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Un’altra lettera del Rettore

Cara Allieva, Caro Allievo,

In questi ultimi due anni stiamo assistendo a una campagna denigratoria, sempre più intensa e aggressiva, nei riguardi dell’Università italiana e di tutti coloro che onestamente vi operano.

E’ una campagna che rischia di demotivare profondamente tutti noi e soprattutto quei giovani che vi sono entrati da poco o che desiderano entrarvi.

E’ una campagna che può indurre legittimi dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.

Spesso le persone che incontro mi chiedono se è reale il quadro che viene rappresentato dai molti interventi riportati dai media, oppure se stiamo assistendo, forse senza rendercene conto, a un attacco teso a sfiduciare le università statali.

Appare legittimo il dubbio che vi sia il desiderio di sostituire l’ università pubblica con un sistema privato, devastando le aspettative di più di un milione e mezzo di famiglie italiane.

Noi, che  siamo allo stesso tempo insegnanti e ricercatori, ci sentiamo profondamente offesi perché ci si vuole delegittimare proprio di fronte alla comunità che abbiamo scelto di servire col nostro lavoro e con i nostri sacrifici.

Questi tentativi di delegittimazione fanno male a tutti noi che crediamo nell’università, che vi lavoriamo per formare e per traghettare Voi giovani dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, per fare ricerca e servire il nostro Paese in cui ancora crediamo.  Ci fanno perdere l’entusiasmo, ci spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano dalla voglia di operare in un servizio che abbiamo scelto e in cui ancora crediamo. Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti, faremmo il gioco di chi ci vuole distruggere privandoci di quella libertà che, sola, permette di fare ricerca e insegnare a Voi giovani.

In questi giorni si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti,  di rivendicazioni  da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali  si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il  più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani.

Le aspettative di carriera dei più giovani sono deluse. Da più di tre anni non sono banditi concorsi per passare da ricercatore a professore associato e da associato a professore ordinario e non si può ragionevolmente prevedere il numero di anni che dovranno ancora passare prima che questi concorsi vengano banditi. Per non invecchiare senza speranza molti giovani valenti stanno vincendo concorsi per  posizioni di professore in università straniere e coloro che vanno via non sono sostituiti da  colleghi stranieri che desiderino venire a lavorare in Italia.

Ci viene impedito di fare ricerca con colleghi stranieri anche se riusciamo a farci finanziare da enti pubblici o privati perché un nuovo dispositivo legislativo prescrive di spendere in missioni di lavoro meno della metà di quanto speso nel 2009.

Ci viene impedito di  continuare a offrire una formazione finora apprezzata dal mondo del lavoro perché un recente decreto ministeriale impone una riduzione di insegnamenti e corsi di laurea, indipendentemente dal numero di allievi iscritti. Forse il nostro Ateneo sarà costretto a ridurre le immatricolazioni oppure a chiudere attività didattiche che fino ad oggi hanno soddisfatto le esigenze dei territori in cui il Politecnico è presente.

Ci viene proposto un Disegno di Legge che, seppur necessario, presenta alcuni punti critici:

–         l’imposizione di forme di governo dell’Ateneo molto diverse da quelle da noi  adottate nell’ultimo decennio che ci hanno permesso di crescere nella reputazione internazionale

–         l’obbligo di assumere docenti provenienti da altre Università in un paese che fa di tutto per contrastare la mobilità a causa della carenza di servizi erogati

–         pesanti incertezze sul destino dei giovani ricercatori che lavorano con noi per la mancanza di una programmazione nella progressione delle loro carriere

–         scarsa attrattività della carriera accademica per le nuove generazioni poste di fronte a una serie di contratti a tempo determinato che aumenta il loro senso di precarietà.

L’approvazione di una legge che non tenga conto di queste criticità e di un programma pluriennale di finanziamento all’Università rischia di produrre una situazione anche peggiore dell’attuale.

Come si fa a gestire un Ateneo o a fare una programmazione adeguata quando ancora oggi non si conosce l’ammontare del finanziamento statale del Politecnico relativo all’anno 2010?

Questa lettera nasce proprio dal desiderio di condividere con Voi questi sentimenti,  di chiedere la vostra comprensione, di cercare la vostra solidarietà.

Tutti noi del Politecnico vogliamo continuare la missione che da quasi 150 anni ci è stata affidata,  ma non possiamo  essere lasciati soli in balia di chi sta usando una falciatrice per fare di tutta l’erba un fascio, incurante di tagliare in un solo passaggio l’erba secca, quella verde e i fiori già cresciuti.

E’ proprio la capacità di distinguere il grano buono dalla gramigna che, insieme a Voi, indipendentemente da ogni fede politica,  vorremmo chiedere a questo nostro Paese. Vogliamo che non sia distrutto quanto di buono abbiamo, chiediamo con forza che si investa anche su quanto c’è di buono per renderlo ancora migliore.

Probabilmente molti di Voi si stanno ponendo un certo numero di interrogativi quali ad esempio: Cos’è l’autonomia dell’università? Le università sono tutte uguali? Chi sostiene economicamente le università? Perché i docenti fanno ricerca? Quali sono i doveri che la legge impone ai docenti universitari? Come si recluta un docente universitario? La ricerca italiana è così di basso livello come viene dipinta? E’ vero che le nostre università sono molto indietro nelle classifiche internazionali? I baroni esistono ancora? Il cosiddetto 3+2 è una iattura? Cosa vuol dire titolo legale?

A queste e ad altre domande, che potrete propormi scrivendo a comunicazione@polimi.it, sarà data una risposta sul sito Polimi nelle prossime settimane.

Cordiali saluti

Giulio Ballio

Ci sono ma non ci sono

È un periodo un po’ così.

Online ci sono, ma non sempre.

Preferisco le forme di comunicazione più veloci che non prendere ad aggiornare il blog, almeno per il momento.

L’uni è ri-iniziata e, cavolo Type Design e il Laboratorio di Progetto della Comunicazione Visiva sono da wowowowowow.

E dopo la modellazione e l’animazione in maya, le esperienze con un’amica alle prese con videocamera, after e final, dopo queste prime lezioni, inizio a non sapere più cosa voler fare da grande.

Poi, ci si mette la rete e le sue dinamiche e un gruppo eterogeneo di ottime persone, ognuna assolutamente competente nel suo campo.

E ci sono tante, troppe materie che mi interessano e mi entusiasmo. Ma il tempo per approfondire ognuna di esse non c’è.

Nel frattempo, lasciavi scappare una lacrimuccia con il corto qua sopra,
un progetto scolastico realizzato da Ian Worrel (vimeo, blog)

Voti

Non so se essere più arrabbiato per il 26 nell’esame di Flash, che credevo di aver fatto praticamente perfetto e senza problemi, o stranito per il 28 di Tecnologie e strutture, che credevo di aver fatto male, quasi da schifo.

Chissà a questo punto quello di rendering, con domande ai limiti dell’assurdo…

E alla fine, 2.8.6

Oggi giornata di tavole, tavole, tavole, tavole e ancora tavole.

Poi tavole, tavole, tavole e tavole.

Nel frattempo, il blog aveva qualche piccolo problema di connettività. Né wordpress ne voleva sapere di auto-aggiornarsi, sbattendomi addirittura fuori dalla configurazione e negandomi ogni acesso.

Ma alla fine, il buon vecchio metodo via ftp ha funzionato.

Ringraziando, as usual, la mia (sempre più adorata) wp-salvatrice.

Oggi, ieri. Un 10.11.09 qualsiasi.

Oggi, che poi è già ieri.

Nottata sveglio a far tavole.

Ore di attesa per una prima revisione assolutamente demoralizzante.

Altre ore e ore e ore e ore (fino alle 20.00) di attesa per una seconda revisione. Più utile, meno demoralizzante ma ugualmente portatrice di altro lavoro.

Un bidello che mi si avvicina e mi apostrofa con un “ma è lei il professore?”.

Un consorte che arriva in Bovisa Beach giusto quando stavo uscendo dall’edificio giallo e via di corsa verso un aperitivo, arrivando ovviamente in ritardo.

Aperitivo passato decisamente troppo in fretta. Discorsi iniziati, persi, incrociati, mai finiti. Con due personcine che più le vedo, più le apprezzo, più sento che mi ci sto affezionando, pure. E una terza è sulla buona strada.

Poi il ritorno. Il disco di Adele, di sottofondo, scoperta grazie allo Stef tempo fa. Conciliante. Per il sonno. E di fatti…

E poi l’arrivo a casa.

Pigiama, online per scrivere queste insulse quattro righe.

E poi il calduccio delle coperte, prolungabile a lungo: domani, in uni, si va solo al pomeriggio.

Oggi: acquisti

Una stancante giornata a Milano.

Due diversi compagni di shopping.

Un po’ con fini universitari, molti negozi visti, tante strisciate fatte (anche al McDonald’s, ovviamente), molte strisciate volute ma non portate a buon fine.

IMG_0142Nell’ordine:

  • Japanise Graphics Now! ed. Taschen
  • Carcassonne, Abbazzie e Borgomastri. Se non sapete cos’è Carcassonne, vergognatevi. Correte alla più vicina ludoteca con un gruppo di amici e scopriterlo
  • Happy Birthday carillon con lcd da cancellare e candelina incorporata
  • e infine lei, la Lumaca trainabile (amore a priva vista) che sarà oggetto di rimodellazione e animazione 3D nel Laboratorio di Computer Grafica

Manca poco (alla fine)

Ok.

Parlato col capo.

Domani darò le mie dimissioni, in modo da potermi dedicare principalmente all’uni.

Ci sono un paio di questioni da risolvere e non mi è piaciuto per nulla il suo approccio alla “mi dici qual’è il tuo ultimo giorno lavorativo e facciamo finta di nulla per il preavviso, che tanto per te, a livello economico, cambia ben poco, cosa vuoi che siano 100euro!”. Uhm. Sì, certo, come no.

In compenso, vuole che tra due anni, finita l’università, torni da loro.

Vedremo. Ma spero proprio di riuscire a cavarmela per conto mio.

Chissà, tra due anni, come e dove sarò.

Scelte e cambiamenti

Credo di essere arrivato al punto di non ritorno.

Sono giorni che continuo a pensarci e per quanto forse illogico e irrazionale sto seriamente pensando di dare luogo ad un grosso cambiamento.

È che lì in ufficio ogni giorno è sempre più pesane. Routine, sempre le stesse cose, mai nulla di nuovo lavorativamente parlando. Sempre quelle 72 pagine da impaginare, sempre uguali, poi controlla le pubblicità e poi spedisci e poi fai i controlli. Nulla di nuovo da imparare, nessuna nuova esperienza da fare, nessuna nuova sfida da affrontare.

Solo tanta bile da gestire e dal punto di vista umano, beh, forse ho già speso troppe (brutte parole).

Poi sta riiniziando l’uni. E da una parta mi sta venendo un po’ meno la voglia (o forse la forza di) impazzire come l’anno scorso nelle consegne, né voglio finire a saltare esami o rovinarmi la media. Sono un maledetto perfettino in queste cose, per quanto mi sia sempre ripetuto che massì, mi accontento anche di un 18, l’importante è laurearsi.

Invece no. Mi sono accorto che il bello del mio corso di laurea è stare con gli altri, lavorare insieme, studiare ed approfondire, tutte cose precluse dalle mie 32 ore in office.

Già si preannuncia un corso che non potrò mai seguire (sarebbe sociologia con approfondimenti sulla comunicazione e sui media e mi attira molto!), oltre ai due laboratori che prevederanno lavori di gruppo.

E così, se da una parte non ho praticamente motivi o incentivi per rimanere (se non economici), dall’altra ho un po’ di motivi per andarmene, non ultimo un po’ di ritrovata serenità, che soprattutto in questi ultimi giorni mi manca. E se ne sono accorti chi mi sta vicino e quel paio di colleghi lì dentro a cui tengo.

Eppur con la serenità non si va da nessuna parte, né si campa.

Ed è sul campare che la mia razionalità per un momento riaffora. Ci sarebbe un piccolo progetto estemporaneo, uno a medio/lungo termine su cui punto tantissimo e uno quasi immediato, dalla buona rendita, ma dalla durata/sostenibilità ignota.

Boh.

Devo pensarci.

E parlarne con qualcuno…