L’arrivo a casa

Man mano che dalla grande cittá mi avvicinavo al paesello, saliva l’ansia. L’ansia di varcare la soglia di casa, trovarli magari svegli, ad aspettarmi.
E mentre il cancello automatico si apriva, esitavo, tanto che si è richiuso. Una telefonata ad una mia carissima amica, sperando che fosse sveglia. Un salto da lei, un paio di toast da mangiare e un po’ di compagnia. Pensando ad altro, guardandola in versione casalinga disperata mentre stirava cumuli di vestiti, mentre assieme al suo ragazzo tentavo di capire perché non funzionava più l’audio di Sky, armeggiando tra cavi impolverati di un’altra epoca.
E ora, l’arrivo a casa, nel mio letto.
E la voglia di essere lontano, altrove. Perché non credo di avere la forza di affrontare tutto ciò, non so cosa succederà domani, il terrore di dover affrontare discorsi che non sono in grado di affrontare.
La voglia di scappare, fuggire, evitare. Come sempre.
Come ho sempre fatto.
In ogni cosa.
Codardia?

5 pensieri su “L’arrivo a casa

  1. Dài, Lore! Mi associo a byb. Sono sicuro che ce la farai. Siamo tutti con te!
    Metti aria fra le parole e vedrai che tutto sarà più tranquillo!

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