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Mercoledì 1 dicembre 2004

Ciao F.!

Magari questa mia rimarrà un puro esercizio di stile, magari ti dirò più o meno le stesse cose che ti sto scrivendo o magari non te lo dirò mai, dovrò solo trovare il momento adatto per dirtelo…

Ti ho lasciato un po’ in sospeso… lo so. E dicevo che volevo dirtelo parlandotene a quattrocchi ma ora ho un po’ di paura, timore a parlartene… no, non ti preoccupare inutilmente!

È solo che c’è una parte di me che non accetto. E non si tratta dei peli o delle orecchie a sventola… è una parte di me che costituisce me stesso, e che, assieme alle altre, mi ha reso quello che sono, in bene o in male. Però la tengo nascosta, la copro con bugie che non sempre reggono, me ne vergogno, come se non fosse “normale”…

E in effetti un po’ fuori dal comune lo è però…

Cavolo! Ho veramente così tanta paura del giudizio degli altri: ho la paura, anzi, il terrore di rimanere solo, come, apparenze a parte, sono, alla fine, sempre stato. E ho paura di rimanere solo dopo aver incontrato te e l’E.. Vi voglio un bene tremendo, anche se me ne esco fuori con battute stronzissime o se magari non mi faccio vedere in uni per qualche giorno e neanche vi chiamo. Son fatto così. O prendere o lasciare, dice qualcuno. Ed è il possibile “lasciare” che mi fa paura. Vorrei escluderlo, e per questo faccio di tutto per farmi accettare, entrando in conflitto a volte anche con me stesso…

Qual è il punto ti chiederai… è difficile da dire, anche scrivendolo. O meglio… soprattutto scrivendolo: ti obbliga ad avere le idee chiare per poterlo scrivere e dargli il potere di rimanere…

Non ti sei mai accorto di qualcosa di “strano” in me? Di diverso dal comune? Forza, pensaci bene, non è poi così difficile. Come mi ha detto la M.,  “ultimamente tentavo di emergere”, ma non è poi così semplice! Soprattutto quando passi una vita a fare in modo che il problema semplicemente non esista finchè poi non scoppi (nel mio caso scappi in lacrime…) ed esplodi e capisci che non puoi tenere tutto dentro. È così ingiusto! Verso te stesso e verso quei pochi che ti stanno accanto e ti vogliono bene. E ti vogliono bene perché non sanno quella certa cosa di te, ma dopo? Scapperanno? Ti considereranno in modo diverso da prima? Sarà tutto prima e capiranno che tu alla fine sei sempre il solito e l’unica differenza è che loro sanno cosa tu sei veramente? Belle domande. Ma l’unico modo per scoprirlo è parlare ed aprirsi. Ed attendere il verdetto della giuria…

L.

Ecco, non so, vanvera come non mai

Ecco.

Non lo so che mi succede.

So che avevo salutato tutti voi abitanti della rete qualche ora fa, eppure sono ancora qui, sveglio.

Uno spuntino di mezzanotte, l’utima, questa è l’ultima lo giuro, controllata ai vari social network, qualche post da leggere nel reader.

E capita che mi imbatto in 4 nuovi post di una persona molto speciale che non scriveva da molto, a cui tengo, veramente, anche se poi, in realtà, ci si è visti si e no una volta, in quel di Milano, di corsa.

E non so perché, ma mi sono venuti i lacrimoni agli occhi e ancora, senza motivo, me li sento umidi.

Potrei iniziare con i soliti discorsi insensati delle cose che ora, qui non vanno, ma rischierei di essere oltremodo ripetitivo e non è che ci farei una bella figura, qui con voi che leggete.

Però è un periodo che mi sento scoppiare e ho veramente necessità di staccare completamente la spina. Ma troppe cose assorbono il mio tempo e mi sono persino ripromesso di seguire meno tutta la scena social, perché in fondo la vita è da tutt’altra parte. Ho decido che devo coltivare le mie passioni e ho riiniziato a giocare seriamente a quello che mi piace. Inutile spendere soldi per poi non finire i giochi, giusto?

E poi ci sono gli amici, gli impegni universitari, gli appuntamenti serali, la famiglia che pesa veramente sempre più di quel che dovrebbe.

Da una parte a volte sento la necessità di un nuovo giro, dall’altra mi guardo indietro e mi accorgo che ho un sacco di persone che mi mancano e che vorrei recuperare, ma non ci si riesce, perché è lungo e faticoso e serve la volontà di entrambe le parti.

E poi vorrei tanto avere una bella giornata di sole. Ma di quelle con quella luce bella e strana. E non essere qui, ma trovare un piccolo angolino di paradiso e riprendere in mano la reflex e scattare. Mi manca, tanto. E l’abbonamento Pro di Flickr c’è, è stato pagato e non viene usato.

Vorrei avere il tempo per vedere i film quando escono, non mesi e mesi dopo quando tutti neanche se lo ricordano. Per dire: settimana scorsa abbiamo visto Alice.

E poi c’è sempre quel solito problema.

Che forse mi sto pentendo della scelta di essere tornato a studiare.

È pesante, cavolo se è pesante. La sensazione che devi stare tutto il giorno a pensare a questo quello e quell’altro e farti venire idee e realizzarle, anche se magari l’upgrade del mac os decide che tu, la Creative Suite, non potrai mai avviarla.

E invece mi manca il chiudermi alle mie spalle la blindata e sapere di essere libero dall’incubo per le successive 16 ore.

E poi i cambiamenti, in quell’ufficio. E pensare a quanto è fortunato chi è già stato fortunato di nascita. E ha pure avuto la fortuna di trovarsi al posto giusto al momento giusto.

Apple mette in vendita l’iPad, presenterà a giorni il nuovo iPhone OS 4 e io attendo l’arrivo del nuovo iPhone per comprarlo e sostituire il vecchio. Ma intanto spendo e spando e il conto scende e non ho più neanche il coraggio di chiedere i soldi ai miei, che voglio farcela fin quando ce la faccio, ma così va a finire che azzero il conto.

Mi sento vecchio ed indietro. Indietro rispetto agli altri. Vedo chi ha la mia età e si sta laureando alla specialistica e lavora già in uno studio. Vorrei tanto essere più avanti, aver capito prima molto prima che la mia strada non era tra gli economisti della Cattolica. Vorrei esser già nella fase in cui pensare a trovare ed arredare casa. Vorrei vorrei vorrei.

Rimpiango il MEDes, ma sono contento per non aver partecipato, perché forse non ce l’avrei fatta a vivere 3 anni e mezzo con l’ansia di dover fare, fare, fare bene, fare tutto.

A tutta quest’ansia, preferisco di gran lunga quella sensazione di calma e sicurezza che ho quando la mia testa addormentata si appoggia sulla sua spalla. E alla fine mi basta quello e mi sento tranquillo e sereno. E dimentico quasi dell’esistenza di tutto il resto. Non chiedo veramente altro.

Sotto le coperte

E così mi ritrovo sotto le coperte a non riuscire a dormire.

Il fastidio di prima è passato, però mi son ricordato che devo ancora rispondere al presidente per la storia dell'”esperto”.

FriendFeed e Twitter dormono beati, nessuno scrive nulla e ciò dovrebbe convincermi che queste ore sono fatte per tenere gli occhi chiusi e sognare belle cose.

Invece no, perché se chiudo gli occhi, partono i pensieri su molte, troppe cose. E allora preferisco stare sveglio, andare avanti fino al momento in cui sfinito chiudo gli occhi ed è già domani.

Scrivere cosa

È che è un casino.

Un casino da vivere, un casino da descrivere.

Io momenti come questi non li so gestire, anche se dovrei imparare.

Dovrei imparare a prendere decisioni mie, piuttosto che affidarmi ad altri e poter quindi scaricare su di loro la colpa di ogni possibile conseguenza.

Però a volte è giusto sentire il parere altrui, quando una tua decisione in qualche modo influisce sull’altro, o è anche questa una scusa bella e buona?

Qualcuno ha tirato fuori quella storia dei vasi di coccio e quelli di ferro.

Ecco, boh.

Io i vasi di ferro li odio. Scontrosi, autoritari, antipatici. Credono di poter comandare, decidere tutto. E a volte ce la fanno pure, con la gente che pende dalle labbra oppure in modalità gregge ammaestrato.

Comunque, dicevamo che questi momenti non li sopporto.

Stress, indecisioni, nervosismo.

E così divento scontroso, troppo. Me la prendo per poco e le incomprensioni diventano facilissime.

E ora, sinceramente, ho solo voglia di piangere.

Proprio come 7 giorni fa.

A Natale sono (quasi) tutti più buoni

E sono qui, ancora sveglio.

Sto finendo di ripassare un libro ai limiti dell’assurdo, con errori di grammatica, sintassi, virgole messe a casaccio che separano il soggetto dal verbo, verbi non concordati con i soggetti, errori di battitura, uso creativo di parentesi e trattini. E sbagliano persino i nomi propri di prodotti e servizi: i-phone, FaceBook, Blog Spot.

La cosa peggiore sono però i contenuti.

Pagine e pagine di fuffa inutile, che ovviamente non mi vuole entrare in testa.

Poi, dopo l’esame di domani, bisogna pensare alla revisione di martedì, comprare gli ultimi regali, trovare il tempo di andare a tagliarsi i capelli e rendersi presentabile entro martedì sera, per la Cena di Natale organizzata dai Danimarchesi™ di ritorno in patria dopo 6 mesi di freddo e di Erasmus.

Nel frattempo mi sono comprato il mio regalo di Natale. E sto tenendo d’occhio altre offerte per farmi altri 2 possibili regali, anche se uno necessita dell’itervento dell’Architetto per poter essere effettuato.

Per il resto fa freddo, c’è la neve, il Comune si è dimenticata della mia via, tanto che è diventata un’unica pista di pattinaggio su ghiaccio. Vedrò domani mattina quando dovrò uscire. Già temo, visto che si aggiungono altre difficoltà al dover affrontare mamme e papà con SUV ed altri macchinoni che devono portare i pargoli a scuola. E non si rendono conto che se parcheggiano davanti ad un cancello automatico che si sta aprendo, forse dovrebbero spostarsi, non arrabbiarsi se suono quando rimangono fermi fregandosi del fatto che devo uscire.

Per il resto fa freddo ed ovunque imperversano le decorazioni led da esterno Iper. E non mi piacciono, perché emettono una tonalità di bianco così freddo che mi rendono triste. E invece no. Non deve essere così. Perché a me il Natale non piace. Per tutta una serie di motivi, per come l’ho sempre vissuto (male) negli anni passati, ormai il Natale non mi piace proprio. Però, in mezzo a questi sentimenti di ilnatalenonmipiace, trovo rasserenante tutte le lucine appese a alberi e balconi, colorate, luminose e lampeggianti. Mi trasmettono un certo senso di tranquillità, calore e felicità. E invece no. Quest’anno tutti hanno queste lucine a LED, rispettose dell’ambiente ma irrispettose di me stesso. E quando le guardo mi sento anche io freddo e triste.

Poi, ironia della sorte, mio padre oggi è tornato a casa con proprio quel set di 100 lucine led da esterno. 9,90€, all’Iper. E questo è il primo anno che mettiamo le decorazioni agli alberi in giardino, queste decorazioni fredde e tristi. È il primo anno dopo aver passato tutta l’infanzia, quando ancora credevo nella magia del Natale, a volere delle luci da esterno sul pino, quello alto altissimo che superava persino il tetto della casa e che ora mi sembra che non ci sia più. O forse è solo stato notevolmente tagliato. Non ricordo.

E ora la mente sta pure viaggiando avanti e indietro.

Ho iniziato ad odiare il Natale quando non l’ho più passato con la famiglia allargata. Finita la scuola andavamo a Varese dalla Nonna. E stavamo lì. E a Natale era bello. Il pranzo preparato dalla nonna e poi tutti a casa dello zio, con gli altri zii, i cugini e qualche altro parente di parente. E i giochi, e il gioco della torre e l’invidia dei cugini che avevano il conto al Credito Varesino e a loro regalavano i soldi man mano che depositavano le varie mance. E invece i miei soldi/regali sparivano in bot o obbligazioni, delle cose brutte e che non potevo certo portarmi a casa e giocare. Poi giocavamo al mercante in fiera e mi piaceva, anche se ora non ricordo più le regole. E poi la tombola, il caldo del camino dello zio e il loro bel presepe.

Poi basta, è successo che la nonna ci ha lasciato, i cugini sono cresciuti e il ramo milanese della famiglia si è allontanato da quello varesino, rimasto più compatto. E Facebook ora non è neanche di aiuto, che nessuno ce l’ha. E non ho neanche numeri di cell o email, per dire.

E così sono iniziati i Natali in tretudine, senza regali, senza gioia e felicità.

E ho smesso di divertirmi a fare il presepe, di attendere con ansia l’8 dicembre per iniziare le decorazioni, ho smesso di accendere tutte le sere le luci e fissare inebetito l’albero e vedere le diverse intermittenze delle catene luminose intrecciarsi tra di loro e creare giochi di luce e di ombre sulle pareti.

Poi però non si dice, ma nel frattempo si è aggiunto un altro ramo di un’altra famiglia alla mia vita. Con gli n-mila componenti, la voglia di stare insieme, e le cene, e i pranzi e l’allegria e i bimbi che urlano e i genitori che li sgridano senza successo e le risate e la ciacola continua.

E la cosa stride notevolmente con la mia famiglia, quella della non sopportazione del convivio perchè “non siamo fatti per queste baracconate”. E veramente, non comprendo come facciano a vivere bene, da soli con loro stessi, senza avere amici da frequentare e sentire e vederci e pranzare e ridere e scherzare. Senza vedere i loro fratelli e le loro sorelle, anche se è una cosa che non capirò mai visto che sono figlio unico.

E mi fa arrabbiare, perché invece io sono ormai diventato (o sono sempre stato?) l’esatto opposto. Perché io da solo con me stesso da solo non ci sto affatto bene. Che ho paura della solitudine e sento il bisogno di avere sempre qualcuno intorno.

Ed in realtà questa conclusione non ha neanche senso, ci sarebbero altre cose da dire, ma me le son perse per strada, sulla tastiera e tra le righe.

Eppure il libro è qui aperto e mi aspetta.

E c’è pure il caldo tentatore del lettino.

Boh, vabbé, domani si vedrà.

Mal che vada ci si sente il 22.

Scripta manent

Non lo so, magari sono strano io.

Però trovo le parole scritte forti, capaci di cambiare il mio stato d’animo in un nanosecondo.

E oggi, oggi è successo due volte.

Prima, con una mail di ieri sera e letta solo a mezzogiorno. Mi ha decisamente risollevato.

Poi, l’sms che ho ricevuto tornando a casa dalla stazione. L’ho letto una volta arrivato a casa. E mi si è gelato il sangue, leggendolo. Sono stato un po’ imbambolato e velocemente ho pensato a tutti i risvolti della cosa. A ciò che non c’è più e quanto mi faccia stare male la cosa.

E poi ci sono altre parole.

Quelle dette a voce.

Ma per lo meno quelle, da ieri mattina fino a chissà quando, in questa casa, sono bandite.

Varie ed eventuali

Ammetto che gli ultimi 3 giorni sono stati un po’ strani.

Quindi, si necessita di un veloce riassunto confusionario di quello che è successo.

  • dimissioni date
  • a parola siamo tutti amici, ma su carta è tutto ai limiti dell’illegalità
  • sono facile preda di entusiasmi ingiustificati
  • ho conosciuto una persona dal nome strano che non mi piace come modo di fare, ma che apprezzo per come si comporta, per le idee che ha e il modo di cooperare con gli altri. Se fosse arrivata un po’ prima, tutti ci avrebbero guadagnato
  • non sono in grado di gestire situazioni complicate
  • se penso troppo, perdo l’uso della parola
  • questa sera a cena è calato il gelo quando il vicedirettore de la Stampa ha letto la notizia numero due durante Che tempo che fa
  • sono in ritardo
  • non sono per nulla accomodante, tranne in seconda o terza battuta
  • se c’è una cosa che mi fa imbestialire è sentire nella stessa frase le parole restituzione e telefono
  • in fondo in fondo, a me fa piacere strisciare e anticipare per conto di altri e non mi fa differenza se li riavrò indietro oggi, domani, dopodomani o poco prima del mai
  • ho detto cose senza sapere che avrebbero fatto così male. E non sono neanche riuscito a capirlo da solo che avrebbero fatto così male
  • la Dropbox è una figata
  • in futuro sarò felice. Se sarò con te
  • il colore degli euro acceca, anche se è problematico raggiungerli
  • lo spazio libero su HD corrisponde ad un numero aleatorio
  • degli n mila progetti che sarebbero dovuti partire, quelli più probabilmente redditizzi sono stati rifiutati
  • non sono in grado di gestire due fuochi
  • facebook a volte non funziona
  • certe decisioni sono facili
  • il giorno in cui tutti le trasmissioni televisive saranno in 16:9, sarà il giorno della fine del mondo
  • uno dei due fuochi ha detto ciccia, si arrangerà per conto suo come ha sempre fatto. Mi riservo, per il futuro, di rosicare
  • il mese di ottobre sarà un mese intenso
  • sto trascurando la mia vita 2.0
  • voglio vedere il Chilometro Rosso il prima possibile
  • in futuro sarò squattrinato
  • Google Sync non ne voleva sapere di sincronizzare il calendar tra mac, google e iPhone
  • l’anno prossimo sarò un uomo di cultura, mostre ed eventi
  • devo imparare a sognare i numeri del superenalotto la notte, non a non dormire
  • secondo l’help di Playfish, è impossibile cancellare i dati dai loro server. Sia mai che tu decida di ricominciare a giocare, dicono loro
  • siamo ufficialmente zii, anche se la notizia ci era stata data in anticipo per vie traverse
  • nella macchina fotografica ci sono ancora le foto di Venezia
  • ho usato 123people per cercare informazioni sulla persona dal nome strano che non mi piace come modo di fare, ma che apprezzo per come si comporta
  • il Google reader è fisso sul 1000+, per quanto io legga e mark all as read
  • forse l’etica professionale mi condiziona troppo
  • le Brouette Tower in Monopoly City Streets sono figosissime
  • voglio vedere Totoro e District 9
  • inizio a vedermi bene quando indosso una camicia
  • certe decisioni sono sofferte
  • devo ancora scrivere di District 9 e del sistema di registrazione alle anteprime del Warner Village
  • le canne di bambù non sono tanto antipatiche
  • mi servono delle scarpe nuove
  • senza stipendio, la banca potrebbe pure decidere di togliermi la carta di credito?
  • la mia massima ispirazione al momento sarebbe impaginare i cataloghi di Hello Kitty per Gabel
  • a sbattere la testa contro gli stipiti delle porte ci si fa male. Ho la testimone
  • Funny vuole raccontare le barzellette a Crazy
  • lunedì rivedrò un po’ di facce conosciute a Bovisa Beach
  • c’è chi tra il Lucida Grande e il Times preferisce il Lucida Grande
  • il Mac è tornato a casa
  • il Mac ora masterizza i dischi
  • ho la barba lunga
  • colleziono sticker in Pet Society