Another one bites the dust

Abbiamo passeggiato per il centro così, di notte, senza alcuna metà.
Abbiamo chiacchierato per un bel po’, in inglese, perché sei qui da Aprile ma non hai ancora imparato una parola in italiano, ma va bene così.
Non facevi altro che canticchiare quel “another one bites the dust” e io ti andavo dietro con quel “and another one gone, and another one gone”.
Poi abbiamo scoperto di avere poco in comune musicalmente parlando, a parte Lady Gaga, Adele, Macklemore. E tu conosci artisti italiani che io mai avevo sentito nominare.
Siamo passati davanti ad un manifesto di un festival jazz e siamo impazziti con i cellulari a capire dove fosse, tranne poi scoprire che era nel palazzo del Comune, di fronte a noi.
E ci siamo seduti e abbiamo continuato a chiacchierare. O meglio, tu a parlare, io a sorridere.
Perché ormai è quello che faccio quando sto bene e non so cosa dire.
Testa appoggiata contro testa, in una sera che si faceva sempre più fredda e tu pazzo indossavi solo una t-shirt.
Non so come siamo finiti che ti ho fatto vedere le magliette sbagliate e tu ridevi e inorridivi.
Poi siamo finiti in home, hai visto che avevo l’ultima versione di Cut The Rope che non avevi mai provato e ti sei perso dietro ad Om Om.
Intanto giochicchiavi col mio braccialetto. E alla fine l’hai preso, me lo hai sfilato dal polso e lo hai inserito sul tuo, sorridendo, dicendo che stava meglio a te che a me.
Hai aggiunto che me l’avresti restituito la prossima volta che ci saremmo visti e mi hai salutato, mandami poi via messaggio quel bacio che non mi hai dato su quella panchina.

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