Ho avuto paura di aver fatto qualcosa di sbagliato e non volevi parlarmi.
Ma non è stato così.
E ora posso tentare di dormire
Ho avuto paura di aver fatto qualcosa di sbagliato e non volevi parlarmi.
Ma non è stato così.
E ora posso tentare di dormire
Ricordo ancora le parole della mia professoressa di Organizzazione e Gestione Aziendale. Una volta, durante una lezione, ci ha raccontato una storiella, la solita leggenda – come tante altre – del mondo dell’economia. Leggende che, spesso, vedono come protagonista lo Steve o Apple. Comunque, questa storiella parlava di un grosso problema che affliggeva una fabbrica di chip di Sony. Ogni giorno, ogni mezz’ora, la maggior parte dei chip prodotti dovevano essere buttati perchè non funzionanti. Nessuno riusciva a capire cosa c’era che non andava, visto che tutti macchinari erano a posto e i chip prodotti in altri momenti erano perfettamente funzionanti. Così, il grande capo di Sony, scese in fabbrica (e si sa che gli uffici dei capi sono sempre sopra le fabbriche) e si mise a parlare con tutti i dipendenti di questo problema. Parlò con i tecnici, con i responsabili della manutenzione, con gli ingenieri, ma non venne a capo del problema. Finchè non gli capitò di scambiare due chiacchere con una guardia, che gli fece presente che ogni mezz’ora passava un treno sulla linea ferroviaria lì vicino e il passaggio si sentiva anche in fabbrica, con delle vibrazioni. E, così, ecco spiegato il motivo dei chip malfunzionanti ogni mezz’ora.
E tutti noi, studenti di economia, a dire “oooooh”, pensando al fatto che una guardia era riuscita a risolvere un grossissimo problema che neanche ingenieri e tecnici erano riusciti a risolvere.
E la professoressa a parlare di quanto sia fondamentale per il managment rimanere in contatto con tutti i livelli della loro azienda, mantenere buone relazioni, essere veramente informati su quel che succede e toccare con mano la realtà della società .
E non so perchè, oggi, in macchina, passando di fianco a vecchi padiglioni della fiera ora abbattuti, mi è venuto in mente. Forse perchè ripensavo alla situazione a lavoro. Che non ha esattamente lo stesso alone mistico della leggenda. E che assume, invece, tinte un più cupe. O, volendo, un’accozzaglia di colori buttati a caso, senza alcuna logica. Un’accozzaglia da cui, sono spariti recentemente due ottimi elementi che davano valore, estro e bravura alla composizione. Ma, il managment, non sembra avergli dato troppo peso. Tanto, morto un papa, se ne fa un’altro. No?
Però mi sono reso conto di accorgermi di molte cose. Che – nonostante tutto – quei 4 anni di economia non mi sono scivolati via e mi hanno lasciato una grossa impronta. Mi rendo conto di poter sapere, a livello teorico/economico-manageriale, come andrebbero fatte/gestite certe cose. E mi rendo conto che so pure, a livello pratico/grafico, come vanno fatti certi lavori. E per questo, mi permetto di giudicare. E di non apprezzare quel che vedo.
Ancora una volta è scattato l’allarme antigas.
Ancora una volta, ovviamente, si blocca arresto il gas in tutta casa.
Ancora una volta si blocca la caldaia, che deve essere riattivata manualmente.
Ancora una volta fai areare la cucina.
Ancora una volta sopporta quel suo odio sibilo spaccatimpani.
Sì, è vero che prevenire una fuga di gas è meglio che curare, ma qualcuno, forse, dovrebbe spiegare a quella scatoletta anti-fuga-di-gas che quello che ha sentito non è odore di gas.
Quello è solo profumo di pizza fatta in casa appena sfornata.
Google festeggia così l’anniversario della nascita (6 giugno 1599) di Diego Rodràguez de Silva y Velà¡zquez, grande ritrattista famoso soprattutto per i ritratti dei componenti della famiglia reale di Spagna e altri importanti personaggi famosi dell’epoca.
Il logo riprende, adattandolo, il quadro “Las Meninas“, in cui – tra le varie figure presenti – compare pure Velazquez stesso.
Ma, per qualsiasi approfondimento, vi lascio a Wikipedia…
[mi viene però il dubbio che a me, di questo quadro, qualcuno ne abbia già parlato, durante una conversazione telefonica…]
Capita che tornando a casa inserisci in macchina un vecchio cd, uno di quelli che hai ascoltato un sacco di volte e tutte le volte ti emozioni.
Canzoni che hai ascoltato per darti la carica e canzoni che hai ascoltato quando eri triste e depresso.
E all’improvviso ti tornano in mente ricordi che avevi rimosso, associ le note a momenti passati della tua vita.
E all’improvviso le associ a quel che stai vivendo ora.
Perchè hai bisogno di qualcosa che ti dia la carica, hai bisogno di un po’ di musica che si adatti al tuo essere triste, depresso o semplicemente arrabbiato nero.
Perchè, quell’album, alla fine lo adori, dalla prima canzone all’ultima.
E non puoi far altro che farlo ripartire da capo.
E di nuovo felicità , tristezza, energia e tranquillità ti passano per il corpo.
E continueresti così, all’infinito. Perchè forse, quell’album, è come la tua vita.
Ok. Direi che le ultime due sono state due serate bellissime. La prima un po’ più intima. La seconda all’insegna del trash, della ressa, del “stamoce tutti viscini viscini”, al Join the Gap @ Borgo del Tempo Perso.
Mi spiace aver perso di vista una collega e il suo gruppetto di amici. Ma l’idea di diversi per andare al guardaroba è stata abbastanza deleteria. E fortuna che c’erano degli amici del Kob di Love, di cui abbiamo tranquillamente usurpato divanetti, cubo e torta.
È deciso: devo conoscere gli altri del Kob. E serate come questa si devono ripetere: belle belle belle.
Anche se, in realtà , non ho più voce.
I honor the place where your desire and my net income become one.
Fake Steve Jobs
Navigando sul solito Ads of the World, mi sono imbattuto in questa campagna pubblicitaria di Nintendo Brain Training realizzata da Leo Burnett. Sono sicuramente campagne pubblicitarie vecchie, realizzate in Italia ma che – come al solito – in Italia non abbiamo mai visto. Ma, a mio avviso, meritano di essere viste ed apprezzate.
Tutto iniziò con questo, che per comodità ripropongo.
Poi, una manciata di giorni fa, apparve questo:
E oggi, quest’altro:
Ebbene sì. I conigli stanno tornando. Più pazzi che mai. E questa volta se la prenderanno con TV. Bwuaaaaaaaaaaaaa!
Volevo scrivere qualcosa. Perchè sinceramente non ce la faccio più. Ogni giorno succede qualcosa. Qualcosa che non mi piace, che mi fa orrore, che mi fa star male. E non ne posso più. Anche se c’è chi dice che hanno appena iniziato.
Volevo scrivere qualcosa. Ma non ne sono in grado.
E riesco solo a citare SecondoMe:
Cos’è allora che mi rende inquieto? È l’aria che respiro in giro, è il rischio che la sola presenza al governo di una coalizione di destra faccia sentire i gruppuscoli violenti in qualche modo giustificati nel loro agire. Anzi no, ‘giustificati’ non è la giusta parola, ché di giustificazioni questa gentaglia non sente il bisogno. ‘Forti’ è la parola giusta. L’esistenza di una maggioranza che sentono (a torto) come amica li fa sentire forti, e né più né meno dei bulletti delle scuole medie (come età mentale, d’altro canto, siamo lì) il sentirsi forti li rende coraggiosi. E il sentirsi coraggiosi li spinge a fare le azioni eroiche come quella di ieri.
E allora quale può essere l’uscita da questa situazione? A mio avviso il primo necessario, fondamentale passo DEVE essere quello della durezza politica nei confronti dei responsabili. Il corso giudiziario della vicenda sarà seguito chiaramente da chi di competenza, le Forze dell’Ordine prima e il Potere Giudiziario poi. Ma la Politica, in questo caso gli esponenti di maggioranza, dovrà riuscire, non solo con brevi dichiarazioni che possono essere scambiate per frasi di circostanza o per frasi dovute, a far sentire deboli, soli, politicamente incostistenti questi gruppi. Bisognerà creare un vuoto pneumatico attorno a queste formazioni, e ciò non si potrà fare fino a quando non si comincerà ad abbandonare la politica della non accettazione del Diverso. Sarà difficile, perché è una delle componenti che ha portato al dilagare della nuova maggioranza nel Paese, ma riuscire nell’intento potrà costituire un epocale punto di svolta nella nostra vita Civile.
Per le strade si percepisce ormai da tempo un pericoloso desiderio di eliminazione del Diverso, che viene accettato solo in quanto si conforma ad un canone di normalità assolutamente autarchico:
Si accettano gli omosessuali SOLO SE fanno le loro porcherie di nascosto (mentre io, Normale, posso godermi gli sculettamenti delle Veline mentre mangio il pollo a tavola…), SOLO SE poi non vogliono essere riconosciuti come una famiglia (certo, si ameranno pure, ma mica possono fare figli, e allora che vogliono? Cosa? Potrebbero adottarli? E poi che strane bestie verrebbero su, mica sono Normali!), SOLO SE servono a rimarcare la propria normalità (”Io rispetto i gay, lo sono anche alcuni dei miei amici…”).
Allo stesso modo si accettano gli extracomunitari, anzi gli stranieri, SOLO SE sono completamente in regola con le regole dell’immigrazione, anzi SOLO SE sono abbastanza in regola con l’immigrazione e hanno un lavoro, anzi SOLO SE sono vagamente in regola con l’immigrazione e fanno un lavoro che mi torna in qualche modo utile… Insomma SOLO SE mi fanno comodo. Altrimenti, tornassero pure a morire di fame al loro Paese, anzi paese con ‘p’ minuscola, ché i Paesi con la ‘P’ maiuscola sono solo quelli che diciamo noi…
E si potrebbe continuare con tanti altri Diversi, che nascono dalla volontà di non riflettere sui problemi e cercare un modo per risolverli, anche con regole più o meno rigide purché efficaci, ma dalla volontà di individuare un Nemico sul quale far ricadere la colpa di questo o quel problema. La drammatica conseguenza è l’identificazione per chi non ha gli strumenti culturali per percepirne la differenza, tra eliminazione del Nemico ed eliminazione del problema.E finché non si comincerà a lavorare su quest’ultimo punto, possiamo urlare e strepitare quanto vogliamo, ma non ci sarà alcuna soluzione, perché agitare le braccia mentre si precipita in un burrone non è mai servito ad attutire la caduta.
E il saggio Kurai:
La mia maestra delle elementari era una signora minuta e gentile, con i capelli corti e i modi fintamente severi. Era comunista. Tanto da presentarci la Pravda come esempio di giornale obiettivo. Ci raccontava della guerra, dei campi di concentramento, del fascismo e della resistenza.
Noi bambini delle elementari chiedevamo come le persone avessero potuto permettere tutto questo. La maestra rispondeva invariabilmente che le persone non riuscivano a realizzare quel che davvero stava succedendo. Erano come incantate, accettavano tutto quel che non le toccava.
Il mio professore di italiano delle medie era un uomo con gli occhi azzurri e la passione per le piante. Ci raccontava delle sementi di azalea che Manzoni si faceva mandare dall’amico Fauriel e poi coltivava con passione in quel di Brusuglio. Anche lui parlava spesso del fascismo e della resistenza.
Noi ragazzini delle medie chiedevamo come le persone avessero potuto permettere le violenze e le efferatezze di quegli anni. Il professore rispondeva invariabilmente che le persone non riuscivano a realizzare quello che stava succedendo. Vivevano in una sorta di incanto collettivo.
Al liceo abbiamo avuto la fortuna di incontrare Liana Millu. Liana ha scritto un libro bellissimo e struggente, “Il fumo di Birkenau”, nel quale racconta la sua esperienza da reduce di uno dei più feroci lager nazisti. Io feci una vignetta molto stupida per celebrare quell’incontro. Liana ricambiò immeritati complimenti e una meravigliosa dedica sul libro. Mentre scriveva, leggevo nei suoi occhi un’unica richiesta. Quella di non dimenticare mai. Liana Millu era già molto anziana, e se ne andò qualche anno dopo. Credo che abbia lasciato a me e a molti altri ragazzi che ha incontrato nel corso della sua vita una responsabilità non da poco.
Anche a Liana, i giovani liceali chiedevano come fosse possibile aver permesso tanta crudeltà . E anche lei rispondeva come tutti gli altri.
Esattamente come ha scritto Hannah Arendt ne “La banalità del male”. Il problema grosso è l’indifferenza, l’accidia stupida e crudele di chi volta le spalle perché l’affare non lo riguarda.
Io non credo in fondo sia possibile ripetere quegli errori. Oggi il controllo delle masse passa per mezzi più subdoli, ma spesso meno violenti. Però vedo le molotov nei campi ROM. Vedo i ragazzi malmenati o uccisi da persone che ora si sentono in qualche modo protette dal potere. Vedo le leggi sull’immigrazione che ricordano tristemente quelle razziali, e i CPT fare il prossimo passo verso il lager diventando CEI. Vedo bengalesi che si perdono in città essere portati dai carabinieri da un sindaco troppo “zelante”. Sento parlare di esercito in città e marina a pattugliare le coste. Sento tante cose che la gente già accetta senza un accenno di protesta.
E un po’ mi preoccupo di quello che stiamo diventando. E vedo che non sono l’unico. Saremo abbastanza attenti?