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Just cut & share

Ok, ok.

Le suonerie personalizzate fanno molto tamarro.

E delle suonerie personalizzate per l’iPhone si è detto di tutto e di più e – ok, ok – col Mac si possono creare gratuitamente direttamente da Garage Band. Ma vuoi mettere la scomodità  di prendere, avviare il software, scegliere la canzone, tagliarla e reimportarla in iTunes?

Così, basta usare Audiko. Direttamente dalla finestra di un browser (che ultimamente tutto quello che è wep-app mi piace tanto). Basta inviare il file, selezionare, tagliare e scaricare la suoneria appena creata. Con tanto di fading e anche in altri (vetusti) formati (mp3 o amr) per cellulari (vetusti) che non sono un iPhone.

Oppure, se proprio non abbiamo neanche voglia di inviare un file, basta cercare tra le suonerie già  fatte da qualche utente.

Ma la domanda è: quanto ci metteranno le major o i vari ZED & co a farlo chiudere?

Quelli della Diaz

Leggo solo ora, dal thumblr di Xlthlx:

Il processo di Genova ha dimostrato ragionevolmente (e spesso con la qualità  della certezza) che nessuna delle circostanze descritte dal portavoce del capo della polizia (capo della polizia era all’epoca Gianni De Gennaro) corrisponde al vero. Quelle accuse sono false, quelle ragioni sono inventate di sana pianta. Si dice che l’assalto (la “perquisizione”) fu organizzato dopo che un corteo di auto e blindati della polizia era stato, poco prima della mezzanotte, assalito in via Cesare Battisti con pietre, bottiglie e bastoni. Il processo ha dimostrato che non c’è stata nessuna pattuglia aggredita. Si dice che gli ospiti della Diaz fossero già  feriti, quindi coinvolti negli scontri in città . Nessuno dei 93 arrestati era ferito prima di essere bastonato dai “celerini”. Poliziotti, comandanti, dirigenti hanno riferito che, mentre entravano nella scuola, c’è stata contro di loro una sassaiola e addirittura il lancio di un maglio spaccapietre. I filmati hanno dimostrato che non fu lanciata alcun sasso e nessun maglio. Il comandante del Reparto Mobile di Roma ha scritto in un verbale che ci fu una vigorosa resistenza da parte di “alcuni degli occupanti, armati di spranghe, bastoni e quant’altro”. Assicura che nella scuola (entra tra i primi) sono stati “abbandonati a terra, numerosi e vari attrezzi atti ad offendere, tipo bastoni, catene e anche un grosso maglio”. Nella scuola non c’è stata alcuna colluttazione, nessuna resistenza, soltanto un pestaggio. Nessuno degli occupanti ha tentato di uccidere con una coltellata il poliziotto Massimo Nucera. Due perizie dei carabinieri del Ris hanno smentito che lo sbrego nel suo corpetto possa essere il frutto di una coltellata. Nella scuola non c’erano molotov. Come ha testimoniato il vicequestore che le ha sequestrate, quelle due molotov furono ritrovate da lui non nella scuola la notte del 22 luglio, ma sul lungomare di Corso Italia nel pomeriggio del giorno precedente. La prova falsa, manipolata, è stata inspiegabilmente distrutta, durante il processo, nella questura di Genova.

Articolo completo su Repubblica.it

Wall•E

Finalmente, con il mio solito ritardo, l’ho visto.

E non ho parole.

Perchè con questo film la Pixar ha superato se stessa. E quanto di più bello io abbia visto sul grande schermo, da un sacco di tempo a questa parte.

Un insieme unico di buoni sentimenti, fantascienza, ambientalismo.

Perchè non si può non ridere dei piccoli disastri quotidiani, non si può non patteggiare per il povero robottino schiacciarifiuti innamorato della tecnologica Eve, non si può non odiare il malefico Auto e non si può non tremare nella scena della discarica sulla nave spaziale.

E tutto mentre sullo sfondo assistiamo alla degenerazione della razza umana, incapace di camminare, agire, pensare da soli, senza l’ausilio della tecnologia, una degenerazione interrotta proprio da uno dei “pasticci” di Wall•E.

Ed è pazzesco come Pixar ha dato vita e sentimenti a dei robot che non sono esattamente antropomorfi. Era già  riuscita egregiamente in questo compito con i pesci di Alla ricerca di Nemo e le macchine di Cars, ma ora si è superata. Wall•E, Eve e quasi tutti gli altri robot sono vivi e comunicano i loro stati d’animo praticamente senza parlare.

Quando 24 è troppo poco

Alla fine, questa mattina mi sono svegliato tardi, troppo tardi.

Ho impiegato molto di più a fare quello che dovevo.

Poi è arrivata ora di pranzo, a tavola è successo quello che è successo e la mia produttività  è calata direttamente sotto i piedi, mentre rimanevo, inerme, sul letto imprigionato dai miei pensieri.

Poi il viaggio verso Milano, la caccia del giovedì per trovar parcheggio con il mercato.

E una giornatina pesantissima, piena di grossi sconvolgimenti, a lavoro.

Poi un messaggio di stato su Facebook di un collega. E la conseguente scoperta di un’altra consegna, di cui nessuno mi aveva parlato..

E così, oltre alla tavola che devo ancora finire, oltre all’esercizio di Photoshop che devo iniziare da zero (ma di cui ho un po’ di idee, ovviamente lunghissime da realizzare), c’è anche un’altra tavola, di cui non so praticamente ancora niente.

E nessuno, su quel cavolo di libro delle faccie, che si palesi in chat e voglia spiegarmi cosa c’è da fare.

E così, sono un turbinio di stati, dal depresso, all’arrabbiato, abbattuto, incazzato (lo posso scrivere, sul mio blog?) e sconsolato.

Perchè no, non riuscirò mai a fare tutto.

E ho anche tanto sonno.