Il momento

Sembra sia arrivato il momento. La genitrice, a furia di leggermi messaggi sull’iPhone e la Moleskine dimenticata nel marsupio sulla scrivania, mentre ero fuori da un’amica, sembra abbia capito tutto. E ha chiamato un’altra mia amica perchè aveva bisogno di parlare, non trovando il padre.

Ovviamente poi la mia amica mi ha chiamato, per informarmi della telefonata, preoccupata del fatto che la madre iniziava a cercare qualche medico che mi potesse curare.

Ovviamente, quando sono a casa, non mi ha detto nulla, se non di non fare tardi a lavoro.

Il problema è che non so cosa pensare o come dovrei sentirmi. Ero perfettamente conscio del fatto che non avrebbero accettato o compreso subito. Ed era uno dei motivi per cui non ero certo di voler affrontare la cosa e di volerla affrontare solo nel momento in cui avessi avuto un’ancora di salvezza, un’appartamentino in cui rifugiarmi in caso di una epica cacciata da casa. Ma ero anche conscio del fatto che prima o poi la questione doveva saltare fuori. Ovviamente, salta fuori quando la situazione si stava tranquillizzando, perfettamente allineata col principio che non mi è permesso essere tranquillo felice e contento per troppo tempo. Loro poi, come al solito, sono incapaci di parlarmi delle cose apertamente, poco alla volta e devono prima parlarne con tutto il mondo (non ascoltandolo).

6 pensieri su “Il momento

  1. Ma hai considerato l’ipotesi che lei sperasse con quella telefonata di avere conferma a “dubbi”, che sta (finalmente) riuscendo ad esprimere?
    O che non ne voglia parlare con te, se non sarai tu a parlargliene per primo.

  2. È un passaggio difficile quello che ho inteso, però è necessario anche per te per stare meglio. Il “capire” arriva, serve solo un po’ di tempo fisiologico. Aiutali a parlare, perché probabilmente non riescono ad affrontare l’argomento.

    Io farei così.
    Ciao!

  3. Non so se sia meglio che gliene parli io.
    Alla fine, anche io ho avuto i miei tempi per auto-“digerire” la cosa e per lavorare su di me, accettandomi.
    E da una parte penso che sia meglio lasciare a loro il tempo di “digerirla” e assimilarla.
    Indubbiamente dall’altra potrebbero vedere questo mio non-parlare con loro in modo negativo.
    Uff, che palle.
    Perchè i rapporti umani sono così complicati?

  4. Ecco!
    Era uno degli ottimi “consigli” consigliatomi che mi sono dimenticato di dirti: nel caso ne parlaste, spiegargli che anche per te c’è voluto tempo e fatica per accettare la cosa.
    In fondo tu avrai avuto anni per elaborare la cosa. Forse anche in modo lento e progressivo, loro non esattamente.

  5. Occhio perché i rapporti umani siamo noi a renderli più complicati di ciò che sembrano. Proprio perché tu hai avuto tutto il tempo per studiare te e ciò che senti, dovresti forse aiutarli a “digerire”. Immagino avranno un certo impasse ad affrontare l’argomento, evidentemente nuovo e ai loro occhi “sconcertante”. La via del dialogo ripaga sempre (a meno di qualche sfogo di mezzo). Hanno bisogno anche di te per capire, non puoi pretendere che dicano “ok fa niente” (anche se sarebbe la cosa più bella).

    Che poi parlo per teorie (quindi potrei anche starmene zitto!), nella pratica ancora non ho deciso quando fare ciò che tu hai saggiamente spiegato in queste righe.

    Ciao!

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