Archivi tag: liti

Il post sboccato non censurato dell’A che segue logicalmente B

Sinceramente, non capisco cosa cazzo ci sia di così difficile da capire.

Per l’ennesima volta siete saltati fuori con i soliti toni, le solite frasi e le solite discussioni inutili ed assurde.

Non uno, ma in due, giusto per rincarare la dose, perché uno solo no, non bastava.

Doveva pure arrivare l’altra che non aveva seguito un cazzo del ragionamento (ammesso che così lo si possa definire) e dire le peggio cose.

E vi stupite pure se sono 2 giorni che non ho alcuna intenzione di vedervi, me ne sto chiuso in camera mia, non vi parlo, mi rifiuto pure di mangiare con voi.

E come al solito non avete capito un cazzo del perché.

Perché tanto sono sempre io quello matto, pazzo, traviato da altri.

E voi, poveri santerellini, non fate mai nulla di sbagliato.

E ammesso che possiate fare qualcosa di sbagliato, perché si sa, voi siete infallibili, non avete neanche un briciolo di coraggio onestà e umiltà per ammettere l’errore e chiedere scusa. Ah, ma no, voi siete i genitori e quindi potete.

Beh, certo, complimenti, bravi, bis, continuate così.

Scripta manent

Non lo so, magari sono strano io.

Però trovo le parole scritte forti, capaci di cambiare il mio stato d’animo in un nanosecondo.

E oggi, oggi è successo due volte.

Prima, con una mail di ieri sera e letta solo a mezzogiorno. Mi ha decisamente risollevato.

Poi, l’sms che ho ricevuto tornando a casa dalla stazione. L’ho letto una volta arrivato a casa. E mi si è gelato il sangue, leggendolo. Sono stato un po’ imbambolato e velocemente ho pensato a tutti i risvolti della cosa. A ciò che non c’è più e quanto mi faccia stare male la cosa.

E poi ci sono altre parole.

Quelle dette a voce.

Ma per lo meno quelle, da ieri mattina fino a chissà quando, in questa casa, sono bandite.

#ç@*_°§#@¥¡ˆ

Basta.

Va bene tutto, le belle parole, i bei discorsi.

Ma dopo neanche una settimana, è (già) tutto a donnine.

I problemi sono sempre quelli.

Sembravano in via di risoluzione.

E invece son sempre lì.

Ma non avete neanche il coraggio di parlarne. È molto più semplice insinuare, lanciare frecciatine, trattarmi come un cretino.

Proprio ora che l’ancora di salvezza, il mal che vada prendo e me ne vado, non c’è più.

Bene, bravi, bis.

Buone intenzioni

Uno ha delle buone intenzioni, vuole provare un po’ di dialogo.

Ma quando si sente rispondere un ma dovevi proprio andare (a perdere tempo) [ndl: al Telefilm Festival, a vedere un film in anteprima che chissà noi quando vedremo] tutte le buone intenzioni crollano, letteralmente e istantaneamente.

Per non parlare, poi, di tutto quello che si è generato dopo.

Lune

Nervosismo, pomeriggio incasinato, programma non fatto.
La tecnologia e il non credito che ci si mette di mezzo.
E ti arrabbi, rispondi male, chiudi le comunicazioni e ti butti sul letto, rannicchiato, solo tu e la tua testolina del cavolo.
Mandi messaggi di getto, non sai cosa pensare, chiami 1 2 3 persone che ovviamente non ti rispondono, prendi la Canon e le chiavi della macchina. Hai mente di fare una cosa, ma salta, e giri di qua e giri di là, a caso, dove ti porta la strada..
E man mano che la luce si abbassa non sai più perché e con chi sei arrabbiato. E ti arrabbi ancora di più con te stesso per esserti arrabbiato.
Poi un messaggio, diviso in due. E una telefonata. Le lacrime scorrono. Metti in moto e questa volta sai dove andare. Guardi nello specchietto e ti fermi. E scendi dalla macchina. Un cielo azzurro e rosa ti sta dolcemente salutando.

NRVS

Che poi, già uno è nervoso di suo.

Perché per quanto abbia finalmente finito l’esercitazione finale dell’esame di lunedì, deve ancora fare tutte le cose accessorie. Che so, stampare la ricerca (ed è già partita mezza risma…), impaginare “l’evoluzione del progetto”, inventarsi cosa scrivere nel “per quale motivo credi possa avere successo la tua idea”, sistemare le esercitazioni passate, riordinare il raccoglitore delle ricerche, iniziare a preparare il cd da consegnare con anche la copertina, armarsi di carta, cartoncino, matita e mani per creare il folder nero portaesercitazioni, oltre a pensare alla scatoletta delle carte.

Poi aggiungiamoci discussioni varie, che criticano il mio modo di fare, il fatto che “non guardo mai l’orologio”, ripetere ventimila volte le stesse cose e ripetere ventimila volte le stesse domande. E poi si passa di frase, in frase, sempre più insopportabile. E mi sento dare pure dello stupido, perché ho dato fiducia alle persone sbagliate, che mi sono fatto prendere in giro, tra ore di lavoro non pagate e soldi ricevuti di cui sto ancora aspettando la ricevuta di versamento dei contributi. Perché, sì, insomma, rivolgersi ad avvocati o alla Finanza forse è un po’ troppo. Però, non ne voglio parlare.

Non ditemi che ho sbagliato, perché non posso reggerlo.

Non questa settimana. Non con tutte le ore di sonno che non ho fatto ancora sulle spalle.

Non con tutta la fatica che ho fatto per riuscire a fare il meglio che potevo, in base alle mie capacità e al tempo che non avevo.

Non con tutto il casino di ieri. E avevo paura che potesse finire male, molto male e non l’avrei sopportato, in quell’ora angosciante di silenzio stampa.

E no, non esasperatemi, perché non è quello di cui ho bisogno.

Perché non ho voglia di mangiare male, ingoiando tutto senza masticare, perché voi mi fate innervosire.

Non voglia di arrabbiarmi e alzare la voce e voi la alzate.

Non ho voglia di prendere, sbattere a terra la sedia alzondomi e sbattere con una rabbia che non pensavo di avere le porte che incontravo.

Eppure è successo.

E non mi piace.

E non avevo bisogno.

E sono comunque indietro con tutto quello che devo fare.

E non riesco a pensarci, non riesco a concentrarmi, non mi va.

 

 

Io, forse, ho tanta voglia di buttarmi sotto il piumone.

E arrendermi.

Voglia

Ecco, ogni tanto ritornano.

Ritorna la voglia di prendere quelle 4 cose che ho e andarmene, andarmene da qui e non tornare più.

Voglia, insomma, non so. Forse è quasi una necessità. Perché qui io non ce la faccio.

Però dovrei essere più impulsivo, avere veramente il coraggio di farlo.

E invece mi blocco. Mi blocco davanti al come farò a vivere, dove andrò, che ne sarà dell’uni.

E invece mi blocco. E così perdo tempo. Perdo tempo al pensare a come dovrebbe essere, perdo tempo nel non fare quello che dovrei fare e mi riduco, così, all’ultimo.

E mi si chiude lo stomaco, come sempre. E non riesco a mangiare, mi viene il vomito a sentire solo l’odore di cibo. Non voglio mangiare. Non voglio mangiare qualcosa che viene da loro, non voglio avere più nulla a che fare.

Sono stufo, stufo, stufo, stanco.

Dicono che le cose sono cambiate, che io sono matto e mi fisso, mi fossilizzo sulle cose, sulle virgole, sui punti e virgola.

Ma io ho chiesto e preteso solo una grande, importante cosa.

Che si rimangiassero quello che mi hanno detto.

Che si rimangiassero quello che mi hanno detto quella sera, su quella scala, quando volevo uscire.

Che si rimangiassero quella cosa che mi hanno detto e che mi ha – letteralmente – ucciso.

Che si rimangiassero quella cosa che mi hanno detto e che li ha – letteralmente – ucciso ai miei occhi.

Dopo quello, loro per me non sono più nulla.

E possono avere torto o ragione. Può per loro essere facile o difficile.

Possono leggere questo o può esserci qualcuno che sta leggendo e poi spiffera tutto (beh, nel frattempo voglio proprio ringraziare questa persona: sì, si è dimostrato/a un/a grande amico/a nei miei confronti).

Io non sarò perfetto, ho fatto i miei errori, non sono come loro mi vogliono.

Ma una cosa così, signori, cambia tutto.

E non riesco a capire se non hanno ancora capito, se vogliono fare finta di nulla o se, semplicemente, se ne fregano di quello che dico.

Perché tanto vale molto di più un saluto non dato, le ciabatte non indossate, i pantaloni tenuti un giorno in più, i discorsi sbagliati fatti mentre dormo.

In fondo, è solo una questione di valori e punti di vista, no?

E nessuno può dire se sono giusti o sbagliati, no?

Quindi, i miei sono sbagliati, i vostri no. Giusto?

Quando 24 è troppo poco

Alla fine, questa mattina mi sono svegliato tardi, troppo tardi.

Ho impiegato molto di più a fare quello che dovevo.

Poi è arrivata ora di pranzo, a tavola è successo quello che è successo e la mia produttività è calata direttamente sotto i piedi, mentre rimanevo, inerme, sul letto imprigionato dai miei pensieri.

Poi il viaggio verso Milano, la caccia del giovedì per trovar parcheggio con il mercato.

E una giornatina pesantissima, piena di grossi sconvolgimenti, a lavoro.

Poi un messaggio di stato su Facebook di un collega. E la conseguente scoperta di un’altra consegna, di cui nessuno mi aveva parlato..

E così, oltre alla tavola che devo ancora finire, oltre all’esercizio di Photoshop che devo iniziare da zero (ma di cui ho un po’ di idee, ovviamente lunghissime da realizzare), c’è anche un’altra tavola, di cui non so praticamente ancora niente.

E nessuno, su quel cavolo di libro delle faccie, che si palesi in chat e voglia spiegarmi cosa c’è da fare.

E così, sono un turbinio di stati, dal depresso, all’arrabbiato, abbattuto, incazzato (lo posso scrivere, sul mio blog?) e sconsolato.

Perchè no, non riuscirò mai a fare tutto.

E ho anche tanto sonno.

Domani. Monaco?

Tornato dalle vacanze in Grecia (che non ho ancora finito di raccontare, qui sul blog, ops!) sono successi un paio di pasticci, il più grave dei quali scaturito con la “fuga” in campeggio da Love per il pranzo di Ferragosto.

Sì, era stato deciso all’ultimo (giovedì sera) e comunicato all’istante ai miei, che non hanno commentato in alcun modo, tranne poi, il giorno dopo, picconarmi l’uscita di casa con un sacco di storie (assurde), che non capiscono la necessità che ho di vivere queste buffonate/pagliacciate, che le feste si devono trascorrere in famiglia, che li ignoro, che non voglio stare con loro, che non li considero mai e me ne frego di loro..

A parte questo, la giornata è trascorsa benissimo in campeggio, tranne per il brutto tempo.

Il giorno dopo, sabato, mia madre tira fuori il fatto che, ecco, un mio amico è in vacanza con i suoi genitori e non ci voglio andare. Ho ribattutto dicendo che sì, è vero, va spesso in vacanza con i genitori ma… a) è proprietario di una casa al mare b) è proprietario di una casetta in Val d’Aosta c) al momento è in vacanza con madre e Sorella a New York.

Certo, se i miei mi mi proponessero di andare a N.Y., ci andrei anche io, istantaneamente, senza alcun dubbio e mia madre ha ovviamente ribattuto dicendo che non avevo mai detto loro che io volevo andare a vedere New York. Beh, certo.. mi sembrava una vacanza un po’ troppo onerosa da proporre, anche se sono anni che la fissa del capodanno nella Grande Mela (e lo sanno!) e non ho mai insistito più di tanto, vista anche l’entità della spesa.

Non l’avessi mai detto. Perchè ecco, loro lavorano tutto l’anno, i soldi li abbiamo e che si possono pure spendere per qualcosa di importante e di culturale.

Però mi hanno accusato di non essere potuti andare in vacanza perchè io stato per i primi 10 giorni del mese in Grecia. E la casa non deve mai rimanere vuota, che poi entrano i ladri (ma blindata, inferriate e antifurto a cosa servono?). E comunque, a parte i miei 10 giorni di vacanza, Agosto ha altri 21 giorni disponibili e si potevano pure organizzare (anzichè avere la fissa di imbiancare tutta casa)!

Ma la ciliegina è stata che il giorno prima per il pranzo e quindi non siamo neanche potuti andare via per il weekend. Come!? A parte il fatto che finora loro non hanno mai concepito il concetto di “weekend”, quando cavolo pensavano di informarsi/prenotare per Ferragosto? La mattina stessa del 15, visto che fino a giovedì sera non mi hanno detto nulla? Perchè, sì, certo si poteva andare da qualche parte. In Costa Azzurra (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), nelle Cinque Terre (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), a Venezia (al 15 d’Agosto, senza prenotazione?), da qualche parte in Francia (non mi ispirava) o al massimo in Germania.

E così, l’idea di organizzare per questo w-end, per domani (beh, in realtà.. oggi!), visto che per colpa mia non si era potuto fare nulla a Ferragosto e che per colpa mia ci siamo mangiati i tre giorni del ponte. E tra le alterntive possibili, mi sono impuntato per Monaco.

Ovviamente, come era prevedibile, dopo questo discorso (a volte senza alcun senso logico) di sabato, non se ne è più parlato. Fino ad oggi, quando si sono arrabbiati perchè stavo uscendo per andare a pranzo con una collega di lavoro, prima di andare a lavoro.

Il problema, a parte il fatto che perdevo tempo che potevo dedicare a studiare per il test e a parte il fatto che non ha alcun senso logico andare a pranzo da una collega, è che così non potevano prenotare l’albergo per Monaco. E mi sono arrabbiato, perchè non mi han detto nulla per una settimana e saltano fuori all’ultimo a dirmelo, senza avere, ancora una volta, prenotato per tempo? E poi, di lite in lite, me ne sono uscito di casa sbattendo la porta e con una delle mie solite frasi ad effetto: “Mi state facendo pentire di essermi iscritto al test!”.

Poi, ovviamente, sono stato a lavoro e sono tornato a casa ora. E ovviamente non ho saputo più nulla.

Quindi controllo le mai, scrivo questo post sconclusionato (son stanco), recupero tutto il necessario da mettere nella la tech-bag che si potrebbe partire veramente (e iPod e DS sono fondamentali per isolarmi da loro durante il viaggio), ricarico le batterie della macchina fotografica e mi preparo psicologicamente alla possibile sveglia all’alba.

Stay tuned (on my Twitter)..

(Happy) ending?

E’ finita.
O meglio, è finito.
E’ finito il muoversi senza senso delle mie viscere, contorte in una tremenda indecisione, ancora una volta, sulla mossa giusta da fare nella complicata scacchiera della mia vita.
La decisione di fondo c’era. Da un po’. Ma c’era da fare il difficile passo di dichiare la mia sconfitta nei confronti dei sogni e delle aspettative che altri avevano in me. E il difficile era affrontare questi altri. Trovare il modo di dire tutto, con calma, senza scene da soap opera di bassa lega o pianti isterici. Trovare il modo di evitare il litigio, unica nostra forma di comunicazione accettata da un po’ di tempo a questa parte.
E tra una storia e l’altra, proprio con un litigio, è saltato fuori tutto. Dopo la provocazione (non accolta) del “ti tagliamo i viveri”, a cui d’istinto volevo reagire salendo di sopra, prendendo il bollettino per pagare la retta e strapparlo, con un gesto plateale urlando “e allora iniziamo a tagliare questo”. Ma non so come, sono riuscito a trattenermi.
Oggi invece.. tutto, bene o male, per un’uscita non comunicata di mezz’ora. Per un semaforo rosso di troppo, sono arrivato a casa dopo di loro. Tragedia. Perchè ecco, io sono sempre in giro, me ne frego dei miei doveri, e di qui e di là. Ovviamente cominicato al telefono, mentre ero a 500m in linea d’aria dal cancello di casa. Secca la mia non risposta: tastino rosso sul cell. Altre 3 chiamate, dirottate direttamente alla segreteria. Lascio fuori la macchina, consapevole di dover uscire dopo. Entro in casa. Litigio. Col papi, in realtà.
Che si è trasformato, non so come, in un pianto. Perchè, di questa vita, su libri lontani anni luci dal mio io attuale, non ce la faccio più. Mi chiede se ho progetti, li espongo, lui non si sbilancia.
Ma tanto c’è l’altra genitrice dietro la porta ad origliare e che entra di getto nella pacifica discussione urlando e sbraitando. Perchè io devo finire, perchè ce l’hanno fatta cani e asini ed è impossibile che io non ce la faccia. E che lei, che non mi ha mai aiutato nello studio in vita mia, ha deciso che è ora che inizi a farlo. Continuano le discussioni. Dimostrando un selfcontrol che credevo di non avere. Mentre dall’altra parte erano quasi solo urla.
Poi, non ricordo come, fino primo round. Attivo msn, non avendo il cell temporaneamente usabile, per organizzare la serata, che credevo fosse abbastanza già organizzata.
Ma prima di riuscire a chattare qualcosa, ritorna la leonessa con il round 2. Un suo lunghissimo monologo, in cui mi era stato vietato rispondere. Perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Il monologo dura un’oretta circa. Finalmente finisce. Inizio a controbattere. E vengo interrotto. Perchè ha da obiettare. Tento di far presente il perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Ma dice che comunque non vale: io figlio, lei madre. E se ne frega, di quello che dico. Perchè sono io che ho sensazioni sbagliate, sono io che sbaglio questo, sono io che sbaglio quello. Grazie mille.
E poi inizia la discussione sull’uscire la sera. Perchè sono stato fuori un sacco di volte in settimana. E’ vero. Errore mio. Ma solo per evitare che il cervello andasse in loop logorandosi sullo stesso dubbio almetico, 24h su 24h. Un dubbio che mi ha fatto addormentare ancora più faticosamente del solito. Il dubbio che mi teneva sveglio, anche dopo essere tornato a casa tardi, aver tentato di dormire per ore, la visione di qualche telefilm, possibilmente soporifero. Nulla ha funzionato. E poi, quando finalmente mi addormentavo, era già ora di svegliarsi. Cosa che non succedeva. E portava ad ulteriori litigate, perchè ormai prendo la notte per il giorno.
Ma vabbè. Alla fine, saltano fuori delle sue amicizie. Qualche professore in licei artistici, che forse mi sanno dare qualche consiglio. Ma queste amicizie saltano fuori solo ora, dopo 4 anni?
Alla fine chiedono se voglio mangiare qualcosa, ma rispondo di no. E se ne vanno su a mangiare, mentre tento di prepararmi e mettere in moto la macchina organizzativa per la serata.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando che – gira e rigira – la sera prima mi sono sentito un po’ messo da parte, venendo a conoscenza del progetto ritiro mostra + aperitivo (rivelatosi poi lunghissimo) a giochi quasi fatti. Perchè potevo autoinvitarmi e fare il quarto. Ma c’era il dubbio dell’occupazione dei pannelli della mostra, che magari necessitavano di occupare proprio il posto del quarto passeggero. E non volevo creare casini del “vado io, no vai tu” al trio che si era già organizzato, a modo suo.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando, egoisticamente, che così non avrei pensato ai miei casini, impegnato a consolare altri.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Senza considerare più di tanto la pizzata di classe e un’invito. A cui, sinceramente parlando, non mi convinceva troppo. Per l’odio e il terrore (reciproco) tra me e i bambini, per l’andare a casa di “altri” che non conoscevo (indipendentemente dalle attenuanti di parentela che questi “altri” avevano). E comunque confidando che in ogni caso ci saremmo visti il giorno successivi, cenando insieme con amici, in una casa favolosa e passando una bella serata, che poteva anche finire presto, per far spazio alle calde copertine Ikea©.
Ed è così che oggi, oltre ai disastri con i miei, è venuto a mancare il pilastro di cuori rossi a cui appoggiarmi, con cui sfogarmi e da stringere forte facendolo mio. E così ho passato tutta la serata tendenzialmente annoiandomi, ubriacandomi di acqua frizzante e di coca-cola, intossicandomi di fumo passivo, mentre ero trascinato a forza dello scorrere delle carte e del tempo verso un tristissimo player-out. Bloccato dal terrore di fondo di aver perso per sempre quel pilastro.
Pensando che se dovesse veramente mancare quel pilastro, io crollerei a terra. E non so se riuscirei ad alzarmi. Non ora, non in queste condizioni.