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Così ci vediamo per parlare un po’

Sinceramente non capisco per quale motivo chiedermi di vederci per parlare un po’ e poi sparire di nuovo, sapendo comunque del tuo viaggio in Sardegna.

Non capisco il perché di questo allontanamento e di questo poco interesse, così come quella sensazione che traspariva dalle tue parole, come se fossi io il problema, quello incapace di comprendere la situazione stavi vivendo.
Invece, la comprendo benissimo, avendola vissuta anche sulla mia peelle, e ho tentato – magari sbagliando perché invece avevo bisogno di altro – di lasciarti i tuoi spazi, non rompere o impormi più di tanto, ma non riesco a comprendere come tu ti sia totalmente dimentico di aggiornarmi per tempo sui programmi in corso per ferragosto, come non ti sia reso conto di quanto sia stato veramente poco carino solo a quel punto invitarmi, come un ripiego, o ancora dimenticarsi totalmente di farsi sentire a fine di quella giornata lavorativa lì, mentre preoccupato attendevo un tuo cenno di vita. Comprendo la presenza ingombrante di altri pensieri, ma quindi: c’è dello spazio per me?

Quello di cui a questo punto sono certo è quanto io sia stato cretino a pagare di più per una camera doppia non usandola, visto che non hai mai avuto il coraggio di dirmi che non saresti mai passato a dormire. O a tutte le opzioni di cambio dei voli del matrimonio che avevi comprato sperando di poter trovare il modo di triangolare tra lavoro e logistica varia Milano-Sardegna-Sicilia.

Capisco anche che a questo punto, che senso ha parlare?

Sogni di oggi, traguardi di domani

La domenica è sempre così: anziché fare una delle n-mila cose che devi fare, ti ritrovi a perderti tra pensieri e sogni.

Pensi a quando finalmente potrai considerare concluso il capitolo universitario in quel di Bovisa, pensi alle cose da fare vedere dire in quei meritati 10 giorni giorni di riposo in quel di Londra in ottima compagnia, pensi a quel progetto di vita a medio-infinito termine che coincide col convincere una banca a darti un mutuo per la nostra casa.

E il problema è che sogni oggi e vorresti che fosse già luglio, agosto o quella data fatidica che sembra tendere all’infinito. Ti immagini i dettagli del tuo book, l’ansia per il file della presentazione che chissà se si aprirà senza problemi, a chi potresti trovare in commissione; ti immagini annotare su quella Moleskine City Book dettagli, percorsi, cose viste, ti immagini rispolverare la reflex e la gioia, l’allegria, le risate; ti immagini soluzioni d’arredo, le feste in giardino con amici e colleghi, le sere d’inverno sul divano condividendo la coperta guardando tv o obbligandolo a giocare a qualcosa.

Il fatto è che sogni oggi il tuo domani, ma inizi subito a perderti in situazioni, problemi e difficoltà che sicuramente salteranno fuori e renderanno tutto più complicato, quasi impossibile. E ci rimani male.

Periodi

È un periodo di corse, di fare tardi a lavoro, di esser (quasi) sempre in giro, di ansia per la tesi.

È un periodo di quelli che come metto piede in camera puff, dormo (beh, circa, quasi).

È un periodo che ho ridotto l’indice di lamentosità e mi sento contento. Son contento di me, di noi, degli amici, dei nuovi colleghi, di quel che faccio.

E di più non dico, che so che poi mi porto sfiga. Ma almeno un teaser volevo farlo. Grazie a tutti.

E tu, passate bene le feste?

È la domanda più banale di questo periodo.

E la risposta da dare in realtà non è così semplice e scontata. Perché d’istinto dovrebbe essere un “sì, tutto bene”: alla fine ci sono state le belle giornate in famiglia (sia con la mia che con quella acquisita), la felicità per il nipotino appena nato, il relax di una giornata in montagna tra camino, partite interminabili (per colpa della mia regola speciale, tra l’altro) ad Uno, mini-battaglie a palle di neve, l’aver passato il capodanno in quella casa di Bergamo che ha sempre il potere di farmi sentire bene, rilassato, tra amici.

E poi ci siamo quasi con la tesi. La deadline per la consegna della parte progettuale si avvicina inesorabilmente e sono anche abbastanza soddisfatto del lavoro di gruppo che stiamo facendo. Un’interessante novità a livello lavorativo che si spera continui bene così come è cominciata.

Però arrivano i però. Perché in queste giornata non ci sono stati giorni di riposo, di dormite colossali, di dolce far nulla. Sempre a correre in giro da un cliente o da un altro, tra macchina, benzina, passante, metro. Fatture da emettere, pagamenti da ri-richiedere anche se continua ad esserci chi fa orecchie da mercante, giornate passate davanti al computer. L’avere praticamente solo 3 giorni di vacanza (25, 31, 6) e aver comunque lavorato anche gli altri giorni.

E quindi, sì: potrei rispondere un “sì, tutto bene”. Ma aggiungerei anche un “ma mi sento più stanco di due settimane fa”.

Triangolando per l’Italia

Che poi in questa epoca di social network in cui tutto è istant, va a finire che ci si dimentica del proprio blog e di scrivere qualcosa.

E così, dopo circa 10 giorni sono ritornato a casa, dopo una vacanza troppo breve per i miei gusti.

Prima tappa in quel di Torre del Lago dove un amico ci ha ospitati nella sua meravigliosa Laverda Ascot 480cs.

Alla fine, prima vera esperienza in campeggio. E devo dire che mi ci potrei abituare, soprattutto se vissuto così: la calma, la tranquillità, il prendersi i propri tempi.

Mare, di quelli belli, in una spiaggia non attrezzata. Sole, abbronzatura controllata, tramonti meravigliosi.

Serate disco, una sera sì e una no. Un po’ una delusione, pensando a chissà cosa. E invece erano “solo” famosi locali che d’estate rivolgono le casse alla strada e la gente balla lì.

Complimenti a chi gestiva i videomix del MamaMia, ma il dj allo Stupid!A era sempre ridicolo. Se non sai mixare le canzoni, bello mio, cambia mestiere. E lasciamo poi perdere la selezione musicale. Sempre sempre sempre sempre quelle. E manco quelle belle.

Mi son reso conto di provare veramente fastidio per una certa tipologia di astanti, per il loro modo di fare, di muoversi e di comportarsi. Eppure, non dovrebbe essere così, giusto?

Mi ha fatto impressione invece vedere la folla intera urlare e muoversi a ritmo mentre partiva una delle cosidette “sigle”. Ero abituato alle animazioni da villaggio turistico, ma così è troppo, veramente. In compenso ho scoperto dell’esistenza di Redefinition degli Infernal, che è spettacolare.

E poi, quel senso di ansia, oppressione e soffocamento provato l’ultima sera. Ma eravamo pur sempre in una discoteca all’aperto, no?

Il ritrovarsi con una (web)amica di Milano, passare con lei (+ ragazzo) un paio di pomeriggi in spiaggia di calma e relax. E poi la cena, con un altro famoso internettiano. Di quelle cose che ti fanno bene e piacere, insomma.

E alla fine, una settimana di mare e relax e divertimento è corta, cortissima.

Continuo a provare odio per Trenitalia, il suo sito, sistema di prenotazione, visualizzazione di prezzi e orari, ai frecciargento che fanno 20 minuti di ritardo su 2 ore di viaggio, ai treni carrobestiame, a come non riescano MAI a spiegare agli stranieri come funzionano gli InterRail, ai posti prenotati e ovviamente occupati.

Poi si arriva a Padova, ci si ricorda dell’ottima ospitalità e di quanto è piacevole passare il tempo con certi amici.

La trasferta a Treviso di domenica, la tortura del dover preparare quella macedonia (Simone, ricordatelo: mai più, mai più), altri amici, altri ricordi. Un pranzo, le chiacchere, la solita pesca, la cena, la stanchezza.

E il ritorno nella triste milano, la corsa per la coincidenza, l’esser chiuso fuori di casa perché qualcuno è partito (peccato per la litigata per lasciare a casa le chiavi che, insomma, se me le rubano poi ci entrano in casa) e il rimediar piacevolmente a casa di qualcun altro.

Una giornata strana, di quelle che vorrei si ripetessero presto e possano diventare routine di vita futura.

Nel frattempo

E niente… settimana piena, piena, pienissima.

Solo lavoro, solo lavoro (e venerdì sono arrivato a casa alle 23, dopo essere uscito di casa alle 7:30, ringraziando la neve. Un riunione saltata causa altro lavoro, la consegna di una prima pubblicità per iPad andata un po’ troppo per le lunghe, visto che abbiamo finito alle 21.15. Poi il rimanere bloccati nel cortile dell’ufficio, causa cancello automatico rotto. E, infine, il ritornare a casa alle 23 dopo una pausa Mc visto che non ce la facevo più per i crampi allo stomaco).

La prossima settimana, forse sarà ancora peggio, ma per lo meno domani dovrebbe arrivarmi un iPad, che tecnicamente mi serve per lavoro.

Oggi tutta la giornata in giro con amici (al GameShow ad Assago: nulla nulla nulla di che, ma giornata decisamente piacevole) e con il B. Una visita veloce all’amica che se ne scapperà per un anno in Australia e la decisione delle tariffe.

E si avvicina una settimana che non so come sarà organizzata: già domani ho due riunioni, ma boh. Martedì un appuntamento dal commercialista, mai confermato. Mercoledì un photoshooting in Lab foto al Poli in cui io sarò il protagonista. E poi boh, vedremo come vanno le cose.

Intanto, sto facendo un po’ di pulizia online: il mio twitter ora è pubblico e lo utilizzerò di più, promesso. È online anche un nuovo blog (per chi mi conosce, cercate mionomemiocognome punto net) un po’ più professionale, che non collego con questo per avere due spazi separati: questo rimarrà personale come è sempre stato.

E poi, boh. Son successe altre cose, ma mica me ne ricordo…

Bellaroba

Oggi, giornata di grosse litigate in famiglia.

Come ogni domenica, che non è mai possibile che si possa stare tranquilli.

Motivi del contendere il fatto che sia sempre fuori casa. Un sempre che – ad esempio – nell’ultima settimana ha corrisposto a 3 eventi: lunedì sera, cena da un’amica a Milano. Venerdì sera, cena a casa di una carissima amica a Legnano. Sabato sera, mezzo pomeriggio fuori e un’altra cena (questa volta di compleanno).

In pratica, è troppo. 3 sere fuori su 7, in estate, quando non ci sono lezioni, e sto comunque lavorando su alcuni progetti.

Ma è veramente troppo?

Poi, non si sa come, si passati al fatto che loro, in realtà, sono solo preoccupati. E che no, le storie che fanno quando io voglio uscire, non è perché non vogliono che io esca, è che si preoccupano. Al solito, a me non sembra, ma a quanto pare sono io il problema che non capisce mai niente. Tento di ribattere dicendo che qualche volta mi farebbe piacere sentire anche solo un ok, ciao, stai attento e divertiti. Sono scoppiati a ridere. Che queste cose succedono solo nei film. E quelli che ti trattano così, alla spalla ti pugnalano. Eh? Ma siete completamente impazziti?

Poi sono passati beffardi alle vacanze, attaccando con un ma quest’anno viaggi pazzi non fai? Già, i miei viaggi pazzi. Quali? Quei 10 giorni in Grecia tra Atene e Syros due anni fa? Il w-end sfigato a Stoccolma in cui mi sono ammalato (ancora li sento ripetere se non fossi partito, non ti saresti ammalato)? La settimana a Madrid a trovare una compagna di università? Non so, forse abbiamo metri di giudizio diversi, ma quelli non mi sembravano viaggi pazzi.

In ogni caso, avevo risposto che ci stavamo ancora pensando e dovevamo controllare treni e alberghi, ma quasi sicuramente facciamo 4-5 giorni questa settimana, probabilmente a Zurigo.

Tutto questo verso mezzogiorno.

Poco fa passa Padre in camera, vede che stavo trafficando con i vari siti di booking, chiede se avevo deciso. Rispondo di sì, che stavo prenotando. Dillo alla mamma, mi raccomando. Ma scusa, non ne avevamo parlato meno di 4 ore fa?

Vado su, è in balcone che legge.

– La vacanza è confermata.
– Ah sì?
– Sì, a Zurigo.
– A Zurigo? Ma sei matto?
– Perché? È vicina, si sta freschi, non ci sono problemi di prenotazione e non costa poi tanto.
– E quando?
– Ho il treno da Centrale domani alle 9.
– E con chi?
– Io e B.
– Bellaroba.