7 da quando, sul palco del Macworld Expo, Steve Jobs ha presentato il primo iPhone, con quel “Today Apple is going to reinvent the phone.”

Quindi vuol dire che – a occhio e croce – io maneggio un iPhone da… Boh? 5 anni e mezzo? 6? da quel primo meraviglioso iPhone 2G 8GB, con tutti i suoi limiti e imposizioni. E poi un 3G, poi un 4, poi un 5. Ho sempre volutamente evitato gli S, anche se devo ammettere che questa generazione mi ha tentato più di una volta, per il TouchID e le migliorie alla camera e quei piccoli cambi estetici.

E in questi 7 anni ne ho. combinate un bel po’: mollato un lavoro, iscritto (e finito) ad un’altra facoltà universitaria, iniziato (e finito) una storia importantissima, cambiato altri lavori (e te guarda: mi sono ritrovato a fare il Mobile UX Designer, una professione che senza quel temono chissà se oggi esisterebbe), fatto molte nuove conoscenze (sia dentro che fuori dalla rete) e soprattutto imparato a convivere con me stesso.

E quello sembra un evento che quasi non ricordiamo, perché non ricordiamo un’era pre iPhone, per interfacce touch, eppure… Eppure son passati 7 anni.

124 – After

E alla fine, il primo after (di lavoro) l’abbiamo fatto.

E improvvisamente la cosa non mi ha pesato più di tanto. Perché lo stare in ufficio da solo, gestirmi tranquillo i lavori con i miei tempi e senza essere interrotto ogni 2 minuti e poi prender una metro praticamente deserta, arrivare al freddo di Rho Fiera e sperare un Regionale Veloce, sedersi in un vagone vuoto e pensare a come 11 minuti di viaggio senza fermate fossero diventati 21 con fermate.

Arrivare a casa, crollare distrutto sul letto e non accorgersi di mail entusiaste dal collega.

79 – Ritorni

E son qui, a casa, dopo un week-end durato troppo poco.

Un week-end a casa di amici, alla scoperta di una città che non conosco per nulla, con una parentesi canterina, una parentesi culturale, una parentesi video ludica, una parentesi di giochi da tavolo.

E poi buon cibo (qualcuno ha detto pesto, focaccia, focaccia, pesto?), ottima compagnia, gatti pelosissimi e ruffiani, e un’ospitalità che non riuscirei a descrivere adeguatamente.

Quindi, grazie ad entrambi per questi splendidi due giorni. Peccato siano volati via così in fretta.

62bis – nuove esigenze

È capitato per tutta una serie di motivi di passare per l’ennesima volta una notte fuori casa.

Nulla di strascendentale, semplicemente un aperitivo andato per le lunghe, l’offerta di ospitalità e la zero voglia di rimettermi in macchina ad orari assurdi, sapendo che il giorno dopo sarei comunque dovuto tornare a Milano, presto prestissimo, per via del famoso corso.

E che dire: svegliarsi con calma praticamente in centro a Milano, avere qualsiasi metropolitana a disposizione nel giro di 5 minuti, fa notare la differenza tra una vita di pedolarsismo

47 – il potere dello share

Succede che condividi questa:

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E poi qualcuno te ne parla.

E sei dannatamente contento per lui.

E improvvisamente si apre tutto un nuovo mondo fatto di domande e risposte più intime e personali e senza quel filo di censura e riservatezza che c’era sempre stato prima.

E no, non riesci a toglierti dalla faccia quel sorrisetto ebete, nonostante la barba sfatta e dei capelli improponibili.

E no, non riesci a toglierti dalla faccia quel sorrisetto ebete e tutta la gioia e la felicità che sottende.

46 – domenica

Un rientro alle 4 di notte.

Una dormita fin troppo lunga.

Una pranzo.

Il Mac acceso per andare avanti col lavoro.

Un po’ di play, per andare avanti con una recensione tirata troppo in lungo.

Una imboscata di tè e biscotti.

Un’uscita per 4 chiacchiere personali e di lavoro.

Una pizza, la seconda della settimana.

Un calice di vino bianco.

Un rientro a casa spensierato, perché la vita è bella se decidi che lo sia 🙂