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Black written

Non so cosa mi succede.
Sono qui. Davanti al computer. Passando di sito in sito. Volendo leggere qualcosa, ma senza averne la voglia. È tardi. Ma non ho sonno. Eppure sono stanco. La decisione è presa. E ora non si può più tornare indietro. Ora è solo ora di guardare avanti. E costruire il futuro. Ma, in fondo, io ho (solo) paura.

black

Pensiero fisso

Una giornata piuttosto piena quella di venerdì.
Tra lavori da (tentare di) finire ovviamente all’ultimo momento, quando ero già  in ritardo, tra chiavi perse e poi ritrovate. Con un’arrabbiatura che è sfumata solo dopo essermi sfogato con Love, una volta che eravamo bloccati nel traffico del tratto urbano dell’a4. Giusto per imprecare contro tutti quelli che in quel momento stavano andando a Bergamo.
Arrivati in ritardo, come sempre. Ma è stata una bellissima serata. Il Riki è veramente bravo a cantare. E dal vivo rende benissimo. Una scaletta che ci faceva tornare agli anni ’80 e una canzone che ci ha dedicato che mi ha emozionato. Tanto ma tanto.

siamo così
è difficile spiegare certe giornate amare,
lascia stare, tanto ci potrai trovare qui

Poi c’è stata la consegna del regalo al Nicola. Un po’ in anticipo e lui l’ha pure aperto. E mi sa che adesso ci starà  pure giocando 🙂

E in tutto questo, solo un pensiero fisso. Io, a Bergamo, sto bene.

Familia


Leggendo i tuoi due post, ho capito un po’ di più. Ma non ci sarei mai arrivato da solo. Perchè per me, la famiglia, la mia famiglia è una cosa da evitare a tutti i costi, da cui stare il più lontano possibile. E a volte mi passa di mente che non per tutti è così.

(Happy) ending?

È finita.
O meglio, è finito.
È finito il muoversi senza senso delle mie viscere, contorte in una tremenda indecisione, ancora una volta, sulla mossa giusta da fare nella complicata scacchiera della mia vita.
La decisione di fondo c’era. Da un po’. Ma c’era da fare il difficile passo di dichiare la mia sconfitta nei confronti dei sogni e delle aspettative che altri avevano in me. E il difficile era affrontare questi altri. Trovare il modo di dire tutto, con calma, senza scene da soap opera di bassa lega o pianti isterici. Trovare il modo di evitare il litigio, unica nostra forma di comunicazione accettata da un po’ di tempo a questa parte.
E tra una storia e l’altra, proprio con un litigio, è saltato fuori tutto. Dopo la provocazione (non accolta) del “ti tagliamo i viveri”, a cui d’istinto volevo reagire salendo di sopra, prendendo il bollettino per pagare la retta e strapparlo, con un gesto plateale urlando “e allora iniziamo a tagliare questo”. Ma non so come, sono riuscito a trattenermi.
Oggi invece.. tutto, bene o male, per un’uscita non comunicata di mezz’ora. Per un semaforo rosso di troppo, sono arrivato a casa dopo di loro. Tragedia. Perchè ecco, io sono sempre in giro, me ne frego dei miei doveri, e di qui e di là . Ovviamente cominicato al telefono, mentre ero a 500m in linea d’aria dal cancello di casa. Secca la mia non risposta: tastino rosso sul cell. Altre 3 chiamate, dirottate direttamente alla segreteria. Lascio fuori la macchina, consapevole di dover uscire dopo. Entro in casa. Litigio. Col papi, in realtà .
Che si è trasformato, non so come, in un pianto. Perchè, di questa vita, su libri lontani anni luci dal mio io attuale, non ce la faccio più. Mi chiede se ho progetti, li espongo, lui non si sbilancia.
Ma tanto c’è l’altra genitrice dietro la porta ad origliare e che entra di getto nella pacifica discussione urlando e sbraitando. Perchè io devo finire, perchè ce l’hanno fatta cani e asini ed è impossibile che io non ce la faccia. E che lei, che non mi ha mai aiutato nello studio in vita mia, ha deciso che è ora che inizi a farlo. Continuano le discussioni. Dimostrando un selfcontrol che credevo di non avere. Mentre dall’altra parte erano quasi solo urla.
Poi, non ricordo come, fino primo round. Attivo msn, non avendo il cell temporaneamente usabile, per organizzare la serata, che credevo fosse abbastanza già  organizzata.
Ma prima di riuscire a chattare qualcosa, ritorna la leonessa con il round 2. Un suo lunghissimo monologo, in cui mi era stato vietato rispondere. Perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Il monologo dura un’oretta circa. Finalmente finisce. Inizio a controbattere. E vengo interrotto. Perchè ha da obiettare. Tento di far presente il perchè siamo persone civili, quindi prima lei, poi io, se avrò qualcosa da dire. Ma dice che comunque non vale: io figlio, lei madre. E se ne frega, di quello che dico. Perchè sono io che ho sensazioni sbagliate, sono io che sbaglio questo, sono io che sbaglio quello. Grazie mille.
E poi inizia la discussione sull’uscire la sera. Perchè sono stato fuori un sacco di volte in settimana. È vero. Errore mio. Ma solo per evitare che il cervello andasse in loop logorandosi sullo stesso dubbio almetico, 24h su 24h. Un dubbio che mi ha fatto addormentare ancora più faticosamente del solito. Il dubbio che mi teneva sveglio, anche dopo essere tornato a casa tardi, aver tentato di dormire per ore, la visione di qualche telefilm, possibilmente soporifero. Nulla ha funzionato. E poi, quando finalmente mi addormentavo, era già  ora di svegliarsi. Cosa che non succedeva. E portava ad ulteriori litigate, perchè ormai prendo la notte per il giorno.
Ma vabbè. Alla fine, saltano fuori delle sue amicizie. Qualche professore in licei artistici, che forse mi sanno dare qualche consiglio. Ma queste amicizie saltano fuori solo ora, dopo 4 anni?
Alla fine chiedono se voglio mangiare qualcosa, ma rispondo di no. E se ne vanno su a mangiare, mentre tento di prepararmi e mettere in moto la macchina organizzativa per la serata.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando che – gira e rigira – la sera prima mi sono sentito un po’ messo da parte, venendo a conoscenza del progetto ritiro mostra + aperitivo (rivelatosi poi lunghissimo) a giochi quasi fatti. Perchè potevo autoinvitarmi e fare il quarto. Ma c’era il dubbio dell’occupazione dei pannelli della mostra, che magari necessitavano di occupare proprio il posto del quarto passeggero. E non volevo creare casini del “vado io, no vai tu” al trio che si era già  organizzato, a modo suo.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Pensando, egoisticamente, che così non avrei pensato ai miei casini, impegnato a consolare altri.
Ma ahimè. Ho scoperto che ieri sera l’ho combinata grossa. Sono uscito, anche a cena, per fare la spalla su cui piangere. Senza considerare più di tanto la pizzata di classe e un’invito. A cui, sinceramente parlando, non mi convinceva troppo. Per l’odio e il terrore (reciproco) tra me e i bambini, per l’andare a casa di “altri” che non conoscevo (indipendentemente dalle attenuanti di parentela che questi “altri” avevano). E comunque confidando che in ogni caso ci saremmo visti il giorno successivi, cenando insieme con amici, in una casa favolosa e passando una bella serata, che poteva anche finire presto, per far spazio alle calde copertine Ikea©.
Ed è così che oggi, oltre ai disastri con i miei, è venuto a mancare il pilastro di cuori rossi a cui appoggiarmi, con cui sfogarmi e da stringere forte facendolo mio. E così ho passato tutta la serata tendenzialmente annoiandomi, ubriacandomi di acqua frizzante e di coca-cola, intossicandomi di fumo passivo, mentre ero trascinato a forza dello scorrere delle carte e del tempo verso un tristissimo player-out. Bloccato dal terrore di fondo di aver perso per sempre quel pilastro.
Pensando che se dovesse veramente mancare quel pilastro, io crollerei a terra. E non so se riuscirei ad alzarmi. Non ora, non in queste condizioni.

Ricordi che sembravano dimenticati

Forse è stato per il discorso di ieri sera con Manila/Proserpina. O forse è stato altro. Ma prima, sotto la doccia, ho ricordato. E mi sono rivisto. Mi sono rivisto in un preciso istante di due anni e qualche mese fa. Mi sono rivisto accasciato inerme sul pavimento del corridio. Una macchia di sangue raggrumato sulla faccia. E la cornetta del telefono, senza vita, che pendeva dal mobile.

Delle serie: a volte, ritornano. A me, sempre.

Questa mattina, sotto il piumone, ho tentato di fare mente locale sulla situazione e tentare di giungere ad una conclusione, univoca. Ma neanche lì, al caldo e relativamente tranquillo, non sono giunto a nulla.

Perchè son qua. Davanti all’ennesima sessione d’esami da vedere di superare. Che, tradotto, significa che sono di fronte all’ennesima crisi.
Finora devo ammettere che ho sempre fatto finta di nulla e mi son lasciato trascinare inesorabilmente dallo scorrere degli eventi e del tempo, non prendendo mai una decisione seria e di cui fossi veramente convinto.
Perchè ormai, l’abbiamo capito tutti che questa cavolo di università  non mi piace e non fa per me.
Però finora non ho avuto il coraggio di abbandonarla definitivamente. Perchè teoricamente dovrei averla già  finita ed essere alla specialistica. Invece mi ritrovo esattamente a metà  percorso.
Buttare via tutto quello che ho fatto o tenerlo buono proseguendo, a fatica?
Sì, perchè proseguire mi costa fatica. Gli esami fatti erano quelli più carini, simpatici e facili (per me). Ora ovviamente rimangono le materie “specifiche” del corso. Che mi fanno semplicemente ribrezzo. Non tanto seguendo le lezioni. Quelle alla fine sono belline, carine, riesco anche a prendere appunti. Ma quando mi metto in camera, col libro di fronte a me.. beh, è una tragedia.
E dall’altra parte c’è la possibilità  di abbandonare. Il che implica affrontare i miei e far saltar fuori l’ennesimo casino. E non ne ho voglia. Sono stufo di litigare. Implica affrontare il fatto che questa decisione avrei dovuto prenderla 3 mesi fa, a settimbre. Ma ancora una volta mi son fatto fregare dal “alla fine ti manca poco, non buttare via tutti i sacrifici che hai fatto”. Implica che devo trovare qualcosa da fare. Ormai è troppo tardi per iscrivermi ad un altro corso di laurea. Sicuramente dovrei trovare qualche corso di grafica e impaginazione, serio. E vedere di diventare più bravo.
Già , bravura. Perchè ormai, ho grossi dubbi sulle mie capacità . Da una parte la laurea in economia (triennale?) poteva essere un’ancora di salvezza. Se per il mondo non sono abbastanza bravo, prima o poi troverò un posticino in banca o nel reparto contabilità  di qualche società ? Sì, certo, come no!
E però non so che fare.

Ciao 7, benvenuto 8.

E così.. è finito questo 2007.
Un anno un po’ strano, ma di cui non so fare un bilancio.
Un anno di amicizie finite ed altre iniziate.
Di continue e sempre più pesanti liti con i miei.
Di troppi pochi esami dati.
L’anno della nascita di Logos.
Dell’inizio del realizzarsi di un sogno covato nel cassetto per troppo tempo.
Dell’incontro con una persona speciale.
L’anno del poter dire “oggi, siamo insieme”.
Del poter dire, dopo un mese “Amore, auguri!”
E, qualche ora fa, salutando il 2007 e accogliendo il 2008, ricordarsi che siamo insieme da due mesi.

Parole alla rinfusa

Mi son reso conto che è più o meno da 2 o 3 giorni che sono attaccato al computer, su internet.
O sono su MSN (che spesso si dimentica di recapitare i messaggi) a parlare con Love, o navigo senza meta nell’infinità  del web.
Il Natale è passato, ma la malinconia ancora mi fa compagnia. E a nulla serve il curare e coccolare Isterica La Gatta, che ultimamente se la passa un po’ male.
Non si è ancora capito come (anche se l’ipotesi più accreditata sia l’incapacità  di mia madre di fare retromarcia) si sia fratturata il bacino, scorticata una zampa e faccia fatica a muovere l’altra. Ovviamente a ciò è seguita (dopo un giorno, perchè insomma, ci sono cose più importanti da fare, no?) una corsa dal veterinario (con contestuale salasso). Ora tutto quel che doveva fare la gatta era starsene tranquilla in casa, dormire e non leccarsi i punti. Aveva persino un favoloso collare elisabettiano, per evitare danni. Beh, una volte recuperate le forze dopo l’anestesia e dopo aver iniziato a zampettare più o meno bene, è riuscita a togliersi il collare. E ovviamente si è tolta anche i punti dalla zampa, che usava, come una pazza, per grattarsi dietro l’orecchio, dove si era annidata una odiosissima zecca.
La presenza della zecca ha ovviamente scatenato il putiferio in casa e io non potevo esimermi dal dire te l’avevo detto. Perchè io avevo detto che forse era meglio ripetere, per sicurezza, il trattamento anti-tutto sulla gatta, visto che sarebbe rimasta in casa per due settimane. Ma mi hanno ovviamente risposto male.
E così, dopo aver szeccato la povera gatta, è iniziata la frenesia psicotica della genitrice, che ha iniziato a lavare alla massima temperatura permessa dalla lavatrice e usando quanto di più inquinante esiste al mondo, tutto ciò che poteva essere entrato in contatto il povero felino.
Nel frattempo però la ferita si era riaperta, quindi di nuovo dal veterinario che, ha innocentemente ammesso che non sperava affatto che la ferita si sarebbe richiusa, neanche con i punti. E così, visto che aveva ragione, dovremo tenere la gatta in casa per qualche mese, con sempre il solito collare, questa volta però assicurato da un filo che termina con un’adorabile fiocchetto, trasmormando la mia quattrozampe preferita in un’adorabile dama del secolo scorso.
Però l’adorabile dama del secolo scorso è uno stress, visto che bisogna seguirla in ogni sua mossa, che ogni poco miagola istericamente, soprattutto la mattina, quando dormo, ovviamente quando sono in piena fase REM e il suo miagolio passa attraverso 2 porte chiuse. E il problema è che il suo miagolio è sempre e solo un miao. Che non capisco se è un ho fame, un stai un po’ con me che mi sento sola, un grattami un po’, un ma perchè mi stati facendo questo, un se solo avessi un po’ di forze ti graffierei, tiè!
E ovviamente, mentre tutta la family è impegnata a star dietro alla gatta, persistono come se nulla fosse le solite dinamiche familiari.
Le solite discussioni per le uscite serali, perchè si invitano gli amici a casa, perchè si vuole dormire un po’ la mattina, perchè si fa questo o si fa quello.
E nel frattempo, per me, si avvicina il dramma di inizio anno, che coincide con l’inizio della sessione d’esame, ogni volta sempre più pesante visto l’accumularsi degli esami da fare. E gli esami che si accumulano sono quelli più tosti, noiosi o che non riesco a passare, pur tentando di farcela.
E come sempre, con l’arrivo del periodo di crisi, la mia forse finta determinazione nel voler mettere fine al capitolo università  con la proclamazione di dottore, vacilla.
Perchè alla fine è facile andare a lezione, seguire, prendere appunti, rileggerli, sistemarli, interessarsi, non capire le cose e fare domande. Ben più difficile è gestire tutto quello che viene dopo: mettersi di dura lena per imparare a memoria tutte quelle robe. Che, per quanto interessanti e semplici a lezione, diventino una tragedia nel momento dello studio. E soprattutto nel momento dell’esame.
E ovviamente con genitore e genitrice è impossibile parlare, perchè si rischia di sfociare nell’ennesima lite. Perchè adesso siamo arrivati al punto in cui si sono accorti che forse 4 anni fa hanno sbagliato. Però loro mi permettono di lavorare al giornale, quando serve. Ma se non ho voglia di studiare, perchè è quello che pensano, allora non posso lavorare al giornale. Perchè a quanto pare questo era il patto. Che sinceramente non mi sembra di avere mai sentito, nè sottoscritto o firmato. Ma si sa che io ricordo solo quello che voglio ricordare e ho la capacità  di modificare i miei e i loro ricordi come fa comodo a me. Già .
E parte tutto questi discorsi, non ho la minima idea di cosa fare. Come sempre, non ho progetti a lungo termine per la mia vita. Non riesco a farli. Riesco solo a vivere alla giornata, forse alla settimana. O meglio, forse di progetti ne ho. Forse sono solo sogni, magari irrealizzabili. Però non mi sembra di riuscire a far nulla per farli realizzare. O forse riuscire non è la parola giusta.

Ecco.
Mezza litigata col padre, che ovviamente chiama in suo supporto la madre, con cui si litiga ancora di più, con lei che urla e io ovviamente devo stare calmo e tranquillo perchè i genitori vanno onorati. Sì, col cavolo. E nel frattempo lo stesso padre invita tutti a stare tranquilli.
Per cosa poi? Boh, è Natale, ci son le feste, quant’è bbbbello litigare in compagnia, no? Uscite, il non studio, il tempo che perdo al computer, il modo in cui li tratto, come se mi avessero rovinato la vita. Ah no, è vero. Quello l’hanno fatto.
Mi viene solo una cosa da dire.
Vaffanculo. A tutto.

Ma poi entro nel mood melanconico, nella tristezza infinita e nelle lacrime che silenziose solcano il viso. E attacco a tutto volume canzoni ovviamente tristissime, che mi fanno stare ancora peggio.

How I wish I could surrender my soul;
Shed the clothes that become my skin;
See the liar that burns within my needing.
How I wish I’d chosen darkness from cold.
How I wish I had screamed out loud,
Instead I’ve found no meaning.

I guess it’s time I run far, far away; find comfort in pain,
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
Hides my true shape, like Dorian Gray.
I’ve heard what they say, but I’m not here for trouble.
It’s more than just words: it’s just tears and rain.

How I wish I could walk through the doors of my mind;
Hold memory close at hand,
Help me understand the years.
How I wish I could choose between Heaven and Hell.
How I wish I would save my soul.
I’m so cold from fear.

I guess it’s time I run far, far away; find comfort in pain,
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
Hides my true shape, like Dorian Gray.
I’ve heard what they say, but I’m not here for trouble.
Far, far away; find comfort in pain.
All pleasure’s the same: it just keeps me from trouble.
It’s more than just words: it’s just tears and rain.