4 – Color

Ieri è stata la giornata della Color Run.

Ed è stata qualcosa di indescrivibile.

Lo ammetto: man mano che si avvicinava il giorno, cresceva in me un senso di preoccupazione (ce la farò ad arrivare alla fine?) e di ansia (cosa mi metto?). Infatti era molta la paura per l’equipaggiamento, la paura che il colore non andasse più via e di dover buttare nella spazzatura ogni cosa. Poi è subentrato il “ma chi me la fatto fare”, bello attivo e costante camminando (con i colleghi <3) da Lotto verso il punto di ritrovo a San Siro e ancora di più mentre sotto il sole eravamo in coda per prendere braccialetto e pettorina.

E poi no. Recuperi la maglietta, ti metti la pettorina, sistemi la fascetta in testa, qualche foto prerun e via!

Inizi a goderti la musica, le 10mila persone intorno a te, la massa che si accalca per la partenza. E ti rendi conto che c’è di tutto: giovani e meno giovani, gruppi di amici e amiche, sposi e spose, tizi sui trampoli, bambini, bimbi in carrozzina.

10, 9, 8, 7, 6, 5, 4, 3, 2, 1, partenza!

E tenti di prendere il ritmo, uscire dalla massa che va piano, ritagliarti un tuo spazio. E arriva senza fatica il primo chilometro e il primo colore. E poi il secondo. E poi inizia a farti male il piede, ti fermi per togliere quello che credi un sassolino e invece no. Ma ormai hai perso il gruppo e il passo e il piede fa troppo male e cammini. Tranne poi sentire in lontananza della musica ed acceleri e riinizi a correre e cerchi i volontari che ti devono sporcare di colore e cerchi gli obiettivi dei fotografi, perché sì che ti stai divertendo. E poi di nuovo il dolore, il ritmo rallenta, fino a quando un I don’t care, I love it! in lontananza ti carica e corri verso il rosa e poi verso l’arrivo.

E ritrovi gli altri, che non hanno fatto tanto prima di te e ed è tutto un’esplosione di foto, di sorrisi, di musica e balli, di color blast sotto il palco.

E poi il rientro. Mai vista una metro così allegra e colorata. Mai viste così tante facce stupite nei passanti che si trovavano davanti queste 6 persone piene di colore dalla testa ai piedi. Mai capitato di sorridere a perfetti sconosciuti solo perché sono conciati come te. E tutta quell’ansia per “chissà  se verrà  mai via il colore” sparita. Anzi, rimane una macchia sulle scarpe? Meglio così 🙂

The Color Run: the happiest 5k on the planet! 

E ora la domanda è: quand’è che la rifacciamo?

3 – Propositi

Tutto è riassunto in questo video:

Mi rendo conto di essere troppo attaccato al telefono, soprattutto quando sono fuori con altri. Perché già  di base c’è il check-in da fare, la foto da instagrammare, il tweet da scrivere con l’hashtag giusto. E poi ci sono i messaggi, le notifiche, le mail in push. E poi fai una cosa, ti capita di tappare su facebook e dici “leggo 3 secondi e poi chiudo”.

Ed è troppo, in effetti. E mi son reso conto che lo trovo fastidioso, soprattutto quando io non potrei fare lo stesso (vuoi perché impegnato alla guida o perché – banalmente – il mio è scarico).

E forse, forse tutto ciò non ha senso.

In ufficio è venuta fuori una bella discussione a riguardo. M. come suo solito ha offerto un punto di vista non banale sull’argomento (che io ovviamente riuscirò ad esprimere nel modo sbagliato): i telefoni (e i social nwetwork) ci danno anche molti spunti di parola e di discussione (la news, il video scemo, l’update dell’amicoincomunechenonsivededaunavita). E il tutto sta nel tenerli come spunto, nel lanciare l’occhiatina e non esagerare, dedicando troppa attenzione al telefono e non alle persone.

Ma invece lo spunto per farlo diventare un buon proposito arriva da P.

E il punto è di cambiare quelle brutte e fastidiose abitudini ormai consolidate.

E questi sono i propositi a riguardo che voglio riuscire a mettere in pratica:

  • niente più risvegli social: il resto del mondo può aspettare, non c’è bisogno di attaccarsi al telefono appena svegli, durante la colazione, prima della doccia, mentre mi sto vestendo;
  • in macchina si guida, al massimo si controlla il navigatore;
  • in metro o in treno ok per ascoltare musica e mi concedo al massimo la lettura degli update da Feedly. O, sarebbe meglio, un 3DS, una PS Vita o un Kindle;
  • in giro con gli amici: il meno possibile.

Ce la farò? Beh, poco alla volta. Poi c’è un anno di tempo per raccontarvelo, giusto?

2 – Hot chocolate

Alla fine è sempre piacevole fare nuove conoscenze dal vivo.

Persone che leggevi, persone di cui avevi sentito parlare, persone che era già  capitato di incontrare ma senza mai avere l’occasione (o la sfacciataggine) di presentarsi e scambiare quattro chiacchere.

Ovviamente, il tutto doveva essere una cena di “dovere” per discutere gli ultimi dettagli di un progetto. Ovviamente il tutto è partito per la tangente con continue interruzioni, battute e poi i discorsi si sono allargati e chi ha più pensato al “dovere”?

A questo aggiungi dell’ottimo cibo e una buona, buonissima birra dal nome che non ricordo, servita in costosi calici da 0,35sl.

Aggiungi poi un dolce, un bicchierino di cioccolata non usato, una cameriera che tenta di prendere il piatto vuoto, ma a finire che il bicchierino di cioccolata invece si ribalta e finisce LETTERALMENTE sui miei pantaloni. Ciò ha scatenato battute e scherzi più che sopportabili, ma l’andare in giro con macchie equivoche non era esattamente il massimo. Fortunatamente era notte 🙂

Poi ci si è messa quella leggera ansia di riuscire ad per arrivare  a Lampugnano prima della chiusura: fortunatamente le cose sono andate bene, ho recuperato la macchina e son rientrato a casa, giusto per attaccarmi a Google e cercare cose così.

Inutile dire che ora sono un esperto mondiale in smacchiaggio di cioccolato (beh, oddio: la t-shirt di Assassin’s Creed + Boba Fett sembra sana, ma bisogna invece vedere i pantaloni – messi per la prima volta ieri – come son venuti).

1 – 42 minuti

Ho deciso di iniziare così una mia versione di questa moda dei 365.

Sarà  sicuramente impegnativo riuscire a scrivere un post al giorno su questo spazio ora troppo abbandonato, eppure devo e voglio.

Perché credo nel valore di queste pagine per la mia memoria e perché sento la necessità , soprattutto da quando scrivo per Fuorigio.co, di re-imparare a scrivere, spiegare, approfondire .

Non so bene di cosa parlerò, se ci sarà  un filo conduttore, se saranno papiri o frasi sintetiche. Però boh, ci si prova.

 

140 caratteri + (aka: frasi a caso)

Sapete, mi mancano quei tempi in cui mi mettevo e iniziavo a scrivere quei post lunghissimi. Quei tempi in cui aprivo il reader e leggevo anche i vostri post lunghissimi e mi piaceva scrivere commenti, leggere gli altri, discutere.

Ora non più. Non che non piaccia più. È che ora io non scrivo più, voi non scrivete più.

E se scrivo qualcosa – per un motivo o per un altro – sono solo piccole frasi, criptiche. Di quelle che solo quelle 2-3 persone coinvolte potrebbero capire. Forse. Se trovassero questo blog.

È che ormai siamo forse così abituati alla condivisione istantanea in forma di foto, emoji e 140 caratteri che abbiamo perso il gusto di scrivere di noi stessi?

Chiedimi se sono felice

Un sacco di km macinati avanti e indietro da Milano,  su una macchina tutta nuova.

Giornate di lavoro piene, lunghe, pesanti. Ma poi tutto sembra svanire al superare quella consegna importante e al sentire persone che fanno i complimenti. Non è possibile crederci al 100%, ma almeno c’è modo di godere di un po’ di felicità  riflessa.

Gli spritz al bar vicino l’ufficio, 3 giorni su 5, con gruppi di colleghi diversi per serate dal taglio diverso.

Una sincerità  altrui che fa riflettere e comprendere cose. Ricordando però quella sensazione di abbandono  e senza una guida da seguire. Parole che vogliono lasciar prevalere la ragione e sull’istinto.

Un progetto che sta ribollendo in pentola. La speranza di riuscire, al netto delle difficoltà  da affrontare.

E poi, poi le lacrime per non riuscire più a vedere così chiaramente un futuro che sembrava ormai dato per certo, ovvio e scontato.

Il punto è che poi non capisci se quello che ti sta solcando il viso sia pioggia

È che ti capita di passare, nel giro di neanche 6h dall’essere contento ed esaltato per la consegna di un lavoro a sentirti, per lo stesso lavoro, niente più che un’inutile nullità .

Perché nuovi acquisti e vecchie glorie si permettono di ignorare tutti i se e tutti i ma del passato, i problemi, le difficoltà , gli intralci che hai subito ed affrontato col massimo impegno e sforzo, fisico e morale, ed andare avanti fornendo il meglio possibile in quel momento, in quella situazione, con quelle premesse.

Paraculismi e prese di posizione forse dovute e doverose, ma che ti si scagliano addosso come massi caduti dall’alto e che ti fanno un male cane.

Un senso di sconforto totale per tutti gli sforzi fatti e il dubbio atroce che quindi i traguardi e i risultati che pensavi di aver raggiunto sono stati in realtà  immaginazioni effimere della tua mente non supportate dalla realtà .

Un senso di paura per il futuro, l’annullamento delle tue certezze e la messa in discussione senza se e senza ma di tutto quello che sei, professionalmente parlando.

E poi si aggiunge quella rabbia, quella rabbia per chi si permette di trattare così te, il tuo lavoro, la tua professionalità , quando invece dovrebbe essere la persona che lì proprio per aiutarti e supportarti proprio in questi casi.

Il provare a sollevare obiezioni, forse in maniera troppo debole, giusto perché per diplomazia non puoi prendere e mandare quel vaffanculo che invece ti sta saltando fuori dal cuore e che la mente sta ricacciando giù, cercando il dialogo, la spiegazione, la condivisione di quel passato dimenticato o peggio ignorato.

Si parlava del futuro, delle cose che devono partire bene e invece ti ritrovi all’improvviso con l’idea di un passato che hai distorto.

E ti ritrovi col volto bagnato e non hai più scusanti, visto che sei sul vagone, al capolinea di una metro.

It must be

At the same time, I wanna hug you
I wanna wrap my hands around your neck
You’re an asshole but I love you
And you make me so mad I ask myself
Why I’m still here, or where could I go
You’re the only love I’ve ever known
But I hate you, I really hate you,