Archivi categoria: Me or Not?

1 – 42 minuti

Ho deciso di iniziare così una mia versione di questa moda dei 365.

Sarà  sicuramente impegnativo riuscire a scrivere un post al giorno su questo spazio ora troppo abbandonato, eppure devo e voglio.

Perché credo nel valore di queste pagine per la mia memoria e perché sento la necessità , soprattutto da quando scrivo per Fuorigio.co, di re-imparare a scrivere, spiegare, approfondire .

Non so bene di cosa parlerò, se ci sarà  un filo conduttore, se saranno papiri o frasi sintetiche. Però boh, ci si prova.

 

140 caratteri + (aka: frasi a caso)

Sapete, mi mancano quei tempi in cui mi mettevo e iniziavo a scrivere quei post lunghissimi. Quei tempi in cui aprivo il reader e leggevo anche i vostri post lunghissimi e mi piaceva scrivere commenti, leggere gli altri, discutere.

Ora non più. Non che non piaccia più. È che ora io non scrivo più, voi non scrivete più.

E se scrivo qualcosa – per un motivo o per un altro – sono solo piccole frasi, criptiche. Di quelle che solo quelle 2-3 persone coinvolte potrebbero capire. Forse. Se trovassero questo blog.

È che ormai siamo forse così abituati alla condivisione istantanea in forma di foto, emoji e 140 caratteri che abbiamo perso il gusto di scrivere di noi stessi?

Chiedimi se sono felice

Un sacco di km macinati avanti e indietro da Milano,  su una macchina tutta nuova.

Giornate di lavoro piene, lunghe, pesanti. Ma poi tutto sembra svanire al superare quella consegna importante e al sentire persone che fanno i complimenti. Non è possibile crederci al 100%, ma almeno c’è modo di godere di un po’ di felicità  riflessa.

Gli spritz al bar vicino l’ufficio, 3 giorni su 5, con gruppi di colleghi diversi per serate dal taglio diverso.

Una sincerità  altrui che fa riflettere e comprendere cose. Ricordando però quella sensazione di abbandono  e senza una guida da seguire. Parole che vogliono lasciar prevalere la ragione e sull’istinto.

Un progetto che sta ribollendo in pentola. La speranza di riuscire, al netto delle difficoltà  da affrontare.

E poi, poi le lacrime per non riuscire più a vedere così chiaramente un futuro che sembrava ormai dato per certo, ovvio e scontato.

Il punto è che poi non capisci se quello che ti sta solcando il viso sia pioggia

È che ti capita di passare, nel giro di neanche 6h dall’essere contento ed esaltato per la consegna di un lavoro a sentirti, per lo stesso lavoro, niente più che un’inutile nullità .

Perché nuovi acquisti e vecchie glorie si permettono di ignorare tutti i se e tutti i ma del passato, i problemi, le difficoltà , gli intralci che hai subito ed affrontato col massimo impegno e sforzo, fisico e morale, ed andare avanti fornendo il meglio possibile in quel momento, in quella situazione, con quelle premesse.

Paraculismi e prese di posizione forse dovute e doverose, ma che ti si scagliano addosso come massi caduti dall’alto e che ti fanno un male cane.

Un senso di sconforto totale per tutti gli sforzi fatti e il dubbio atroce che quindi i traguardi e i risultati che pensavi di aver raggiunto sono stati in realtà  immaginazioni effimere della tua mente non supportate dalla realtà .

Un senso di paura per il futuro, l’annullamento delle tue certezze e la messa in discussione senza se e senza ma di tutto quello che sei, professionalmente parlando.

E poi si aggiunge quella rabbia, quella rabbia per chi si permette di trattare così te, il tuo lavoro, la tua professionalità , quando invece dovrebbe essere la persona che lì proprio per aiutarti e supportarti proprio in questi casi.

Il provare a sollevare obiezioni, forse in maniera troppo debole, giusto perché per diplomazia non puoi prendere e mandare quel vaffanculo che invece ti sta saltando fuori dal cuore e che la mente sta ricacciando giù, cercando il dialogo, la spiegazione, la condivisione di quel passato dimenticato o peggio ignorato.

Si parlava del futuro, delle cose che devono partire bene e invece ti ritrovi all’improvviso con l’idea di un passato che hai distorto.

E ti ritrovi col volto bagnato e non hai più scusanti, visto che sei sul vagone, al capolinea di una metro.

Acquisti e sorrisi

Quando ero piccolo avevamo un timer da cucina a forma di uovo. Era bellissimo, in plastica beige e ci giocavo sempre, di nascosto: si poteva far rotolare e girare e lui tornava (quasi) sempre in piedi, ma muovendosi si sentiva il tintinnio della campanella interna. Ma alla fine, si è rotto, anche se non direttamente per colpa mia.

E non siamo mai riusciti a trovarne uno simile.

Poi capita per caso di trovarne uno molto simile su Amazon, anche se di metallo. E scatta immediatamente l’acquisto.

L’ho fatto a vedere a mio padre e ho visto aprirsi sul suo volto un sorriso come mai ne avevo visti.

E adesso è lì, nella sua confezione, sul tavolo, di fronte a dove di solito si siete mia madre con un post-it che recita Ti ricorda qualcosa? 😉

Speriamo che anche a lei piaccia.

Cresime

E oggi, cresima di un nipotino, in attesa dell’arrivo della prossima, tra 2 settimane.

Una scusa come un’altra per comprare Just Dance 4, aspettare che buona parte degli invitata se ne fosse andata e lanciare lo sfidone.

Il risultato?

Braccia che non si sentono più e tanto tanto tanto sudore.

Che sia il caso di riprendere ad andare in palestra (o per lo meno a Fit Boxe), così non mi spompo così facilmente?

Concluso un capitolo, se ne inizia un altro

Non me ne sono ancora reso conto, ma alla fine un capito della mia vita è finito. E ora posso riprendere a godermi piccole cose che avevo dimenticato.

Un weekend spensierato, una domenica in giro per Milano, la voglia di riprendere a scrivere frivolezze su queste pagine e qualche articolo serioso sul blog professionale.

E di oggi, come non parlarne bene?

Una giornata che si riassume con un’immagine, questa:

L’incontro a Milano con N. from Bergamo, le indicazioni giuste ma circa sbagliate per fargli trovare parcheggio, la consegna del mio regalo di laurea (sì, il bookshelf di Portal. Li volevo, mi servivano e lui me li ha comprati. Vorrei sapere come fa sempre a farmi regali così azzeccati). Il delirio per cercare un posto dove fare un brunch, l’incontro con una collega di lavoro che consiglia un locale che sì, poteva essere carino, ma alla fine non si è rivelato così. La visita al Museo della Scienza e della Tecnica per vedere la mostra di Ubisoft su Assassin’s Creed e l’acquisto del relativo e meraviglioso catalogo edito da Skira. E poi c’erano dei taccuini Moleskine marchiati del Museo, che costavano anche meno dei Moleskine originali: come non comprarli? La camminata in Duomo, l’acquisto impulsivo di un maglioncino cotone misto cachemire. Il giro da Moroni Gomma e l’acquisto di un regalo azzeccatissimo per una cara collega di lavoro. La metro di nuovo verso i Navigli, il giro in SuperGulp e l’acquisto degli ultimi due Cactus Pups di Tokidoki che mancavano per completare la collezione. L’attesa che aprire il posto degli arrosticini. E le 19. L’iPhone scarico. E le 19.10. E le 19.20. E alla fine alle 19.30 e passa e il posto ancora chiuso, con mezza clare abbassata, le luci e il condizionare acceso. E ci siamo arresi e abbiamo ripiegato sulla gigheria. Un piatto gyro, mangiato in strada e via. Ritornare alla macchina, vedere il posto degli arrosticini aperto e fermarsi e mangiarli. Tornare alla macchina, salutare N., recuperare la macchina e tentare di raggiungere il Rhabar per l’evento organizzato da un’altra collega. Rivedere un po’ di persone che non si vedevano da un po’, vedere la collega per cui si era preso il regalo, consegnarlo, vederla felice, essere contenti.