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332 – matrimonio

E così ieri si sono sposati.

La cerimonia è stata bella e commuovente (no, sposo, non dovevi dire a tradimento quel “prendo te come mia bellissima sposa”), i coriandoli al posto del riso han fatto il loro effetto, il tempo è stato clemente, i festeggiamenti sono stati impeccabili per location, menù, organizzazione dei tempi e poi il tutto è finito con gli sposi e gli invitati più giovani a bere birra in un noto pub della zona.

Il mio abbigliamento ha fatto la sua porca figura, ma la storia delle scarpe è girata talmente tanto che tutti erano preoccupati per me, persino anche la madre dello sposo (maledetti social!).

E insomma, a parte un po’ di rivalità tra i tavoli per colpa degli Haribo-segnaposto e della guerra a rubare le caramelle degli altri, alla fine è stata un giornata di gioia e risate e sorrisi, di quelle che ti lasciano una bella sensazione piacevole, anche se arrivi a casa alle 2 di notte un po’ stanco e crolli addormentato sul letto.

331 – scarpe

Oggi è un grande giorno.

E credevo, per una volta di essere arrivato tranquillo, preparato e pienamente soddisfatto dell’abbigliamento scelto.

Abito bellissimo trovato al primo colpo, la sicurezza di una camicia di Duiliu’s, una elegantissima (ma non troppo) cravatta e pochette color Tiffany da Andrew’s Ties comprata settimana scorsa.

Ma giustamente all’ultimo (o meglio: giovedì sera) mi è venuta ansia per le scarpe. Volevo mettermi le solite, ma alla fine ho pensato che sono un po’ troppo vecchie e usate e forse era il caso di comprare qualcosa di nuovo. Solo che ieri diventava un po’ difficile andare alla ricerca di qualcosa e rimaneva solo oggi mattina. Sì, la mattina stessa del matrimonio.

E pensa di qua e pensa di là, perché non provare a fare un salto a Parabiago, da Fratelli Rossetti? Come potevo immaginare, ovviamente è stato amore a prima vista con un modello della nuova collazione, mica con uno dei 150mila modelli diversi in saldo.

Però alla fine quando si sposano due carissimi amici che conosci letteralmente da una vita, è il minimo che puoi fare, vero?

 

Cronache di un matrimonio Bergamasco

Ne parlo solo ora.

Forse perché è stato un giorno veramente bello, anche se ero solo un invitato, diventato amico – quasi per caso – dei due sposi.

È che ho aspettato tanto questo matrimonio. Rivedere gli amici, Bergamo alto, vivere con piacere questo giorno importantissimo di due persone con cui mi sono trovato subito bene, che apprezzo e verso cui nutro molto ma molto affetto.

L’arrivo a Bergamo, il pranzo rinfrescante con melone e prosciutto, poi lo shooting della vestizione di una spùsa piuttosto agitata. Il tutto accompagnato da una buona dose di bollicine.

L’arrivo alla chiesa in Bergamo Alta. Una chiesa bella, anche se piccolina. Tanti, tantissimi invitati. Il saluto allo sposo, ovviamente fighissimo.

Poi l’arrivo di lei. Che scende splendente dalla macchina, in un vestito semplice, ma veramente bello. Un vestito che esprime tutto quello che è lei, tutta la sua personalità.

L’entrata in chiesa e le corse su e giù per fare foto, visto che ero uno dei due fotografi ufficiali.

Ero lì, ad immortalare tutto in digitale. E non ho fatto a meno di emozionarmi quando lei si è bloccata, emozionata e accennato una lacrima. Continuavo a ripertermi in mente forza, G., non ora, non ora, vai avanti, guardalo, guardalo, vai avanti, concentrati che ce la fai. Piccola cosa, ma è stato bello aver vissuto questo momento. Vederti sorridere con gli occhioni lucidi, guardare prima lui, poi il prete e poi andare avanti nel pronunciare quelle parole.

È stato bello vedere l’A. chiedere al prete il permesso di baciare la sposa, come se non l’avesse mai fatto, timidamente, come fosse la prima volta.

Poi il mare di folla fuori dalla chiesa. Parenti e amici, tutti lì per loro.

E poi la trasferta al Roof Garden, all’ottavo piano dell’Hotel San Marco. Un posto magnifico. Una vista magnifica su tutta la città. E mentre il sole tramontava dietro Città Alta, il panorama diventa ancora più bello.

Nouvelle cousine, con porzioni minuscole, in bicchierini, ma a getto continuo. Di tutto. Insalate, pesce, carne, formaggi, prosciutto. Bollicine a getto continuo. Chiacchere, chiacchere, risate, chiacchere, foto e risate.

Poi l’open bar e le 3 vodka lemon. E la sala trasformata in un dance floor fino alle tre di notte, con pochi, pochissimi irriducibili rimasti fino alla fine.

Un bel matrimonio. Non solo per tutto ciò che era accessorio, ma anche la funzione in sé.

E la cosa mi rattrista. Mi rattrista se penso a me. Al fatto non potrò vivere tutta la pomposità e le emozioni di un matrimonio in chiesa e mi dovrò accontentare di uno civile, quasi sicuramente non Italia, probabilmente con pochi pochissimi amici e quasi nessun (mio) parente.

Matrimonio: parte II

Ieri, la seconda parte del Matrimonio Greco. Questa volta, in terra italiana, con rito civile.

Non c’è molto da dire. A parte che la sposa, ancora una volta, mi ha stupito. Con i suoi tocchi di classe ed eccentricità. A parte il posto, bellissimo; a parte quel palazzo comunale stupendo; a parte i 10 colombi bianchi liberati alla fine della cerimonia; a parte la simpatia e disponibilità del Sindaco e dell’Assessore; a parte la cena e i 50 invitati: partenti e (per la maggior parte) pericolosi e pazzi amici.

Qualcosa di tanto diverso dall’esperienza greca, molto più raccolta, molto più intima.

Qualcosa che, però, sono contento di aver vissuto.

Son contento di averli “accompagnati” anche in questo passo “legale”. Sono contento che loro abbiano voluto la mia compagnia anche in questo passo.

E ultimamente, son poche le cose che riescono a farmi sentire così allegro e sereno, come quando sono con loro.