264 – erika

È strano essere contattati da un recruiter, soprattutto se è la tua prima volta e soprattutto se in realtà non hai le idee ancora ben precise di quello che vuoi fare da grande o nel prossimo futuro. Sai solo che per il momento vivi ad orizzonti ravvicinati, ignori i progetti a lungo termine e in realtà non stai ponendo grossi obiettivi perché, purtroppo, è un periodo talmente pieno che hai modo di pensare solo all’oggi, giusto o sbagliato che sia.

Ovviamente, non dicono per cosa ti stanno cercando, ma lo capisco benissimo ringraziando LinkenIn-lo-stalker, che ti comunica chi altri la recruiter sta aggiungendo.

Poi succede che ci si sente via telefono e si fissa un appuntamento (che era appunto) oggi.

Indeciso sul look, con quella spavalderia e incuranza del “è inutile, tanto non mi  prenderanno mai” mista ad attacchi panico dell’ultimo minuto “ommioddio-andrà-bene-il-portfolio-solo-su-iPad-potrei-farlo-stampare-ma-non-ho-tempo-quindi-portfolio-sull’iPad-che-fa-figo-ma-gli-andrà-bene-ommoddio”.

Alla fine decido per quella camicia slimfit di Sonny Bono, da sdrammatizzare (ho usato veramente quella parola?) con la felpa H&M e poi Levis e via. Non ha senso andare in giacca e cravatta per un lavoro che non si sa, non conosco, non mi prenderanno. Giusto? Meglio invece essere me stesso e giocarmela così onestamente e senza forzature.

La chiacchierata è interessante, molto. Sono io che parlo, è vero. Loro mi fanno le domande, ma son quelle domande che servono e ti fanno pensare e ti fanno notare quel paio di migliorie per il portfolio e di rivedere la strategia del CV.

Alla fine, sono uscito soddisfatto anche se sì – non sono la figura che cercano – visto che cercano uno più developer, meno designer, più guru.Soddisfatto perché mi son reso conto che di esperienze ne ho, varie e importanti. E ho talmente una faccia da bravo ragazzo che non mi si può non offrire un lavoro, vero?

 

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