Serata interessante. Alla fine, anche le ultime persone che ci tenevo mi facessero gli auguri, me li hanno fatti. Con qualche giorno di ritardo, ma me li hanno fatti. E sono contento.
Poi, dopo questa sera. Si sapeva che era una serata tiramisù fatto apposta per me. Ma il trovare anche altri 2 amici e le 23 candeline messe sulla torta. Disposte perfettamente in 3 file da 5 intervallate da 2 file da 4. Il buio, il bagliore della fiamma. Era tanto che non lo facevo. Era tanto che, sperando di non fare figuracce lasciando qualche candelina accesa, tentavo di esprimere un desiderio. Che al momento, non ricordo neanche qualche è stato. Sempre che l’abbia espresso nella foga del momento, sentendomi un bambinetto più del solito.
Io, ormai, di desideri non credo di averne così tanti. Sì, ci sono sempre i soliti, tristi e banali. Come ad esempio un conto in banca con una vita propria e aumenta sempre di più. O il mega villone a due piani, su una dolce collina, con entrata dal piano superiore e piscina sul terrazzo.
Ma non mi interessa. Non mi interessano più lcd, computer, playstation, supertelefono. Sì, ok, è vero. Si può obiettare: sono di parte. Ho un iPhone e ho un MacBook Pro relativamente appena preso. Ovvia che non ne abbia bisogno. Ma prima non ero così. Ma ora tutte queste cose non mi interessano. E rileggendo la wish-list mi faccio tenerezza da solo. Davvero ho bisogno di quelle cose, per la maggior parte inutili? Passino i pupazzetti di Tokidoki. Ma tutto il resto?
E che io, mi sento pieno. Soddisfatto. Appagato.
Non voglio dirlo troppo forte, perchè si sa che le gufate in questi campi funzionano sempre. Ma sto bene. Ho messo una sbarra sopra una strada sbagliata che mi stava portando chissà dove. E sto iniziando, passo dopo passo, a tracciare un cammino fatto a mia misura. Un paio di traguardi importanti in questo periodo li ho raggiunti. E, in ogni caso, in questo cammino, non mi sento solo.
Perchè c’è chi, camminando lungo la sua via, mi ha incontrato. E le strade si sono intrecciate. E queste strade intrecciate mi riempono. Mi fanno star bene. Non mi fanno sentire la futile necessità di altro.
Non posso sapere dove mi porterà la mia strada. Ma so che ora e adesso sono dove vorrei essere. Ed è già un gran bel passo avanti.
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Obvious
Ieri sera avevo chiesto un favore. Giusto per non fare una magra figura al mio primo colloquio di lavoro. Alcune cose da stampare. Dopo ore per contattare qualcuno, ho avuto un riscontro positivo. Sì sì, ti stampo tutto io. E ci vediamo domani mattina. Passo presto che così andiamo anche colazione insieme.
Il finale?
Colloquio fatto. Ma niente colazione. E non ho ancora visto nulla di quel che mi serviva stampato. Ne ho letto alcun messaggio o ricevuto, per sbaglio, una chiamata. Da questa persona.
Non lo so.
Forse sono io quello che pretende un po’ troppo dall’amicizia.
Ma oggi ci sono sinceramente rimasto (un po’) male.
La prima volta
Oggi è stata la prima volta. La mia prima volta. Il mio primo colloquio di lavoro. Una società legata da un famoso gruppo editoriale. Che mi ha contattato dopo aver visto il “mio” freepress. E stanno cercando personale, anche per nuove iniziative editoriali che dovrebbero partire a breve.
Il colloquio in sè sembra andato bene. Attendo entro fine settimana una chiamata per fissare la data di un secondo colloquio con anche i grandi capi. Se va tutto bene periodo di prova. Se va tutto bene assunzione.
Se mi assumeranno, bisognerà rivedere alcuni progetti per il futuro. In primis il test per Arte&Messaggio o per design. Perchè non ci sarà tempo per farlo. O il trovare qualche sistemazione, perchè fare tutti i giorni avanti e indietro in macchina (visto gli orari assurdi…).
Se faccio solo il periodo di prova, sarà comunque una delle prime righe sul mio curriculum. E non creda che faccia mai male.
Se invece non mi chiamano per il secondo colloquio/periodo di prova, pazienza. La mia ancora di salvezza, più o meno c’è. Molto aleatoria, al momento. Ma è sempre meglio di nulla. E in ogni caso, ora so che, a dispetto delle mie più funeste previsioni, ad un colloquio me la so cavare.
Presunzione.
Per la prima volta, in me stesso.
Da Trieste in giù
tanti auguri a me,
tanti auguri a me,
tanti auguri a me!
Anche se quest’anno, non ho voglia di feste, festeggiamenti, di impazzire per tentare di realizzare la festa del secolo che poi diventa una delusione tremenda, per tutti.
E volendo, la festa del secolo, a Bergamo, era pure bella e organizzata, complice la vicinanza col carnevale. Ma si sa, io mi ammalo a carnevale e al mio compleanno.
E qualcuno, del mio compleanno, se ne dimentica sempre, tutti anni. Ed è una cosa triste, molto triste. Perchè a questa qualcuno ci tengo.
Tradizioni (da perdere)
È ormai tradizione che a febbraio, in concomitanza col carnevale o con il mio compleanno, io mi ammali.
E, quest’anno, i due eventi sono particolarmente ravvicinanti.
Quindi la malattia, quest’anno, è praticamente obbligatoria.
E di fatti, al momento, ho una brutta tosse. Più raffreddore. Più febbre. E più mal di denti. E quest’ultimo, per la prima volta nella mia vita.
Un Mac e una PC
Siamo arrivati quasi alla fine. È il Super Tuesday, il giorno defitivo per le primarie elettorali. E lo sto seguendo grazie ad una partnersip tra google e twitter che ha prodotto questo. Molto molto interessante vedere fino a dove le nuove tecnologie si possono spingere, riunendo online informazioni e sensazioni e pensieri con velocità e precisione, lontani dai canoni della carta stampata e delle sue estensioni online.
Ma, senza considerare neanche lontanamente i candidati repubblicani, come non parlare almeno una volta di Hilary e di Obama?
Ma non parlando di loro direttamente. Ma di come compaiono al popolo di internet. E riportando la definizione data loro dal New York Times (e se volete, tradotta in qualche modo dal Corriere.it):
On one thing, the experts seem to agree. The differences between hillaryclinton.com and barackobama.com can be summed up this way: Barack Obama is a Mac, and Hillary Clinton is a PC.
That is, Mr. Obama’s site is more harmonious, with plenty of white space and a soft blue palette. Its task bar is reminiscent of the one used at Apple’s iTunes site. It signals in myriad ways that it was designed with a younger, more tech-savvy audience in mind — using branding techniques similar to the ones that have made the iPod so popular.
“With Obama’s site, all the features and elements are seamlessly integrated, just like the experience of using a program on a Macintosh computer,” said Alice Twemlow, chairwoman of the M.F.A. program in design criticism at the School of Visual Arts (who is a Mac user).
It is designed, she said, even down to the playful logos that illustrate choices like, Volunteer or Register to Vote. She likened those touches to the elaborate, painstaking packaging Apple uses to woo its customers.
[…]
In contrast to barackobama.com, Mrs. Clinton’s site uses a more traditional color scheme of dark blue, has sharper lines dividing content and employs cookie-cutter icons next to its buttons for volunteering, and the like.
“Hillary’s is way more hectic, it’s got all these, what look like parody ads,” said Ms. Twemlow, who is not a citizen and cannot vote in the election.
Jason Santa Maria, creative director of Happy Cog Studios, which designs Web sites, detected a basic breach of netiquette. “Hillary’s text is all caps, like shouting,” he said. There are “many messages vying for attention,” he said, adding, “Candidates are building a brand and it should be consistent.”
But Emily Chang, the cofounder of Ideacodes, a Web designing and consulting firm, detected consistent messages, and summed them up: “His site is more youthful and hers more regal.”
Io, è inutile dirlo, preferisco il primo. Perchè adoro il blu, quei tratti bianchi sfumati, il bellissimo logo di sfondo (che è sempre nascosto dalla pagina), la disposizione armonica e ordinata dei contenuti, sapientemente racchiusi in eleganti menù. E il box strabordante di social link “Obama Everywhere”: Facebook, Myspace, Twitter, Linkedin, Flickr, YouTube, giusto per citare qualche social media conosciuto anche a noi italiani.
Mentre noi, al massimo, ci dobbiamo accontentare del Walter su twitter.
Brividi. E voglia di leggere.
Pensava spesso al suo suicidio. Ed altrettanto spesso ci provava. Ma di solito sbagliava sempre qualcosa: una dose, un luogo, un’ora, la quantità di coraggio al momento decisivo. Ogni volta che ci pensava e ogni volta che ci provava, era solita mettere un sasso in un sacco decorato che le aveva regalato suo padre, e lo conservava in un angolo della stanza. Quel sacco rappresentava il senso della sua vita. Quella che si era concessa.
Tentava il suicidio ogni dieci giorni. Tre volte in un mese. Trentasei volte l’anno. Da ormai sei anni. Aveva sbagliato duecentoquindici volte.
Quella sera i sassi sarebbero diventati duecentosedici. Un sacco pieno. Stracolmo. Tanto pieno che non ci sarebbe entrato neanche un altro sasso, un altro tentativo. Un’altra possibilità , altri dieci giorni. Fu così che se ne rese conto. Di se stessa, della vita, dei suoi tentati suicidi, di quello che fino ad allora aveva ignorato. E capì cosa avrebbe dovuto fare.
Si mise la giacca, varcò la soglia portando con sé il sacco. Lo spinse lungo le scale. Poi lo trascinò lungo il vialetto, fin verso la scogliera, quella che ogni giorno guardava dalla finestra. Respirò l’aspro profumo del mare, e poi, sicura di sé, lo lanciò verso il fondo.
-Ho sempre sbagliato tutto- pensò ad alta voce – ma dagli errori s’impara.-
La sua voce sfumò mentre il peso del sacco la portava sul fondo degli abissi.
Scritto da Manila Benedetto e incluso nella raccolta di brevi racconti “Rac-corti” a cura di Andrea Careri per LAB di Giulio Perrone Editore
Lei lo faceva per passione
e fu così che
Spesso gli sbirri e i carabinieri
al proprio dovere vengono meno
ma non quando sono in alta uniforme
e l’accompagnarono al primo treno
dopo “cortesi pressioni dell’Arma dei Carabinieri” divenne
Il cuore tenero non è una dote
di cui sian colmi i carabinieri
ma quella volta a prendere il treno
l’accompagnarono malvolentieri
Bocca di rose
Sto bene solo quando sono accanto a te. Quando sei lontano mi manchi. Ed è grave perchè, per un motivo o per un altro, alla fine riusciamo a vederci poco. Ma io, ultimamente, sto bene e sono felice solo con te accanto. E non chiedermi perchè, non chiedermi cosa mi succede. Perchè non lo so nemmeno io. Non chiedermi perchè ho pianto ascoltando il testo di quella canzone. E perchè mi sono intristito così.
Periodo di magra
Povero blog, lasciato a se stesso.
Eppur sto tentando di massacrarmi di lavoro. Non solo in redazione, ma anche con un paio di progettini che ci sono nell’aria. Giusto per tentare di risollevare il morale del conto in banca. Ma, a parte ciò, non succede assolutamente nulla di rilevante.
Se non una chiamata, oggi, in tardo pomeriggio, dall’ufficio. Mi hanno cercato, per tutto il giorno. Ma quella era la prima chiamata che ricevevo. Perchè c’era una cosa da fare, urgente. Ed era da fare entro mezzogiorno.
Siamo alle solite?