Archivi tag: tristezza

Parole alla rinfusa

Mi son reso conto che è più o meno da 2 o 3 giorni che sono attaccato al computer, su internet.
O sono su MSN (che spesso si dimentica di recapitare i messaggi) a parlare con Love, o navigo senza meta nell’infinità del web.
Il Natale è passato, ma la malinconia ancora mi fa compagnia. E a nulla serve il curare e coccolare Isterica La Gatta, che ultimamente se la passa un po’ male.
Non si è ancora capito come (anche se l’ipotesi più accreditata sia l’incapacità di mia madre di fare retromarcia) si sia fratturata il bacino, scorticata una zampa e faccia fatica a muovere l’altra. Ovviamente a ciò è seguita (dopo un giorno, perchè insomma, ci sono cose più importanti da fare, no?) una corsa dal veterinario (con contestuale salasso). Ora tutto quel che doveva fare la gatta era starsene tranquilla in casa, dormire e non leccarsi i punti. Aveva persino un favoloso collare elisabettiano, per evitare danni. Beh, una volte recuperate le forze dopo l’anestesia e dopo aver iniziato a zampettare più o meno bene, è riuscita a togliersi il collare. E ovviamente si è tolta anche i punti dalla zampa, che usava, come una pazza, per grattarsi dietro l’orecchio, dove si era annidata una odiosissima zecca.
La presenza della zecca ha ovviamente scatenato il putiferio in casa e io non potevo esimermi dal dire te l’avevo detto. Perchè io avevo detto che forse era meglio ripetere, per sicurezza, il trattamento anti-tutto sulla gatta, visto che sarebbe rimasta in casa per due settimane. Ma mi hanno ovviamente risposto male.
E così, dopo aver szeccato la povera gatta, è iniziata la frenesia psicotica della genitrice, che ha iniziato a lavare alla massima temperatura permessa dalla lavatrice e usando quanto di più inquinante esiste al mondo, tutto ciò che poteva essere entrato in contatto il povero felino.
Nel frattempo però la ferita si era riaperta, quindi di nuovo dal veterinario che, ha innocentemente ammesso che non sperava affatto che la ferita si sarebbe richiusa, neanche con i punti. E così, visto che aveva ragione, dovremo tenere la gatta in casa per qualche mese, con sempre il solito collare, questa volta però assicurato da un filo che termina con un’adorabile fiocchetto, trasmormando la mia quattrozampe preferita in un’adorabile dama del secolo scorso.
Però l’adorabile dama del secolo scorso è uno stress, visto che bisogna seguirla in ogni sua mossa, che ogni poco miagola istericamente, soprattutto la mattina, quando dormo, ovviamente quando sono in piena fase REM e il suo miagolio passa attraverso 2 porte chiuse. E il problema è che il suo miagolio è sempre e solo un miao. Che non capisco se è un ho fame, un stai un po’ con me che mi sento sola, un grattami un po’, un ma perchè mi stati facendo questo, un se solo avessi un po’ di forze ti graffierei, tiè!
E ovviamente, mentre tutta la family è impegnata a star dietro alla gatta, persistono come se nulla fosse le solite dinamiche familiari.
Le solite discussioni per le uscite serali, perchè si invitano gli amici a casa, perchè si vuole dormire un po’ la mattina, perchè si fa questo o si fa quello.
E nel frattempo, per me, si avvicina il dramma di inizio anno, che coincide con l’inizio della sessione d’esame, ogni volta sempre più pesante visto l’accumularsi degli esami da fare. E gli esami che si accumulano sono quelli più tosti, noiosi o che non riesco a passare, pur tentando di farcela.
E come sempre, con l’arrivo del periodo di crisi, la mia forse finta determinazione nel voler mettere fine al capitolo università con la proclamazione di dottore, vacilla.
Perchè alla fine è facile andare a lezione, seguire, prendere appunti, rileggerli, sistemarli, interessarsi, non capire le cose e fare domande. Ben più difficile è gestire tutto quello che viene dopo: mettersi di dura lena per imparare a memoria tutte quelle robe. Che, per quanto interessanti e semplici a lezione, diventino una tragedia nel momento dello studio. E soprattutto nel momento dell’esame.
E ovviamente con genitore e genitrice è impossibile parlare, perchè si rischia di sfociare nell’ennesima lite. Perchè adesso siamo arrivati al punto in cui si sono accorti che forse 4 anni fa hanno sbagliato. Però loro mi permettono di lavorare al giornale, quando serve. Ma se non ho voglia di studiare, perchè è quello che pensano, allora non posso lavorare al giornale. Perchè a quanto pare questo era il patto. Che sinceramente non mi sembra di avere mai sentito, nè sottoscritto o firmato. Ma si sa che io ricordo solo quello che voglio ricordare e ho la capacità di modificare i miei e i loro ricordi come fa comodo a me. Già.
E parte tutto questi discorsi, non ho la minima idea di cosa fare. Come sempre, non ho progetti a lungo termine per la mia vita. Non riesco a farli. Riesco solo a vivere alla giornata, forse alla settimana. O meglio, forse di progetti ne ho. Forse sono solo sogni, magari irrealizzabili. Però non mi sembra di riuscire a far nulla per farli realizzare. O forse riuscire non è la parola giusta.

Ecco.
Mezza litigata col padre, che ovviamente chiama in suo supporto la madre, con cui si litiga ancora di più, con lei che urla e io ovviamente devo stare calmo e tranquillo perchè i genitori vanno onorati. Sì, col cavolo. E nel frattempo lo stesso padre invita tutti a stare tranquilli.
Per cosa poi? Boh, è Natale, ci son le feste, quant’è bbbbello litigare in compagnia, no? Uscite, il non studio, il tempo che perdo al computer, il modo in cui li tratto, come se mi avessero rovinato la vita. Ah no, è vero. Quello l’hanno fatto.
Mi viene solo una cosa da dire.
Vaffanculo. A tutto.

Ma poi entro nel mood melanconico, nella tristezza infinita e nelle lacrime che silenziose solcano il viso. E attacco a tutto volume canzoni ovviamente tristissime, che mi fanno stare ancora peggio.

How I wish I could surrender my soul;
Shed the clothes that become my skin;
See the liar that burns within my needing.
How I wish I’d chosen darkness from cold.
How I wish I had screamed out loud,
Instead I’ve found no meaning.

I guess it’s time I run far, far away; find comfort in pain,
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
Hides my true shape, like Dorian Gray.
I’ve heard what they say, but I’m not here for trouble.
It’s more than just words: it’s just tears and rain.

How I wish I could walk through the doors of my mind;
Hold memory close at hand,
Help me understand the years.
How I wish I could choose between Heaven and Hell.
How I wish I would save my soul.
I’m so cold from fear.

I guess it’s time I run far, far away; find comfort in pain,
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
Hides my true shape, like Dorian Gray.
I’ve heard what they say, but I’m not here for trouble.
Far, far away; find comfort in pain.
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
It’s more than just words: it’s just tears and rain.

Aspettative infrante

Sono appena tornato dalla messa di mezzanotte. Ovviamente ci sono andato tutto solo, visto che dei miei genitori..l’una è a letto da ore, l’altro è sul divano a guardare chissà cosa in tivvù.
In fondo in fondo speravo che almeno la messa riuscisse a infondermi un po’ di spirito natalizio, che riuscisse a dissipare un po’ della tristezza che mi attanaglia.
E invece.. direi che ha avuto un effetto opposto a quello che speravo!
La chiesa sembrava quasi vuota, tanto che sono persino riuscito a sedermi (prima volta in tutta la mia vita); la messa era cantata, ma non troppo (che tristezza di canti); in più è anche durata relativamente poco.. 60 minuti esatti, manco si fossero cronometrati.
Speravo di meravigliarmi della bellezza del presepe, ma anche quello non mi è sembrato granchè. Confidavo nei bacini baciotti a fiumi, ma non ce ne sono stati molti. E mancavano proprio quel paio di persone che più di tutte volevo salutare.
Ecco, il Natale a me continua a mettere tristezza.

Pensieri sotto l’albero

Sarà, ma a me il Natale mette tristezza.
Sono finiti i tempi in cui aspettavo con impazienza la sera del 24 per andare a letto, svegliarmi il 25 e correre in salotto ad aprire i regali che comparivano sotto l’albero, i tempi in cui si andava a Varese dalla nonna e dagli zii per stare tutti insieme, giocare al mercante in fiera o a tombola ed aprire altri regali (o buste con un po’ di soldi, puntualmente requisiti dai genitori).
Ora il Natale è un giorno come un altro.
Sono anni che non si fa più l’albero, sono anni che non si fanno i regali, sono anni che non si va più a trovare gli zii. Però il presepe, quello sì che va fatto! Anzi, i presepi.
Natale è un giorno come un altro. Cambia la tovaglia per il pranzo e per la cena.
Sì, il Natale mi metta tristezza.
Mi mette tristezza vedere la gente affannarsi alla ricerca del regalo perfetto, i negozi presi d’assalto e svaligiati.
Mi mette tristezza non partecipare per nulla a questa follia. Nè nel fare regali, nè nel riceverli.
Però, alla fine, quest’anno mi salvo per la presenza di Love. E dei regali che ci scambieremo.
Sarà, ma a me il Natale mette tristezza.