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Della cattiveria di Timehop

Timehop è quell’applicazione perfida è malvagia che ti ricorda un sacco di cose che tu hai dimenticato.

Magari sono status che a distanza di anni ti vergogni di aver scritto: post in 3ª persona agli albori di Twitter, cretinate varie, frasi che non riconosci più perché scritte con uno stile che non è più il tuo, foto tirate fuori dalla library che anche no grazie.

Però Timehop riporta a galla anche frasi e immagini che ti fanno ricordare subito la situazione, il momento. Cose che avevi sepolto e che a volte ti fanno piangere, a volte ti fa piacere ricordare, come ad esempio una foto scattata in ufficio, 3 anni fa.

È così ti ricordi i tuoi compagni di stanza, i lavori di quel periodo, i fogli alle pareti e riesci a ricordare la storia, il periodo, gli aneddoti, l’atmosfera che si respirava.

E va bene, è un ricordo piacevole e si potrebbe anche pensare di ringraziare Timehop.

Il problema però viene fuori quando confronti quel passato con il tuo presente e quella brutta sensazione che in questo momento non stai costruendo alcun ricordo altrettanto forte. Adesso fai e disfi senza sosta, ma sei sempre insoddisfatto, per nulla rilassato e forse neanche troppo contento. 

Poi c’è una protagonista di quel periodo che ti scrive su WhatsApp che alla fine 3 anni fa eravamo dei giovani pirla. E ha ragione, da vendere.

Però ora che Timehop ti ha ricordato quei momenti, quei momenti ora ti mancano da qui all’infinito.

Poi scopri che c’è chi vive una vita vera

E alla fine, proprio mentre mi stavo gettando una life, hanno spento i server del fifi.

Ma mentre tutto quello che ha significato per me il Socialino l’ho scritto di la, nell’altro blog in cui scrivo con nomecognome, di qua volevo parlare di questa serata.

Una serata di reunion di gente del liceo (grande successo: 6 su 26).

Però è una di quelle cose che mi fanno piacere, perché alla fine degli amici magentini ho un buon ricordo. È bello ritrovarsi a distanza di anni (quanti sono, 10/11 da quando abbiamo finito il liceo) e vedere come sono andate avanti le nostre vite.

Persone che non ci sono neanche tutte su Facebook (e chi c’è lo usa poco), persone che fanno lavori veri (medici, chi in azienda – che producono beni materiali).

E poi aiuta anche il buon cibo, le chiacchiere, il vino, i liquori, le partite a biliardino (che ti fanno sudare più di una mezza maratona).

https://instagram.com/p/1T7yPKROxA/

E poi così come sono iniziate, finiscono.

A tra 10 anni, amici.

Vercelli, 11

Sembra ieri, ma invece è già passato 1 anno.

Mi compaiono regali sulla scrivania, con engagement post che non si possono ignorare

A photo posted by @nomoreme on

Un anno in realtà denso di cambiamenti, nuove avventure, di persone che sono entrate nella mia vita e altre che ne sono – purtroppo – uscite.

Una nuova città, nuovi ritmi di vita, nuove passioni e le vecchie un po’ ridimensionate.

Un anno in cui ho superato la soglia dei trent’anni e in cui mi sono reso conto di non essere ancora riuscito a trovare un obiettivo a lungo termine: giusto o sbagliato che sia sto vivendo giorno per giorno e per ora sono contento così.

Ma ci sono momenti in cui quella vita conclusasi un anno fa mi ritorna prepotentemente in mente. E la nostalgia di quelle stanze, di quei lavori, di quelle persone fa ancora male, molto male.

Mercoledì 1 dicembre 2004

Ciao F.!

Magari questa mia rimarrà un puro esercizio di stile, magari ti dirò più o meno le stesse cose che ti sto scrivendo o magari non te lo dirò mai, dovrò solo trovare il momento adatto per dirtelo…

Ti ho lasciato un po’ in sospeso… lo so. E dicevo che volevo dirtelo parlandotene a quattrocchi ma ora ho un po’ di paura, timore a parlartene… no, non ti preoccupare inutilmente!

È solo che c’è una parte di me che non accetto. E non si tratta dei peli o delle orecchie a sventola… è una parte di me che costituisce me stesso, e che, assieme alle altre, mi ha reso quello che sono, in bene o in male. Però la tengo nascosta, la copro con bugie che non sempre reggono, me ne vergogno, come se non fosse “normale”…

E in effetti un po’ fuori dal comune lo è però…

Cavolo! Ho veramente così tanta paura del giudizio degli altri: ho la paura, anzi, il terrore di rimanere solo, come, apparenze a parte, sono, alla fine, sempre stato. E ho paura di rimanere solo dopo aver incontrato te e l’E.. Vi voglio un bene tremendo, anche se me ne esco fuori con battute stronzissime o se magari non mi faccio vedere in uni per qualche giorno e neanche vi chiamo. Son fatto così. O prendere o lasciare, dice qualcuno. Ed è il possibile “lasciare” che mi fa paura. Vorrei escluderlo, e per questo faccio di tutto per farmi accettare, entrando in conflitto a volte anche con me stesso…

Qual è il punto ti chiederai… è difficile da dire, anche scrivendolo. O meglio… soprattutto scrivendolo: ti obbliga ad avere le idee chiare per poterlo scrivere e dargli il potere di rimanere…

Non ti sei mai accorto di qualcosa di “strano” in me? Di diverso dal comune? Forza, pensaci bene, non è poi così difficile. Come mi ha detto la M.,  “ultimamente tentavo di emergere”, ma non è poi così semplice! Soprattutto quando passi una vita a fare in modo che il problema semplicemente non esista finchè poi non scoppi (nel mio caso scappi in lacrime…) ed esplodi e capisci che non puoi tenere tutto dentro. È così ingiusto! Verso te stesso e verso quei pochi che ti stanno accanto e ti vogliono bene. E ti vogliono bene perché non sanno quella certa cosa di te, ma dopo? Scapperanno? Ti considereranno in modo diverso da prima? Sarà tutto prima e capiranno che tu alla fine sei sempre il solito e l’unica differenza è che loro sanno cosa tu sei veramente? Belle domande. Ma l’unico modo per scoprirlo è parlare ed aprirsi. Ed attendere il verdetto della giuria…

L.

182 – goodbye

C’è chi mi ha detto di prendere la rincorsa e saltare al livello successivo;

C’è chi mi vede già in cima alla bandierina:

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C’è chi mi ha mandato inglesissimi “Whishing you all the best.”, con tanto di koala:

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C’è chi ha prodotto e mi ha regalato strani santini:

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C’è chi mi ha augurato di andare e stenderli tutti:

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C’è chi pensa che il McDonald abbia chiuso perché io – affezionato cliente – lo stavo per abbandonare;

C’è chi mi ha fatto un regalino veramente apprezzato, soprattutto per la dedica così engaging:

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Chi mi ha mandato cuori confermandomi di essere sulla strada giusta:

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C’è chi mi ha salutato con le lacrime agli occhi (e ne ha fatte scendere anche a me);

E poi ci sono io, che ho chiuso il tutto con un “So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.) ” e un aperitivo semi improvvisato con quei pochi che potevano.

E quindi è ufficiale: quei 2 anni 2 mesi e 5 giorni in cui è successo di tutto sono finiti.

E porterò nel cuore un bel po’ di ricordi, cose belle e brutte, cose importanti e cose stupide, tra la fatica di quattro traslochi di stanza, le feste (troppo) alcoliche e le creatività degli inviti sempre al top, tutte le sigarette (non?) fumate, i caffé, il cacio e pepe e il sopracciglio sempre alzato, gli aperitivi, i pranzi e le cene, i fotoMantaggi, il “colpire qui con la testa”, i timer e chi non li faceva partire, l’odore di cervelli fritti, i poveri concetti strettati, i tanti post-it, i cuori e gli unicorni, il piattone e lo sfocatone, le mail con animaletti pucci, i gioielli commestibili di Gino, i crash di photoshop, i file cancellati dal server, il fluidifica, la guerra per la mayorship su 4sq, quella fantastica colorrun, i “lori, c’è posta per te”, le urla dalla stanza di fronte e gli sghignazzi da quella a fianco, il tardare tanto da porter salutare l’omino delle pulizie o quella volta che sono arrivato per primo la mattina e mi son trovato una porta mezza sventrata, le lunghe liti per decidere i colori delle pareti di una stanza che presto non sarebbe stata più nostra, il soldi regalati al McDonald che ha chiuso, le infografiche, i corgi e darcytheflyinghedgehog, quel 4° piano sbagliato e la peste bionda del 5°, la macchinetta del caffé che si bloccava sempre e le “ora butto tutte le schiscie dalla finestra!”, il “caricami ho fame” e tutti i post-it a forma di cuori con su disegnati dei cuori e altri importantissimi messaggi, le colazioni e le infinite scuse per mangiare una torta insieme, le amicizie più o meno profonde e le confidenze che ne derivano.

So goodbye, and thanks for all the fish (semicit.)

 

 

125 – 7 anni

Sembra incredibile, ma sono passati 7 da quando, sul palco del Macworld Expo, Steve Jobs ha presentato il primo iPhone, con quel “Today Apple is going to reinvent the phone.”

Quindi vuol dire che – a occhio e croce – io maneggio un iPhone da… Boh? 5 anni e mezzo? 6? da quel primo meraviglioso iPhone 2G 8GB, con tutti i suoi limiti e imposizioni. E poi un 3G, poi un 4, poi un 5. Ho sempre volutamente evitato gli S, anche se devo ammettere che questa generazione mi ha tentato più di una volta, per il TouchID e le migliorie alla camera e quei piccoli cambi estetici.

E in questi 7 anni ne ho. combinate un bel po’: mollato un lavoro, iscritto (e finito) ad un’altra facoltà universitaria, iniziato (e finito) una storia importantissima, cambiato altri lavori (e te guarda: mi sono ritrovato a fare il Mobile UX Designer, una professione che senza quel temono chissà se oggi esisterebbe), fatto molte nuove conoscenze (sia dentro che fuori dalla rete) e soprattutto imparato a convivere con me stesso.

E quello sembra un evento che quasi non ricordiamo, perché non ricordiamo un’era pre iPhone, per interfacce touch, eppure… Eppure son passati 7 anni.

70 – cimiteri

Era da molto che non mettevo piede in un cimitero, forse troppo. Salto sempre il giorno dei morti, per non so quale motivo. Forse perché sono tutti in cimitero e c’è troppa troppa confusione.

Oggi guardavo per terra e vedevo solo ghiaia e pozzanghere dalla pioggia che continuava a scendere.

E improvvisamente ho iniziato a pensare ai cimiteri dove sono sepolte persone che per un motivo o un altro porto nel cuore. E a come siano molto simili tra loro. O forse no. Me ne sono venuti in mente 2, oltre a quello di oggi. Di uno dei due ricordo solo l’enorme cancello, il recinto spoglio, i larghi passaggi. Dell’altro non ricordo nulla. Solo le collinette e il verde, il tantissimo verde.

E perso nei miei pensieri, ho odiato il ciacolare di certi che facevano parte della processione, ho mal digerito gli schiamazzi di sciure chissà da che parte del cimitero che se la contavano su senza badare al tono della voce. Perché è il luogo del riposo, del silenzio e queste non avevano rispetto. Né per chi non c’è più, né per chi c’è ancora.

E dopo, stavo quasi andandomene. Ma mi sono ricordato del Nonno e della Nonna e son tornato indietro. E ho iniziato a cercare anche M., ma non riesco mai a ricordarmi dove sia. E così, arrivato a casa, sono corso nella mia vecchia camera e mi son messo a fissare quel puzzle impossibile che lei mi aveva dato una mano a finire, ormai più di 15 anni fa.

13 – da A a B passando per Z

C’è questa cosa che a me piace tantissimo guidare.

Eppure è la prima volta nella mia vita che mi son trovato a fare più di 300km da solo. Non sono abituato.

Però non è stato affatto male. Il sole che entrava dal tettuccio, davanti a me un bel cielo terso e la temperatura che poco alla volta saliva non mano che mi allontano da Milano, una playlist scelta a caso (2007?) con canzoni in ordine casuale.

Ed è incredibile come ogni canzone mi portava in mente un ricordo diverso.

Tipo che quando è partita Shining Star mi son ritrovato nel mio periodo “Limelight” con quel nuovo gruppo di amici della Cattolica (e a ben pensarci, non ricordo neanche più come ero finito a frequentarli!). Ricordo il Limelight al giovedì (o era il venerdì?) sera, il jeans+camicia per entrare, i tavolini sulle scale, la bottiglia di vodka, l’house di quel periodo. Ricordo tutte le foto che ci eravamo scattati, venute ovviamente male causa cappa di fumo. Ricordo la felicità e l’assenza di pensieri di quelle ore a ballare.

E poi invece parte “Pure Imagination”, la versione rifatta dagli Stylophonics. È mi ricordo i viaggi in treno con A., ad ascoltarla a cuffiette smezzate. Prima quella e poi l’originale. E poi, giusto per non farci mancare nulla, passare da queste a qualche canzone a caso Disney. E la più quotata, ovviamente, era “Stia con noi”, cantata senza ritegno in mezzo a pendolari che ci davano sicuramente per matti persi. E chissà, A., come stai e cosa fai.

Ricordi nella pioggia

Fermo nel traffico, sotto la pioggia che cade da un cielo color tristezza.

L’iPod propone musica a caso da una playlist di anni fa.

My tea’s gone cold I’m wondering why I
Got out of bed at all
The morning rain clouds up my window
And I can’t see at all
And even if I could it’ll all be gray,
But your picture on my wall
It reminds me, that it’s not so bad,
It’s not so bad

Guardo la data sul cruscotto e improvvisamente mi rendo conto che sono quasi due anni.

Vedo il casello e mi ricordo di quando ero passato da lì, seguendo le indicazioni di un incerto navigatore per raggiungerti, parlare degli ultimi dettagli e il pranzo di festeggiamento dell’inizio di una mia nuova vita.

Poi le cose non chiare, i cambi, le incomprensioni ed è finito tutto con una telefonata durata un’eternità qualche settimana dopo. La rabbia, l’agitazione, lo sconforto, quei ciao finali che sapevano di addio.

E io ho lasciato perdere.

Eri una di quelle cose certe nella mia vita. Il sentirci improvvisamente per poi perderci nelle nostre vite. Le cene con la tua famiglia, le feste, le giornate in piscina, i sogni di riuscire ad organizzare vacanze assieme, l’aggiornarci a vicenda di tutto quello che era successo nel frattempo.

Ho lasciato perdere, tranne nel giorno del tuo compleanno. Un messaggio, è tanto che non ci sentiamo, vediamoci per un apertivo! E nel frattempo è passato un altro anno. E un altro tuo compleanno si avvicina.

Shake it, shake it, shake, shake it, shake it, shake it (OHH OH)
Shake it, shake it like a Polaroid Picture, shake it, shake it
Shh you got to, shake it, shh shake it, shake it, got to shake it
(Shake it Suga’) shake it like a Polaroid Picture

Cambia canzone, cambia il ricordo.

I chilometri che ci siamo macinati sulla macchina. I repeat ai cd, le canzoni che cantavamo a squarciagola. L’ultimo anno delle superiori, il quasi volo su quel dosso maledetto mentre andavamo da compagni di classe a studiare insieme chissà cosa. Le scorciatoie sullo sterrato per arrivare prima al Liceo evitando il traffico, prima che le chiudessero tutte per i lavori alla superstrada che non abbiamo mai fatto assieme.

Vado di fretta
vado di fretta
non ho più tempo
datemi retta
Gino mi aspetta
dentro un’Alfetta
piena di muffa

Ricordo di come me l’avevi fatta scoprire tu, che io non l’avevo mai sentita. E poi ci rivedo in autostrada, sulla tua macchina, parlando del più e del meno di ritorno da una giornata in università. Esattamente dove sono adesso, in coda alla barriera, ma nell’altra direzione e così, all’improvviso, io che ti rivelo quello che tu in fondo già sapevi su di me.

A ripensarci, la scena è stata da sorriso. Tu che mi guardi, il tuo ma L., non si dicono così certe cose! Il leggerezza del sollievo, la gioia delle risate e il capire che in fondo non avrebbe cambiato nulla dirlo al mondo.

And I hope that you are
Having the time of your life
But think twice
That’s my only advice

E poi qualche mese fa su Facebook mi capita sott’occhio una tua foto, in una chiesa, con un abito bianco. E neanche a farlo apposta, capita che incontro in università un amico comune che mi conferma la cosa.

E son contento. Contento per te, contento per lui, triste per me.

Fuori da questo tuo momento così importante, ripenso a quando al matrimonio di tua sorella mi avevi detto che mi avresti voluto come tuo testimone e sapevo che quel momento sarebbe arrivato presto. Ma è andata come è andata.

Near a tree by a river
There’s a hole in the ground
Where an old man of Aran
Goes around and around
And his mind is a beacon
In the veil of the night
For a strange kind of fashion
There’s a wrong and a right

Ritorno nel traffico e penso ad una vita diversa, di scelte fatte. Di capire se eran giuste o sbagliate.

Finire con fatica, ma vedere con gioia ipotetiche foto del salto della siepe in Gemelli, viaggi avanti e indietro da lavoro assieme, una vita in giacca e cravatta, barba e capelli obbligatoriamente più corti e curati.

Chissà.

Intanto il tuo compleanno si sta riavvicinando. Tempo per un altro sms e per parlare di un aperitivo che non organizzeremo mai?

If anything should happen, I guess I wish you well
A little bit of heaven, but a little bit of hell

Sandra portami al mare

Non so perché, eppure tornando verso casa dopo una bella festa di compleanno, con la musica di sottofondo e un B. addormentato sul sedile di fianco, mi sei venuta in mente tu.

E mi sei venuta in mente pensando che 4 anni sono passati in fretta.

Quattro anni fa eravamo entrambi soli. Per un motivo o per un altro ci eravamo allontanati dai rispettivi gruppi di amici e ci siamo ritrovati. E si stava bene insieme. Io ero sparito, avevo cambiato scuola, non avevo finito il Liceo dove l’avevo iniziato. Poi ero diventato contro voglia uno studente di economia. Tu invece eri alle prese con l’anatomia.

Pensandoci, quattro anni fa, in questo periodo, ero sempre a casa tua. Per tanti motivi, ma anche vedere tutte le partite dell’Italia. Non che il calcio mi abbia mai appassionato, eppure per la Nazionale un’eccezione si può sempre fare.

E poi è bello e divertente vedere le partite con gli amici. E mangiare qualcuno dei tuoi tiramisù.

E mi ricordo anche quella serata, quella della vittoria. La felicità e la gioia. E poi in macchina, via verso Milano, ad intasare il centro. Fare strade alternative, trovare parcheggio e sentire gli amici della Cattolica.

Già, conoscevi alcuni miei cari amici dell’università. E sempre quell’anno, se non sbaglio poi siamo andati in vacanza proprio con uno di loro, A. Era assurdo come con A. mi trovassi così a mio agio, riuscendo a parlare di cose di cui non avevo parlato a nessun altro, neanche a te.

È stata una vacanza strana. Mi ricordo del mare, del sole del primo mattino, con la spiaggia ancora vuota, del condizionatore puntato sul mio lettino e dei pinguini che giravano per la camera quando tu regolavi il termostato.

Ma mi ricordo anche delle tante persone conosciute, degli scambi di cell e di email e delle amicizie richieste su facebook. Scoprire che il mondo è minuscolo e conoscere in Tunisia una piccola genietta laureanda in Cattolica, in Economia.

È stata una vacanza strana, perché alla fine è stata una delle prime volte in cui mi sentivo libero e tranquillo. Lontano da casa, con la sicurezza data dalla vicinanza di A. e solo un’ostacolo da superare: riuscire a parlarne con te. E gli scazzi e i sotterfugi e gli stratagemmi per capire se avevi capito, perché per me, da zero, era veramente difficile parlarne, con te, che ti conoscevo da una vita (beh, vita no, ma 6-7 anni sì).

E non so com’è successo, dev’esserci stato lo zampino di qualcuno. E forse anche qualche mio scazzo, visto che l’idea di essere il gossip del momento del gruppone che si era formato, mi dava veramente fastidio.

Ma poi niente, alla fine è basta parlarsi e tutto è andato a posto. Ed è arriva la fine della vacanza, di quella vacanza e ho lasciato per la seconda volta quel villaggio vacanze con un magone tremendo.

Poi è successo che tu, imperterrita, in quel villaggio sei tornata pure l’anno successivo. E lì hai conosciuto due ragazzi, uno dei quali ora è il tuo ex, l’altro invece continua a girarti attorno, ma alla fine non so bene cosa sia successo.

Il tuo ex ora è mio amico, uno di quelli a cui tengo di più. E trovo assurdo come riesca ad organizzare di vedersi più facilmente con lui che non con te, da quando avete rotto. Ma in fondo, è da quando l’ho conosciuto che è sempre stato così.

Ed è da quando avete rotto che in qualche modo ci siamo allontanati. Forse perché io non sono più solo e pure da un bel po’. E tu, boh, non so, non ho mai capito e non mi hai mai detto nulla, neanche quando riusciamo a beccarci in chat. Mi sembra però che tu sia riuscita a farti un giro tra amici e conoscenti, riuscendo a superare quel guscio di timidezza che ti ha sempre contraddistinto. E alla fine, diciamocelo, ad entrambi piace un po’ essere inseguiti e rincorsi e se aspettiamo che uno dei due organizzi per vedersi, stiamo freschi.

Però boh. Questi pensieri sono strani, dopo una festa di compleanno.

Ma forse neanche tanto, perché era la festa di compleanno della ragazza del tuo ex.

O forse perché ci ha pensato il casuale dell’iPod a tirar fuori Sandra, usata come sigla dall’animazione per quella vacanza.