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Sabato, domenica, lunedì

Alla fine non sono abituato a giornate come queste.

Sabato ho comunque avuto casa piena di gente, ho fatto del mio meglio per offrire un aperitivo casalingo di quelli buoni e come sempre sono state tante, troppe le risate, soprattutto giocando a quella droga perfetta che è TowerFall.

E alla fine non capisco perché ci sono rimasto così male per quel tasso del 100% di assenza di quel determinato gruppo di amici. Non capisco perché mi ostino a vedere dell’amicizia o per lo meno una volontà di vedersi, quando invece – a conti fatti – non sembra esserci. Devo rassegnarmi, smetterla di rimanerci male e, veramente, fare un po’ di potatura. Perché non ha tanto senso a continuare con un rapporto di amicizia a senso unico, no?

Poi è arrivata la domenica: svegliato tardi, troppo tardi, un 5km di corsa a meno di 5’/km, la corsa a recuperare l’amica bergamasca, il salto volante in pasticceria e poi su al ristorante. Un menù di solo pesce fatto apposta per l’occasione. Tutto buono, buonissimo. E compagnia ovviamente eccezionale.

E la cosa più bella non è solo la felicità o i sorrisoni™ stampati in faccia come un ebete. È anche leggere poi certi status su Facebook che ti riempiono il cuore e ricevere poi messaggi dopo, quando tutto è finito. Perché vuol dire che è stata una bella bellissima giornata non solo per te, ma anche e soprattutto per gli altri. E sei ancora più felicione™.

Poi arriva il lunedì a rovinare tutto, ma qui è meglio non parlarne.

 

 

259 – loft

Una giornata di quelle piene e di corsa, tra i mille impegni di lavoro 1, il lavoro 2 e li lavoro 3. Un impegno nel pomeriggio e poi via, a Milano da un fornitore/amico a recuperare delle stampe e poi a piedi, da Missori a Sant’Ambrogio per una cena a casa di ex-colleghi con altri ex-colleghi.

Una serata di quelle tranquille, tranquillissime, senza nulla di elaborato e pretenzioso. Solo due persone che sono andate a vivere assieme (e io sono felicissimo per loro) e un piccolo gruppetto per inaugurare la casa.. ehm.. il loft. Una pasta, un po’ di vino, 2 gatte (una invisibile, l’altra che tentava di scappare, cadendo), tante chiacchiere e un mucchio di scarpe vicino alla porta per evitare di rovinare il parquet.

E alla fine è stata una di quelle sere che fanno piacere.

Di quelle che ti fanno swarmare un

10, 100, 1000 di queste sere. Grazie ragazzi.

Di quei grazie che ti escono dal cuore e ti riempiono il sorriso, mentre cammini con il tuo rotolo di stampe in spalla sotto una pioggia leggera.

119 – anniversari

E così, ridendo e scherzando, ieri è riiniziato ufficialmente il 2014 lavorativo.

Solo che per me il 2 gennaio ha anche un altro significato, visto che è il mio “compleanno” in agenzia, per la precisione il secondo. Sono stati due anni che mi hanno dato molto, dal punto di vista professionale e personale. Clienti importanti, progetti grossi e particolari, colleghi a cui voglio veramente bene.

Certo, non è tutto rose e fiori, visto che viviamo ancora nella realtà e non nei sogni, ma in questo momento voglio pensare positivo, ricordarmi com’era l’agenzia quel 2 gennaio 2012 e come fosse diversa dall’agenzia di oggi. Ho avuto la fortuna di essere parte di questi cambiamenti e ho visto il mio lavoro cambiare (notevolmente) nel corso dei mesi e con esso, forse anche io (e spero in meglio).

E il futuro riserva altri cambiamenti ma – come si dice – chi vivrà vedrà (e deciderà cosa fare).

Periodi

È un periodo di corse, di fare tardi a lavoro, di esser (quasi) sempre in giro, di ansia per la tesi.

È un periodo di quelli che come metto piede in camera puff, dormo (beh, circa, quasi).

È un periodo che ho ridotto l’indice di lamentosità e mi sento contento. Son contento di me, di noi, degli amici, dei nuovi colleghi, di quel che faccio.

E di più non dico, che so che poi mi porto sfiga. Ma almeno un teaser volevo farlo. Grazie a tutti.

Empire State of Treviso

Giorni di su e giù. Anche se bisogna ammettere che sono i momenti giù a prevalere.

Giorni in cui invecchi e in cui festeggi come al solito in un ristorante greco (anche se non solito e non mi ha per nulla soddisfatto) con vecchi amici e nuove interessanti conoscenze.

Sere di aperitivi in cui per alcuni sei meno importante di San Remo; sere in cui alcuni sono talmente stanchi che vanno a casa e quindi in palestra; sere in cui vedi chi riemerge dal mondo quasi dimenticato della Cattolica e tutto meraviglioso come se non ci fosse mai persi di vista.

Giorni in cui gli affari mischiati all’amicizia creano casini e ti fanno dire addio un’amica da 15 anni. E forse anche un’altra, ma il tutto è troppo recente per capire come si evolveranno le cose.

Sere di cene jappe, fino a scoppiare.

Giorni di soldi prelevati al bancomat e che poi spariscono, finché il conto arriva al rosso, visto che benzina, telepass, treni e atm si pagano, sempre. Ma quello per cui stai spendendo la maggior parte di tutti questi soldi semplicemente non pensa a pagarti. O neanche a decidere quanto pagarti, tenendoti sulle spine da quasi due mesi, nonostante le continue richieste.

Giorni di scleri, di lavoro, di straordinari che chissà quanto decideranno di pagarti, ma suvvia non stiamo a guardare l’ora che mette ansia a entrambi.

Giorni in cui non capisci come diavolo hai fatto a cacciarti in questa situazione e non fai altro che darti dell’imbecille.

Giorni in cui il tuo sogno ricorrente è di fare un’uscita di scena teatrale, è stato bello finché è durato, ciao, addio, fammi il bonifico, ma poi non hai il coraggio di metterla in atto.

Giorni in cui capisci che sei sempre troppo buono, calmo, pacato, gentile, accondiscendente. O forse sei solo fesso e non sei in grado di farti rispettare, né umanamente, né professionalmente.

Giorni in cui per clienti seri e paganti decidi di fare l’impossibile. E per lo meno ottieni un grazie, assieme ai dati per emettere immediatamente la fattura.

Giorni in cui ogni poco c’è sempre da rispiegare tutto a tutti, per l’ennesima volta.

Giorni in cui la famiglia acquisita è più entusiasta dei piccoli successi lavorativi e universitari rispetto a quella naturale, che più che lamentarsi e discutere non è in grado di fare.

Giorni in cui ti fa veramente piacere uscire di casa all’alba per poter fare colazione.

Giorni in cui apprezzi sempre di più gli amici e colleghi dell’alle sei si stappa.

Giorni in cui invece non reggi più lo scherzo e le prese in giro e sei persino più permaloso del solito.

Giorni in cui sinceramente vuoi smettere di recitare la tua parte. Ma non si può, perché ormai tu per loro sei così, veramente e senza ombra di dubbio.

Giorni in cui finisci per piangere al buio della tua stanza e ti ritrovi a sperare in Treviso.

Una sera così capita una volta ogni tanto, sigh

Una giornata intensa che si è conclusa con un’ottima serata.

Prima l’invito di Stefigno per fare un salto in Ambito 5 per partecipare ad un evento organizzato con Activision per la presentazione del nuovo (e devo dire interessantissimo) gioco basato sui Transformers. E quindi chiacchere, cibo a scrocco, informazioni e video in anteprima (gne gne gne :P) e poi un po’ di discussione. Bello e interessante.

Poi la camminata per corso Vercelli fino ad arrivare al vecchio ufficio e all’Akkademia. Cena lì. E poi a San Vittore per raggiungere un ex e carissimo collega che non vedevo da un sacco.

E le parole, le news, le chiacchere e il tempo è volato.

Una bella, stupenda serata. Che si è conclusa trovando sulla scrivania, una volta tornato a casa, un pacco dalla Condé Nast.

Tempismo di un anno I numero 1

È andato.

E sono persino decisamente soddisfatto del lavoro. E tutto grazie alla scossa positiva data dall’ultimoarrivato™.

Ci sono alcune pagine che non mi piacciono ed è un peccato. Avevo detto da tempo che non andavano bene ma alla fine non c’è stato modo di cambiarle, presi dagli ultimi ritocchi dell’ultimo momento.

Settimana prossima vedremo le reazioni. Incrociate le dita.

E anche se alla fine non lavorerò più con loro, mi sono affezionato a questo progetto.

Se solo fosse arrivato prima.

Tutta questione di tempismo, no?

Agosto, 3

Mastro (fatte da altri) da rifare praticamente da zero.

Primi casini sulla fornitura del materiale.

Una collega (quella collega) che è sempre più insopportabile e generatrice d’ansia.

Gli altri colleghi, quelli più simpatici tutti in ferie.

Nessuno con cui fare pausa e parlare d’altro.

Un’ora e mezza di straordinari.

Che palle!

La faticosa giornata

Che poi, altro che passare le carte ai cassieri perché loro facciano la fatica di strisciarle è molto, ma molto, stancante (cit)!

La parte stancante della giornata è stato, ovviamente, in ufficio.

Con una favolosa collega che di nascosto, arrivando in anticipo, prima di tutti (mentre di solito ritarda) è corsa dal capo a lamentarsi, di tutto e di tutti, spalando ***** ovunque.

È stata sgamata dall’altro collega, che ha chiesto spiegazioni.

Poi una riunione.

Poi un’altra.

E visto che lei non fa il mio lavoro, si è pure permessa di giudicare il mio operato, dicendo che sono distratto, lavoro male, faccio errori.

Cose che ovviamente ha avuto il coraggio di dire solamente davanti al capo, il quale ha riportato poi al collega chiedendo spiegazioni. Ma lei, quando poi c’è stata la riunione di gruppo, ovviamente non ha avuto il coraggio di ripetere quello che aveva detto in sede privata.

Inutile dire che io stavo malissimo.

Come si permette una bitch del genere, di giudicare il mio operato (che non è né mia collega, né mia superiore) e prendere, dal nulla e andare a riferire al capo cose non vere basate su una sua infondata impressione?

Comunque, io stavo male, malissimo. Il cuore che mi batteva a mille, un senso di affanno e la fatica a respirare, la bocca serrata che non riuscivo ad aprire per parlare. Solo la testa, che mi accorgevo che si muoveva in un continuo no no no mentre pensavo alle peggior cose di questa orribile viscida perfida persona.

E di fronte al mio silenzio davanti alle sue accuse riferite da altri, dopo un po’ lei è sbottata in un urlo isterico “Ma perché non mi consideri, che cosa ti ho fatto!?”.

E la vuoi pure la risposta? Sei una persona orribile, con cui non voglio avere nulla a che fare. Però sono pure obbligato a lavorare con te, quindi parliamo pure di lavoro (cosa che si fa), ma non pretendere che ti venga a raccontare qualcosa della mia vita.

Comunque, alla fine di tutto, riunione sciolta, ma il capo mi ha trattenuto, per parlare a tu per tu.

Tragedia, ansia, ancora peggio di prima.

Sono scoppiato a piangere, dalla tensione, dal nervoso. E non riuscivo neanche a parlare, mi sentivo le labbra chiudersi, non muoversi correttamente per articolare i suoni. Una tragedia.

Ma alla fine, poco alla volta, mi sono sbloccato.

E ho tirato fuori tutto quello che mi veniva in mente che avevo covato dentro per tutti questi mesi.

Ora c’è solo da sperare che prenda le giuste decisioni.

Incubi

Post a pubblicazione ritardata, per evitare di impensierire qualcuno che ha già altro a cui pensare

Ho degli incubi.

E avviene tutti i giorni, verso le 14-14.30, quando devo prepararmi e infilarmi in macchina per andare a lavoro.

Il mio incubo è quell’ufficio.

E non ce la faccio veramente più. L’incompetenza che mi circonda, l’ignoranza, il menefreghismo, la falsità, la maleducazione.

La summa di tutto quello che non sopporto è lì, in quell’open space che faccio sempre più fatica a sopportare, fino ad arrivare all’odio e alla fortissima riluttanza a doverci andare (fortunatamente solo) quattro giorni a settimana.

E nel frattempo si avvicina agosto e il casino delle ferie o nonferie e il concretizzarsi dell’asì,peròc’èdafareanchequestoequelloequell’altroeanchesenonc’èchilopuòfare,beh,c***idellosfigatocherimaneinufficioalavorare.

Ogni giorno, un nuovo estenuante episodio della tragic-opera. Ma cose dell’altro mondo, problemi che non dovrebbero neanche sussistere e invece ci sono e fanno danni a destra e a sinistra.

Inutile poi ribadire quanto già detto più volte. Nella condizione attuale, trovare altro di meglio è altamente improbabile.