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It’s time

È online da qualche giorno, ma è già stato visto quasi 1.400.000 volte. E di queste, almeno 20 sono mie.

Si tratta di uno spot realizzato dalla fondazione GetUp! Action for Australia, che si descrive come an independent movement to build a progressive Australia and bring participation back into our democracy.

Non voglio spoilerare nulla, che il video è da vedere fino in fondo. È sereno, trasmette fiducia e speranza per il futuro. Ed è una di quelle campagne realizzate benissimo che qui da noi non vedremo mai.

10.16.11. nyc… (by Zachary Quinto)

when i found out that jamey rodemeyer killed himself – i felt deeply troubled.  but when i found out that jamey rodemeyer had made an it gets better video only months before taking his own life – i felt indescribable despair.  i also made an it gets better video last year – in the wake of the senseless and tragic gay teen suicides that were sweeping the nation at the time.  but in light of jamey’s death – it became clear to me in an instant that living a gay life without publicly acknowledging it – is simply not enough to make any significant contribution to the immense work that lies ahead on the road to complete equality.  our society needs to recognize the unstoppable momentum toward unequivocal civil equality for every gay lesbian bisexual and transgendered citizen of this country.  gay kids need to stop killing themselves because they are made to feel worthless by cruel and relentless bullying.  parents need to teach their children principles of respect and acceptance.  we are witnessing an enormous shift of collective consciousness throughout the world.  we are at the precipice of great transformation within our culture and government.  i believe in the power of intention to change the landscape of our society – and it is my intention to live an authentic life of compassion and integrity and action.  jamey rodemeyer’s life changed mine.  and while his death only makes me wish that i had done this sooner – i am eternally grateful to him for being the catalyst for change within me.  now i can only hope to serve as the same catalyst for even one other person in this world.  that – i believe – is all that we can ask of ourselves and of each other.

via Zachary Quinto

One step away

È un momento che non so definire. Troppe cose in ballo, troppe cose che non vanno, troppe cose che non riesco a gestire.

Azioni, non azioni, fatti ed errori che fanno solo male, non solo a me.

La paura di muoversi, di fare qualsiasi cosa, che tanto è sempre sbagliata.

Il rendersi conto che forse sto diventando sempre più freddo e distante, intrappolato in una realtà che sento sempre meno come mia.

Di nuovo la voglia di prendere e scappare. Ma dove?

back @ home

Che poi è strano ritornare, dopo aver vissuto giorni in pace e tranquillità dopo la tempesta di quella notte.

Dopo essermi sentito accolto e circondato da affetto e supporto.

E anche se alla fine mi ritrovavo a fissare di notte il soffitto e non riconoscerlo come mio, mi sentivo comunque tranquillo e al sicuro.

Solo che non si poteva continuare ad andare avanti così e bisognava prendere in mano la situazione per tentare di cambiarla.

E quindi la decisione impulsiva, la borsa fatta al volo, i saluti e i ringraziamenti.

E il rientro. Tutto esattamente come era stato lasciato. Sempre le solite cose non dette, i silenzi, l’incapacità di guardarsi negli occhi e parlare delle cose veramente importanti, non di università, lavoro, fatture, benzina, autostrada, telepass, fastweb.

Incapacità mia, ancora una volta, di affrontare il discorso. Incapacità loro (o non volontà) di farlo.

E quindi niente.

Riassumendo: sono a casa, ma ora sento nostalgia.

Triangolando per l’Italia

Che poi in questa epoca di social network in cui tutto è istant, va a finire che ci si dimentica del proprio blog e di scrivere qualcosa.

E così, dopo circa 10 giorni sono ritornato a casa, dopo una vacanza troppo breve per i miei gusti.

Prima tappa in quel di Torre del Lago dove un amico ci ha ospitati nella sua meravigliosa Laverda Ascot 480cs.

Alla fine, prima vera esperienza in campeggio. E devo dire che mi ci potrei abituare, soprattutto se vissuto così: la calma, la tranquillità, il prendersi i propri tempi.

Mare, di quelli belli, in una spiaggia non attrezzata. Sole, abbronzatura controllata, tramonti meravigliosi.

Serate disco, una sera sì e una no. Un po’ una delusione, pensando a chissà cosa. E invece erano “solo” famosi locali che d’estate rivolgono le casse alla strada e la gente balla lì.

Complimenti a chi gestiva i videomix del MamaMia, ma il dj allo Stupid!A era sempre ridicolo. Se non sai mixare le canzoni, bello mio, cambia mestiere. E lasciamo poi perdere la selezione musicale. Sempre sempre sempre sempre quelle. E manco quelle belle.

Mi son reso conto di provare veramente fastidio per una certa tipologia di astanti, per il loro modo di fare, di muoversi e di comportarsi. Eppure, non dovrebbe essere così, giusto?

Mi ha fatto impressione invece vedere la folla intera urlare e muoversi a ritmo mentre partiva una delle cosidette “sigle”. Ero abituato alle animazioni da villaggio turistico, ma così è troppo, veramente. In compenso ho scoperto dell’esistenza di Redefinition degli Infernal, che è spettacolare.

E poi, quel senso di ansia, oppressione e soffocamento provato l’ultima sera. Ma eravamo pur sempre in una discoteca all’aperto, no?

Il ritrovarsi con una (web)amica di Milano, passare con lei (+ ragazzo) un paio di pomeriggi in spiaggia di calma e relax. E poi la cena, con un altro famoso internettiano. Di quelle cose che ti fanno bene e piacere, insomma.

E alla fine, una settimana di mare e relax e divertimento è corta, cortissima.

Continuo a provare odio per Trenitalia, il suo sito, sistema di prenotazione, visualizzazione di prezzi e orari, ai frecciargento che fanno 20 minuti di ritardo su 2 ore di viaggio, ai treni carrobestiame, a come non riescano MAI a spiegare agli stranieri come funzionano gli InterRail, ai posti prenotati e ovviamente occupati.

Poi si arriva a Padova, ci si ricorda dell’ottima ospitalità e di quanto è piacevole passare il tempo con certi amici.

La trasferta a Treviso di domenica, la tortura del dover preparare quella macedonia (Simone, ricordatelo: mai più, mai più), altri amici, altri ricordi. Un pranzo, le chiacchere, la solita pesca, la cena, la stanchezza.

E il ritorno nella triste milano, la corsa per la coincidenza, l’esser chiuso fuori di casa perché qualcuno è partito (peccato per la litigata per lasciare a casa le chiavi che, insomma, se me le rubano poi ci entrano in casa) e il rimediar piacevolmente a casa di qualcun altro.

Una giornata strana, di quelle che vorrei si ripetessero presto e possano diventare routine di vita futura.

E siamo a tre

Oggi è successo un’altra volta, per la precisione la terza (o la quarta?) nel giro di 2 anni.

Eventi troppo sporadici e comunque collegati ad una brutta situazione esterna per preoccuparsi? Forse sì.

Eppure mi son reso conto che, in scala minore, mi stanno succedendo un bel po’ di volte, anche quando non sono così arrabbiato, deluso, preoccupato.

E forse, si tratta solo di trovare coraggio e il tempo per affrontare di petto la situazione e capire se c’è qualcosa che non va o se sono solo infondate paranoie.