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92 – warhol

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Questo il programma per oggi.

Ammetto di non essere un così grande estimatore della Pop Art, anche se tra tutti l’esponente che preferisco rimane Roy Lichtenstein (di cui avevano fatto una bellissima mostra in Triennale anni e anni fa) (e yeah! L’ho scritto giusto prima di googlare!).

Warhol invece mi invece sempre ha lasciato sempre un po’ perplesso, ma vedremo se la mostra a Palazzo Reale mi piacerà o meno 🙂

Futurismo e sorgenti di luce a Palazzo Reale

Non ho ancora avuto modo di parlare di sabato.

Perchè, dopo una mattinata in giro per BVS con alcuni colleghi di università alla ricerca di impronte per un lavoro di gruppo, sono andato (ovviamente in dolce compagnia) a vedere (finalmente) la mostra sul futurismo a Palazzo Reale.

Inutile dire che prima di metterci in coda, però, ho perso un sacco di tempo a fotografare la struttura in piazzetta reale, liberamente ispirata ad alcune opere dei futuristi e su cui leggere Parole in libertà di Marinetti, piuttosto che Il manifesto futurista in francese, pubblicato su Le Figaro il 20 febbraio 1909 o il Manifesto dell’architettura futurista di Sant’Elia.

Architetture futuriste #3: soldato

Quella struttura, è una figata. Un insieme di colonne formate da triangoli arancio o neri o specchi, con al centro una struttura curva che sale verso l’alto con sopra la riproduzione di un omino stilizzato disegnato da Boccioni (mmm… no, forse no.. Byb, ricordamelo tu!) e una rivisitazione degli intonarumori di Russolo.

Ma il bello è stata la mostra. A parte le prime sale (un po’ deludenti, all’epoca neanche i futuristi sapevano cos’era il futurismo?) e le ultime (con un futurismo che ormai stava andando a morire). Ma le sale centrali erano bellissime. Un sacco di opere, belle, bellissime, magnifiche.

Una mostra che mi ha stupito per i contenuti. Ma che, come al solito, non è stata valorizzata al meglio dall’allestimento deludente (come sempre) di Palazzo Reale.

Al solito le spiegazioni erano pochissime e (per quel poco che ho letto) pessime, per quanto, almeno nella forma grafica, si ispiravano al Libro imbullonato di Depero.

Forme uniche nella continuità dello spazio - BoccioniPessima era anche l’illuminazione, soprattutto in due casi particolari: quella di un quadro dipinto con un grigio argento riflettente, praticamente appiattito e reso quasi opaco dai faretti puntati addosso; ma il peggio l’hanno raggiunto con l’illuminazione di Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni.

L’opera inoltre si sviluppa mediante l’alternarsi di cavità, rilievi, piani e vuoti che generano un frammentato e discontinuo chiaroscuro fatto di frequenti e repentini passaggi dalla luce all’ombra. Osservando la figura da destra, il torso ad esempio pare essere pieno ma se si gira intorno alla statua e la si osserva da sinistra esso si trasforma in una cavità vuota. In tale modo sembra che la figura si modelli a seconda dello spazio circostante ed assume così la funzione per così dire di plasmare le forme.

via Wikipedia

Due faretti potentissimi puntati dall’alto su quella piccola statua, posizionata in basso, attaccata ad una parete. E così la luce trasformava l’opera, facendogli perdere tutta la sua sinuosità, creando delle grosse zone d’ombra che rendevano impossibile vedere tutto il suo sviluppo, soprattutto nelle parti bassi e tutta la parte posteriore, che erano nere, praticamente nere. Altro che chiaroscuri e repentini passaggi d’ombra! Se poi ci aggiungiamo pure il fatto che non ci si poteva neache girare attorno a 360°… Insomma, una delusione. E ci sono rimasto male perché quell’opera mi piace tantissimo, ma vederla così non mi ha permesso di apprezzarla a pieno.

Questo non è un post

Giornata decisamente interessante.

Per la compagnia, per la mostra, per il freddo, per Javier Marín.

Sulla mostra di Magritte, beh, nulla da dire, a parte l’interminabile coda. Eppure c’è stato tutto il tempo di fotografare i cavalli di Marìn, messi proprio lì di fronte a palazzo reale. Una serie di 3 gruppi di statue, in resina (credo), raffiguranti cavalli e cavalieri, leggermente storpiati. E vederli in quella strana situazione, tra polizia municipale veramente a cavallo, camionetta dell’esercito e un sole che illuminava di rosa la parte superiore del Duomo è stato veramente strano.

Ovviamente nella mostra non c’erano i pezzi forti. Ma mi è piaciuta. Ci siamo presi il tempo che ci serviva per guardare i quadri, leggerne le etichette, capire le scritte sui muri. Un’organizzazione della mostra non cronologia per soggetti, che faceva quindi perdere il concetto di tempo. Poche, quasi nulle, le spiegazioni, tranne scritte bianche sulle pareti grigie. E fermarsi davanti a quadri e dire cavoli che bello, anche questo è fantastico. Perchè tra piante che diventano colombi, donne che diventano statue del cielo, foglie che sono alberi non c’era altro da fare che evitare di capire e rimanere ammaliati. I giochi dei colori, i soggetti che diventavano sfondo, le tende impossibili. Bello bello bello.

Su flickr, le foto della giornata. E no, questo non è un link.

Cercavo una foto di un quadro che adoro. E da Google è saltato fuori questo. Come non postarlo?