Archivi categoria: Me or Not?

11/2023

Mentre tornavo a casa mi era venuta in mente l’idea per un post.

Poi sono arrivato a casa e me ne sono dimenticato.

Ora mi son ricordato che avevo in mente di scrivere qualcosa ma adesso non ricordo cosa.

Quindi ecco che scrivo discorsi inutili in questo post di un 365 a singhiozzo.

Ma va bene così.

Non ha senso costringermi a scrivere tutti i giorni se non ci riesco, se non ho idee, se non ho tempo, se proprio non ci penso.

Non ha senso obbligarmi a scrivere post e programmare le uscite.

Però voglio provare a scrivere cose, anche parole a caso come queste e riempire questo spazio troppo bianco.

3/2023

Non so perché anziché andare a letto presto ho deciso di premere play su In from the side.

Il film in realtà non mi è dispiaciuto. Sarà per la parlata inglese, per i bellocci protagonisti che giocano a rugby, per le vedute di Londra e quelle fantastiche riprese di treni e metro che mi sempre mi affascinano. La storia non è un granché, o meglio: il finale non è quello che mi aspettavo è un po’ mi ha lasciato l’amaro in bocca.

Ma quello che mi ha fatto più pensare è stata tutte le scene in famiglia. Situazioni di apertura, accettazione, felicità, voglia di vivere assieme e soprattutto dialogo che – come questo capodanno mi ha brutalmente ricordato – per me sono fantascienza e lo saranno per chissà ancora quanto tempo.

1/2023

Primo giorno di quest’anno.

E già si inizia con le discussioni.

Quelle pesanti e faticose che partono da cose piccole e inutili e insignificanti ma che invece forse forse nascono da macigni inaffrontati da ormai 15 anni (eh già).

Non so come andrà a finire, se troveremo la strada del dialogo o correremo lungo la strada del chiudersi ancora di più, allontanandoli totalmente.

Certo è che – dopo un anno che tutto sommato mi ricordo abbastanza positivamente, col raggiungimento di alcuni equilibri che mi facevano sentire bene – ho le scatole per lo meno un po’ girate per come è iniziato questo venti ventitré

Hello, 6.0

Alla fine son tornato qua sopra.

Ho aggiornato come sempre come uno sprovveduto senza backup di nulla a WordPress 6.0.

Non sto scrivendo più nulla, da quell’ultimo triste post di 2 anni fa.

Come vanno le cose? Bene e male. Tante novità, tante cose da stiamo a guardare.

Ma intanto teniamo aggiornato questo spazio, che sia mai mi verrà qualcosa di personale da scrivere per quei 6 bot che visitano queste pagine quotidianamente.

O c’è forse anche qualche umano?

Brutti ricordi

Non so perché ho deciso, in questo non sapere cosa fare di questi pochi giorni di ferie che sono riuscito a strappare, di tornare qualche giorno al paesello, a casa dei miei.

Fatto sta che sono al paesello, a casa dei miei.

Stavo cercando delle magliette nell’armadio e ne ho tirata fuori una che non vedevo da ormai 12 anni.

Mia madre, che era lì dietro, riconosce la maglietta ed esordisce con un “brutti ricordi”.

Ho fatto finta di nulla, rimesso la maglia dove l’avevo trovata e alla fine ho trovato quello che cercavo.

Il problema è che ora sto ripensando a tutto quello che c’è dentro quel “brutti ricordi” e a cosa si riferisse.

La maglia è il ricordo di una vacanza per me bellissima, che ha significato tante cose.

Il brutto, per me, è iniziato dopo, rientrato a casa. Complice l’outing che qualche amico o amica, forse non così tanto amico o amica, ha fatto nei confronti dei miei e tutto quello che ne è seguito.

Le crisi in famiglia, le litigate, le remote speranze completamente infrante che avrei potuto parlare di me serenamente con loro e trovare persone umane e comprensibili davanti a me, la voglia di scappare o trovare un modo di farla finita, le visite dallo psicologo perché ritenuto malato.

Gli anni, ormai 12, che intanto passano. Un argomento in puro stile don’t ask don’t tell che non viene più toccato per non soffrire ulteriormente, per stare ancora tranquillo.

E ora boom.

“Brutti ricordi”.

Il mio non dire niente sul momento ora si sta trasformando in un fuoco di rabbia interiore, sul perché per l’ennesima volta non sia in grado di affrontare le cose e chiedere cosa volesse dire con quel “brutti ricordi”.

E mi sto facendo del male immaginando le possibili risposte e le possibili motivazioni di quel “brutti ricordi”.

E non riesco ad immaginarmi un riconoscimento di quanto si siano comportati male, ma solo il fatto che anche dopo 12 anni di silenzio ancora non mi accettino.

E la voglia di litigare, urlare, andarmene subito e tagliare i ponti una volta per tutte è di nuovo fortissima.

Ma non si può fare, perché non mi conviene. Perché sto facendo affidamento a loro per non pagare più un affitto e perché il taglio di ogni ponte emotivo potrebbe equivalere al taglio di quel supporto economico necessario per far fede a impegni contrattuali ormai presi.

E quindi, ancora una volta, mi ricordo di essere di nuovo in prigione. Grazie a due semplici parole.

Fake it until you make it

Altri mesi di silenzio qua sopra, ma intanto la vita va avanti.

Come sto? Sono stanco, stantichissimo, ma sto bene.

Dopo la concretizzazione di una delusione lavorativa e la fine di un sogno in cui tanto speravo, inaspettatamente è arrivata una nuova proposta.

Una nuova avventura che mi permette di andare dove volevo andare e di vedere se quella è la mia strada.

Mi sto impegnando tantissimo, perché è dura e difficile. Le cose da fare sono tantissime, però sto bene.

Ho scoperto una carica e una grinta sul lavoro che non credevo di avere (o forse avevo solo dimenticato). Mi rendo conto che in ufficio sorrido e rido e sono socievole in un modo che forse non ero mai stato prima.

Ed è bene, no? 

 

Inserisci qui il titolo

È passato un anno e – qui sul blog – solo due post.

È di nuovo la settimana del mio compleanno e le sensazioni di adesso sono l’esatto opposto di quelle di un anno fa.

Sento più il peso delle delusioni, delle cose che in fondo non vanno e dell’incertezza che il resto. Anche se so che forse basterebbe smettere di fissare il soffitto rimuginando su scelte (o non scelte) passate, rinunciare a isolarmi così sperando che qualcuno accorra a salvarmi e rimettermi in gioco in prima persona.

Cuore di pietra

Poi mi hai chiesto timidamente se potevi abbracciarmi.

E io ti ho detto di sì e quando ti sei staccato ho visto i tuoi amici occhi umidi brillare alla fioca luce del lampione.

Volevo dirti di non farlo, di non piangere per me perché alla fine non ne vale la pena.

Volevo stringerti di nuovo, fortissimo, e dirti che andrà tutto bene e che si uscirà da questa situazione e tu sarai di nuovo felice, io chissà.

Ma non l’ho fatto, e sono stato impassibile.

Ti ho solo fatto una battuta, chiedendo se quelle fossero lacrime, che forse potevo evitare.

Mi hai dato dello scemotto e ti ho risposto con un ‘anche tu’, mi hai abbracciato di nuovo e ho aperto il cancello e sono salito in casa.

Chiedendomi quale mostro dal cuore di pietra io sia diventato.

Ma adesso, a distanza di un’ora, non faccio altro che ripensare a quei momenti e a sentire un peso sullo stomaco che non sono capace di decifrare.