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Fuori, dentro, sotto

Fuori, la pioggia che cadeva.

Dentro, le lacrime che scorrevano.

Sotto, le note di una triste canzone..

I looked at your face I saw that all the love had died
I saw that we had forgotten to take the time
I, I saw that you couldn’t care less about what you do
Couldn’t care less about the lies
You couldn’t find the time to cry

We forgot about love
We forgot about faith
We forgot about trust
We forgot about us

Now our love’s floating out the window
Our love’s floating out the back door
Our love’s floating up in the sky in heaven
Where it began back in God’s hands

You said that you had said all that you had to say
You said baby it’s the end of the day
And we gave a lot but it wasn’t enough
We got so tired that we just gave up

We didn’t respect it
We went and neglected it
We didn’t deserve it
But I never expected this

Our love floated out the window
Our love floated out the back door
Our love floated up in the sky to heaven
It’s part of a plan
It’s back in God’s hands
Back in God’s hands

It didn’t last
It’s a thing of the past
Oh we didn’t understand
Just what we had
Oh I want it back
Just what we had
Oh I want it back
Oh just what we had

Oggi. Pranzo.

Tra un portata e l’altra se ne salta fuori con qualcosa tipo “l’altra sera mi ha sentito piangere… anche le madri hanno momenti di sconforto… ma bisogna essere rispettosi dei sentimenti”.

Ovviamente con il suo solito tono da arrabbiata, da ho ragione solo io e tu sei (e mi fai) schifo.

E, la cosa, ovviamente mi ha fatto arrabbiare.

Da che pulpito viene la predica!

Pretende rispetto! Rispetto per cosa? Per le belle parole che mi ha detto? Per come si è comportata in questi ultimi mesi? Per come non rispetta me, i miei sentimenti, le mie scelte, il mio essere?

E, ovviamente, ho finito lì il mio pranzo. Dopo il primo.

Perchè a me, in quei momenti, mi si chiude lo stomaco e non riesco a fare altro che non assistere ai pensieri che cozzano, impazziti, dentro la mia testa.

Niente sonno

Ovviamente, non riescivo a dormire.

Così, per conciliarmi il sonno, ho messo su un episodio di Nip/Tuck. Uno, due, tre. Fino ad arrivare alla fine (drammatica) della serie. Giusto per tirarmi su il morale.

E ora che è finita, ora che ho buttato via ore preziose di sonno prima dell’esame di domani, non riesco – ovviamente – ancora a dormire.

Perchè non faccio altro che ripensare e rivedermi lì sopra, in corridoio. Sento di nuovo il gelo ai piedi e l’angoscia per il mio immobilismo.

Che forse non avrebbe cambiato nulla, ma mi detesto.

Ho la sensazione di aver sbagliato a non fare nulla.

E mi odio, profondamente, perchè, come al solito, lascio che le cose succedano, senza tentare di influenzarle a mio vantaggio, per poter tentare di vivere meglio, per me e per tutti quelli che mi stanno intorno.

Anniversari

Oggi niente lezione. Causa un tremendo maldigola e un po’ di febbre.

Così, a casa tutto i giorno. In parte a dormire, in parte a studiare.

Pranzo e cena.

Poi, dopo cena, arriva mio padre in camera.

Con un vassoio di pasticcini in mano, chiedendomi se voglio uno dei “pasticcini dell’anniversario”.

Ovviamente, rifiuto, non mi vanno.

Ma non posso non fare a meno di non pensare a che anniversario si riferisse..

Felicità è tristezza

Oggi, all’improvviso, ho risposto male ad una battuta di un collega.

E poi mi sono intristito.

E i pensieri in questa affollata testolina hanno iniziato a girare vorticosamente.

Tristezza e amarezza e delusione.

Perchè la “via di fuga”, comoda e (relativamente) a portata di mano che avevo sta svanendo ogni giorno di più. Me la sono lasciata scappare via, da sotto il naso.

Sì.

Aveva alcuni punti enigmatici: il condividere l’appartamento con una collega e l’elevato costo [ma allineato, se non addirittura conveniente, a quello che offre Milano alle stesse condizione], con quindi il dubbio della sostenibilità del progetto a livello puramente economico, senza far affidamento alcuni su altre persone.

Era comodo. Perchè mi era piovuto addosso, perchè mi sarebbe venuto comodo con l’università, con l’ufficio e zona non era male, tra supermercati, parcheggi disponibili e mezzi pubblici.

Però ho temporeggiato. Sperando prima di poter ottenere un’aiuto a livello economico e, successivamente, di riuscire a trovare un’altra sistemazione ad un costo minore. Ho temporeggiato, insicuro della mia capacità di riuscire ad affrontare – praticamente da solo – un passo così grande. Perchè, sebbene sappia passare lo Swiffer e lavare i piatti, non so fare una lavatrice, stendere, stirare, fare la spesa, farmi da mangiare. Insomma, non so sopravvire.

Ma nonostante tutti i dubbi, nella mia indecisione totale, mi cullavo al sogno di una cameretta tutta mia, da arredare e tenere in ordine, via dal paesello, nella grande città. Mi cullavo all’idea di diventare grande e autonomo. E speravo che non trovasse nessuno interessato all’appartamento. Cosicchè il posto fosse stato vuoto. Oppure mio.

Ma Baby, è Milano.

La vita è frenetica. E gli indecisi non hanno vita facile. E le indecisioni costano caro.

E ora, sono rimpiombato di nuovo da capo.

Bloccato tra queste quattro mura sempre troppo strette, senza neanche un sogno a cui aggrapparmi, solo con la certezza di vagare per annunci e annunci e non trovare nulla di altrettanto soddisfacente.

In fondo sono triste. Perchè lei è felice. Felice di aver trovato casa e una coinquilina.

Sono finite

Discorsi già sentiti, arrabbiature e lacrime che volevano uscire. Ma erano bloccate, non uscivano. Forse perchè ne ho già versate troppe e, ora, sono finite.

Ora, non riuscirò più a concentrarmi, non riuscirò più a far nulla.

Un altro pomeriggio di studio perso. 

Un lusso che, in realtà, non posso permettermi.

Shangri-La

Mi sento strano.

Son due settimane che bene o male corro da una parte e dall’altra senza un attimo di riposo.

Mi manca poter dormire.

Mi manca poter uscire normalmente la sera.

Mi manca guardare un po’ di tivvù, giocare col Wii o il DS.

Mi mancano i telefilm e le serate al cinema.

Vorrei poter ritornare a vivere alla giornata senza pensare al futuro.

Vorrei sentirmi di nuovo la testa leggera e non assistere impotente a quello scontro perenne di pensieri impazziti.

Ma in fondo, vorrei avere ancora qualche illusione a cui aggrapparmi.

Corollario [a quanto scritto prima]

Questa volta, sul serio, devo prendere provvedimenti.

Non so se ce la farò ad essere autosufficiente, non so se riuscirò a continuare con il corso di laura appena iniziato, anche se era quello che volevo da tanto, troppo tempo.

Forse, con il mio fenomenale stipendio, riuscirò a trovare un posto letto sotto qualche ponte, come loro avevano profeticamente predetto se avessi scelto la via della grafica, con un iPhone e un (vecchio) MacBook Pro a tenermi compagnia.

Ma sarà sicuramente meglio di queste odiose e insopportabili mura.

Eppure

Boh.

Oggi è una giornata un po’ così.

Dopo la giornata di ieri, caratterizzata da un laboratorio di disegno decisamente frustrante per le mie (scarse) capacità. Un laboratorio che alla fine mi ha fatto sballare un po’ di buoni propositi: mi ha fatto saltare il pranzo e mi ha fatto correre diretto verso il treno una volta finito, senza passare dalla biblioteca.

Eppure il giretto in biblioteca mi serviva. Dovevo cercare un po’ di cose, documentarmi. E invece l’ho saltato. Perchè non stavo bene, in tutti i sensi. E volevo solo andare a casa.

Così, oltre al raffreddore, si è aggiunta la febbre. Ovvio. Dopo le levatacce in una casa abbastanza fredda, la temperatura della macchina, il clima tropicale del treno, quello subtropicale della metro.

Sbalzi.

Sbalzi di temperatura, sbalzi di umore.

Sommerso da troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle. E alla fine mi blocco, pensando al tutto e non riuscendo a fare neanche una parte.

Le tre consegne per i tre laboratori, di cui due per lunedì, quindi da finire entro questa sera perchè poi domani lavoro e l’altra da fare, in fretta e furia e senza ritardi mercoledì e giovedì mattina.

Il giro in segreteria per capire la faccenda “vecchi esami”, che quindi cozza notevolmente con la consegna di venerdì.

Recluso.

In senso lato.

Ma alla fine sono tutto casa, ufficio, campus.

Senza possibilità di prendermela comoda, di fare uno sbaglio.

E inizio a pensare a come sarà difficile gestire alcuni progetti che ci hanno anticipato, in gruppo, in giro per la città, con macchina fotografica e telecamera. A quanto sarà inutile, un peso.

E penso a tutte quelle persone a cui tengo. E che non vedo da un sacco. Ed in particolare ad una.

E ho paura. Ho paura per me, ho paura per noi.

E sto male.

Per il raffreddore, per la febbre, perchè forse non sono abbastanza forte per gestire il tutto.

Perchè forse ho sbagliato a scegliere, ho sbagliato, come sempre, a valutarmi.

Anzi, no, a sopravvalutarmi.