Mi segno questo link, segnalato da Rosa/Tina from Bubus, giusto per futura memoria,visto che ora, ecco, è un po’ difficile dire in che posizione dormiamo. Oltre al fatto che, ecco, in realtà ci sarebbe qualche piccola differenza rispetto alle figure.
Tutti gli articoli di Lore!
Luca credeva di essere gay
Scoperta grazie agli elementi condivisi sul Google Reader dal buon Gattonero:
Piera Serra, Lorita Tinelli, Luigi D’Elia
Le considerazioni che come professionisti delle relazioni e del mondo psichico qui facciamo non riguardano certamente il contenuto artistico della canzone1, sul quale non vogliamo entrare. Anzi pensiamo che ogni opera d’arte possa rappresentare aspetti dell’animo umano e in tal senso pensiamo che persino l’omofobia come altre posizioni psicologicamente “difensive” possano avere cittadinanza in un contesto artistico, in determinate culture, compresa la nostra. Né immaginiamo che le osservazioni di uno psicologo possano mai intendersi come restrittive per qualunque forma espressiva, avremmo in tal caso derogato al motivo stesso che ci orienta come psicologi.
No, queste considerazioni riguardano il contenuto culturale che la canzone veicola che ci sembra prodotto di pregiudizi del tutto infondati e sul quale abbiamo qualcosa da dire. Anzi, lo sconcerto suscitato dal testo della canzone, potrebbe essere per noi psicologi l’occasione per porgere le nostre scuse a lesbiche e gay: chiedere il loro perdono per le teorie sulla psicopatogenesi familiare dell’omosessualità che alcune scuole di psicologia hanno in passato coniato e che, come comunità scientifica, abbiamo consentito per alcuni decenni venissero divulgate infestando la cultura, contribuendo al pregiudizio negativo nei confronti di gay e lesbiche, screditando le loro madri e i loro padri.
La canzone infatti rappresenta l’omosessualità come se fosse una di quelle condizioni psicopatologiche ben note agli psicoterapeuti in cui il soggetto, ritenendosi erroneamente omosessuale a causa di relazioni familiari disturbate, intrattiene rapporti sessuali con persone omosessuali: il titolo avrebbe dovuto essere “Luca. credeva di essere gay”
Viene rispolverato il vetusto teorema della madre intrusiva e possessiva che, squalificando il modello maschile, indurrebbe il figlio ad assumere una posizione omosessuale: il personaggio dice “Ero gay” e spiega di aver scoperto che tale condizione era dovuta alle relazioni con una madre “gelosa morbosa” e con un padre assente e dedito all’alcol, screditato dalla madre stessa (“Mamma mi parlava sempre male di papà ”). Riferisce che aveva rapporti sessuali con uomini, ma non li amava “Io credevo fosse amore”: dunque, ammette che credeva di essere gay senza esserlo, esclude di aver vissuto un amore gay [oppure, peggio ancora, implica che tutti i gay credono di amare senza in realtà amare]. “La mia identità era sempre più confusa”: la motivazione dei rapporti omosessuali – dice – era la compensazione della relazione insoddisfacente con il padre (”Cercavo negli uomini chi era mio padre”) nonché il senso di colpa insito nella relazione con donne (”Andavo con gli uomini per non tradire mia madre”). E, ciliegina sulla torta, si descrive vittima di un pedofilo. [NdL: questo in realtà non mi torna…]
La precisazione “Nessuna malattia. Nessuna guarigione” non emenda il testo: è vero, non si parla di una malattia del cervello, ma si equipara comunque l’omosessualità a una condizione di anormalità psichica e si colpevolizza la madre come patogena.
Ben comprensibili e condivisibili le proteste di associazioni quali Agedo, Arcigay e Arcilesbica, nonché di esponenti del mondo intellettuale; infatti l’essere lesbiche o gay, ben lungi dal rappresentare condizioni innaturali o post-traumatiche, sono molto più semplicemente orientamenti sessuali che non richiedono alcun ulteriore aggettivazione di genere scientifico o morale (normale/anormale, naturale/innaturale, sana/patologica, giusta/sbagliata).
Al pubblico del festival ci ha pensato Roberto Benigni a rappresentare l’omosessualità in modo sublime e commovente.
Resta a noi psicologi fare ammenda del nostro errore.
I Love You Philip Morris non arriverà mai al cinema?
Una notizia che ha dello sconcertante. I Love You Philip Morris, attesa commedia con Jim Carrey ed Ewan McGregor protagonisti, rischia seriamente di non arrivare mai al cinema. Presentato al Sundance Film Festival, con acclamazioni della stampa annesse, il film non ha ancora trovato uno straccio di compratore!
Motivo? I distributori interessati non hanno ancora capito quale possa essere “l’audience giusta” per il film. Il rischio che si andrebbe a correre sarebbe troppo alto e così nessuno ancora si è fatto avanti, tanto da portare i produttori a ritirare la pellicola dal mercato.
La cosa più incredibile è che ora i produttori stanno rimettendo mano al girato del film, cercando di ‘cambiarlo’ in corsa d’opera, trasformandolo da un gay movie ad un film più commerciale ed appetibile per tutti, famiglie comprese. Allucinante…
Bene, bene, bravi!
via Gattonero’s shared item
via Cineblog
Desktop Tales: in casa Gates…
È da un po’ che seguo le strisce di DesktopTales e ammettono che riescono sempre a strapparmi un sorriso sulla bocca.
Questa, poi, relativa alla recente intervista in cui Melinda Gates ha rivelato che in casa Gates sono probiti iPhone & iPod, è veramente carina 🙂
Safari 4, WebKit e l’edit link di WordPress
Ho trovato alcune informazioni sul bug già segnalato che si verifica al momento di inserire un link in un post di WordPress usando la beta di Safari 4, che porta alla completa inutilizzabilità dell’editor, obbligando a chiudere completamente la pagina e perdendo le ultime modifiche, se l’autosaving non ha fatto il suo lavoro
Come immaginato, non è un problema diretto di WordPress, ma di TinyMCE, il componente che gestisce l’editor visuale.
There are a few knows issues that has been solved in the latest SVN version soon to be released. Also we have reported some other issues to Apple and one of the regarding the dialogs seems to be fixed in the latest nightly.
Nel frattempo ho però scoperto che le ultime nightly build di WebKit, disponibile per ogni piattaforma, non hanno alcun problema.
WebKit is an open source web browser engine. WebKit is also the name of the Mac OS X system framework version of the engine that’s used by Safari, Dashboard, Mail, and many other OS X applications.
È in tutto e per tutto uguale a Safari 4 e utilizza pure gli stessi file di impostazione, quindi non ho perso nulla dal passaggio dall’uno all’altro, neanche la compatibilità con i plugin. L’unica cosa è quell’icona dorata che non mi piace per nulla, ma vabbè, almeno così non mi mangerò le mani il secondo dopo aver cliccato quel famigerato edit link.
Da quel che ho letto c’è anche un modo per eseguire Safari utilizzando la nightly build del WebKit, ma credo che comporti la compilazione di un po’ di codice. E direi che posso anche sopportare una bussola dorata per un po’ di tempo, no?
Update: per quanto il programma installato in applicazioni e sulla dock compare come WebKit, viene indicato nella barra dei menù come “Safari”. Uhm… vabbè, l’importante è che funzioni tutto, no?
Un nuovo iPod Shuffle
Così, in silenzio, Apple ha annunciato il nuovo iPod Shuffle.
Piccolo, ancora più piccolo. 4gb di spazio e praticamente nessun tasto sul corpo del lettore. I controlli del volume e di avanzamento dei brani sono spostati direttamente sulle cuffie. Dispone della funzione VoiceOver che legge il nome della canzone, permette di scegliere la playlist da riprodurre e avvisa quando la batteria è scarica (con una voce un po’.. ecco… come dire… triste! E la voce italiana è ancora più triste!).
Costo 79$. Che diventano 75€…
Time zone
Bene.
Giusto perché questo blog non si deve far mancare praticamente nessun problema, ho scoperto che c’era impostata l’ora sbagliata nel blog.
Tutti i post venivano pubblicati con un’ora in più rispetto al reale, colpa di un’impostazione da modificare manualmente al cambio dell’ora legale/solare.
Ora l’ho sistemata. Ma scommettiamo che al prossimo cambio me ne dimenticherò?
Ovviamente confido in quel…
È brutto lo sappiamo, ma verrà corretto in futuro.
Scritto dagli stessi autori di WordPress in quella pagina delle impostazioni.
Futurismo e sorgenti di luce a Palazzo Reale
Non ho ancora avuto modo di parlare di sabato.
Perchè, dopo una mattinata in giro per BVS con alcuni colleghi di università alla ricerca di impronte per un lavoro di gruppo, sono andato (ovviamente in dolce compagnia) a vedere (finalmente) la mostra sul futurismo a Palazzo Reale.
Inutile dire che prima di metterci in coda, però, ho perso un sacco di tempo a fotografare la struttura in piazzetta reale, liberamente ispirata ad alcune opere dei futuristi e su cui leggere Parole in libertà di Marinetti, piuttosto che Il manifesto futurista in francese, pubblicato su Le Figaro il 20 febbraio 1909 o il Manifesto dell’architettura futurista di Sant’Elia.
Quella struttura, è una figata. Un insieme di colonne formate da triangoli arancio o neri o specchi, con al centro una struttura curva che sale verso l’alto con sopra la riproduzione di un omino stilizzato disegnato da Boccioni (mmm… no, forse no.. Byb, ricordamelo tu!) e una rivisitazione degli intonarumori di Russolo.
Ma il bello è stata la mostra. A parte le prime sale (un po’ deludenti, all’epoca neanche i futuristi sapevano cos’era il futurismo?) e le ultime (con un futurismo che ormai stava andando a morire). Ma le sale centrali erano bellissime. Un sacco di opere, belle, bellissime, magnifiche.
Una mostra che mi ha stupito per i contenuti. Ma che, come al solito, non è stata valorizzata al meglio dall’allestimento deludente (come sempre) di Palazzo Reale.
Al solito le spiegazioni erano pochissime e (per quel poco che ho letto) pessime, per quanto, almeno nella forma grafica, si ispiravano al Libro imbullonato di Depero.
Pessima era anche l’illuminazione, soprattutto in due casi particolari: quella di un quadro dipinto con un grigio argento riflettente, praticamente appiattito e reso quasi opaco dai faretti puntati addosso; ma il peggio l’hanno raggiunto con l’illuminazione di Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni.
L’opera inoltre si sviluppa mediante l’alternarsi di cavità , rilievi, piani e vuoti che generano un frammentato e discontinuo chiaroscuro fatto di frequenti e repentini passaggi dalla luce all’ombra. Osservando la figura da destra, il torso ad esempio pare essere pieno ma se si gira intorno alla statua e la si osserva da sinistra esso si trasforma in una cavità vuota. In tale modo sembra che la figura si modelli a seconda dello spazio circostante ed assume così la funzione per così dire di plasmare le forme.
via Wikipedia
Due faretti potentissimi puntati dall’alto su quella piccola statua, posizionata in basso, attaccata ad una parete. E così la luce trasformava l’opera, facendogli perdere tutta la sua sinuosità , creando delle grosse zone d’ombra che rendevano impossibile vedere tutto il suo sviluppo, soprattutto nelle parti bassi e tutta la parte posteriore, che erano nere, praticamente nere. Altro che chiaroscuri e repentini passaggi d’ombra! Se poi ci aggiungiamo pure il fatto che non ci si poteva neache girare attorno a 360°… Insomma, una delusione. E ci sono rimasto male perché quell’opera mi piace tantissimo, ma vederla così non mi ha permesso di apprezzarla a pieno.
Arrivi inaspettati di boxset in limited edition numerata
Mi ero quasi dimenticato di averlo ordinato, talmente è arrivato in fretta. Quasi una sorpresa inaspettata, quel pacco anonimo super imbottito.
Ma ora è qui, tra le mie mani, pronto da essere dato in pasto al lettore dvd.
La confezione è bellissima, tutta rosso lucido e nero opaco. Pure i dvd sono rossi, rossissimi. E nella confezione, oltre al bookleet, anche un po’ di cartoline da collezione e il pass numerato di Shinji.
Unica nota negativa: il bollino SIAE, attaccato sulla plastichina di confezionamento. Non potevano appiccicarlo dietro, sul cofanetto? Io non sopporto avere i cd/dvd originali senza bollino.
Beh, è vero, odio ancora di più quelli col bollino in punto osceno!
Tag fix
Ok. Ho trovato come sistemare questo piiiccolo problema con il contatore dei tag.
E questo post è la soluzione: inserendo tutti i tag esistenti sul mio blog, WordPress deve ricalcolare tutti i contatori.