Da The bloody battle of Genoa via La Democrazia è morta, viva la Democrazia!Most of the several hundred law officers involved in Diaz and Bolzaneto have escaped without any discipline or criminal charge. None has been suspended; some have been promoted. None of the officers who were tried over Bolzaneto has been charged with torture – Italian law does not recognise the offence. Some senior officers who were originally going to be charged over the Diaz raid escaped trial because Zucca was simply unable to prove that a chain of command existed. Even now, the trial of the 28 officers who have been charged is in jeopardy because the prime minister, Silvio Berlusconi, is pushing through legislation to delay all trials dealing with events that occurred before June 2002. Nobody has been charged with the violence inflicted on Covell. And as one of the victims’ lawyers, Massimo Pastore, put it: “Nobody wants to listen to what this story has to say.”
That is about fascism. There are plenty of rumours that the police and carabinieri and prison staff belonged to fascist groups, but no evidence to support that. Pastore argues that that misses the bigger point: “It is not just a matter of a few drunken fascists. This is mass behaviour by the police. No one said ‘No.’ This is a culture of fascism.” At its heart, this involved what Zucca described in his report as “a situation in which every rule of law appears to have been suspended.”
Tutti gli articoli di Lore!
Ancora sull’iPhone
Ok, è vero, ne abbiamo un po’ tutti le scatole piene di questo iPhone e delle tremende tariffe degli operatori nostrani.
Però stavo curiosando sul sito della Vodafone. E mi sono accorto che il “favoloso” Vodafone Pack per iPhone, quella favolosa tariffa che ti offre ben 600mb per 10€ al mese se sei abbonato o 3€ a settimana se sei ricaricabile, in realtà è in promozione.
Ebbene sì. Se la vuoi, devi spicciarti ad attivarla entro il 30 settembre 2008, visto che dopo diverrà di 20€/mese. Sì, giusto, avete letto bene: 20euri per 600mb di traffico dati inclusi.
Figo, vero?
[PS: non voglio parlar bene di Tre, con cui, in realtà , sono un po’ in fase di rottura, però questo operatore offre per 9€/mese 50mb di dati al giorno giorno oppure per 3€/settimana si hanno 100mb al giorno… già .. 12€/mese per avere, potenzialmente, quasi 3gb di dati..]
La spilletta di Ursula Dufour
Oggi ho ricevuto la mia prima spilletta, quella che potrebbe essere l’inizio di una collezione. È arrivata per posta, in una lettera, da parte di Manila. Insieme alla spilla una fotocopia, con dedica, della quarta di copertina del suo libro, che ho ordinato e che sto aspettando: sembra che qui al Nord, in Lombardia, non viene distribuito. E che non vedo l’ora di leggere, soprattutto dopo questa recensione, che ha confermato la mia fiducia nella bravura di Manila, e i primi capitoli, disponibili qui.
Seguo il suo blog da un po’ e mi piace il suo stile, il suo modo di scrivere. Molte volte mi son sentito vicino a lei, simile a lei, nutro anche io, a volte, spesso, dubbi e paure sul mio me stesso, sul me stesso che appare, sul me stesso che vive. E mi ci sono affezionato. Mi spiace che ultimamente scrive poco, ma mi piace pensare che è presa dalla vita, dal lavoro, dal suo libro.
Manila Benedetto “Nessuno mi ha mai battezzata” Enrico Folci EditoreCon una calibro 9 uccidi due uomini di seguito, se sei brava.
Non conta prendere la mira per bene, non nel mio caso, bensì aver la forza di premere il grilletto in ogni situazione, in ogni condizione, con ogni sentimento.
Senza cadere alla forza del rinculo.
Quando ancora non sapevo usare una pistola, infatti, la forza del rinculo era una filosofia di vita. Era resistente alla vita stessa. Poi è diventata tutta un’altra cosa.
Questa sono io, Ursula Dufour. Sono una donna brava e bella. Me lo ripeto sempre.
Non ho pietà quando uccido, eppure amo, amo profondamente.
Può un sentimento come l’amore convivere con la professione della morte?
Può la sincerità di una lettera far comprendere le motivazioni di una vita di bugie?
Può essere più semplice uccidere che pensare di morire?
Rispondetemi voi.
Io sono una e sono cento, sono Medusa e Machbet, sono una donna senza passato.
Questo è un pezzo della mia storia. Scrivo sempre dopo i miei lavori. Me ne sto con la penna per ore davanti alla finestra, aspettando che faccia notte e che si plachi la Bestia.
Quando la notte è troppo lunga, e non si placa la mia Bestia, spalanco i vetri e scrivo ancora.
È un rito come esircitare una litania in Chiesa. Ma io scrivo, non prego. Non ho mai saputo farlo, nessuno mi ha mai insegnato a farlo.
Io scrivo e non prego. E nella scrittura ritrovo il mio dio.
In questo libro vi racconto un pezzo della mia storia, ve lo affido con una promessa inquietante: la verità è un prezzo altissimo da pagare.
Again
Un pomeriggio bellissimo, anche se dalla partenza un po’ burrascosa, complice una genitrice con un’ottimo tempismo nel chiedere i favori e che sa far leva (ovviamente gridando) sul fatto che non li considero mai, mentre corro per gli amici.
Un pomeriggio inizialmente non stupendo, nuvoloso, con qualche gocciolone. Un pomeriggio che poi ha regalato caldi raggi solari che facevano splendere quel piccolo lembo di natura intorno al Ticino e al Naviglio.
Una macchina fotografica al seguito. E tante foto. La qualità e la bellezza son quello che sono. Ma l’acqua increspata del Ticino, i rami pieni di libellule azzurre, la scalinata di Villa Clerici, le ochette che giocano nell’acqua.
E poi finisce il pomeriggio. Si fa tardi. E si torna tra queste quattro mura che non sopporto. Cena. Le stesse, identiche, domande sulla Grecia. Le stesse identiche risposte. Poi le stesse, solite, polemiche sulle mie uscite serali, sui miei rientri. Sempre le solite cose dette, da una parte e dall’altra. Nessuno si muove dalle sue posizioni.
Ma loro, questa volta, giocano il jolly. Tirano fuori il fattaccio di un paio di anni. Che li ho fatti preoccupare, che son stati male, che erano in ansia, che non sapevano dov’ero. Tutte cose giuste, che condivido, che mi spiace che si siano sentiti così. Ma loro non si sono mai preoccupati di andare oltre questo, di andare oltre la facciata. Non hanno mai voluto sapere il perchè, non hanno mai voluto sapere come stavo male in quei giorni, in quei momenti, come mi sentivo bloccato, ingabbiato in una vita, un’università , un futuro che non sentivo mio, con delle persone che dicevano di volermi bene ma non mi capivano, non mi comprendevano, non mi chiedevano, senza nessuno con cui parlare, con cui poter essere veramente me stesso, dovendo stare nascosto, sentendomi diverso, quindi escluso. Loro non mi hanno mai chiesto il cosa mi ha spinto oltre, cosa mi ha fatto superare, per una volta, con tragici risultati, quel limite che mi ero sempre posto, che non mi aveva mai fatto bere più di tanto, che non mi ha mai fatto fumare, nè drogarmi.
Ma quella sera si era instillato in me la voglia di fuggire da quella situazione, insopportabile, che mi stava schiacciando, che non mi faceva più vivere, che mi stava soffocando. E quindi ho tolto i limiti, ho disattivato il buon senso. Ed è andata come è andata.
Ma non capiscono, non vogliono chiedere, non vogliono sapere. E tirano fuori l’argomento. Come se lo avessi fatto per dispetto a loro. E invece non capiscono che loro non sono stati il fine. Ma la causa.
E io, questa cosa, non l’ho mai detta. Me la son sempre tenuta per me. Con loro voglio parlare dell’argomento il meno possibile. Ma loro no. Perchè ogni scusa è buona per tirarla fuori. Per dire sempre le stesse cose, per farmi sempre gli stessi rimproveri. Perchè poi non conta quello che è successo dopo, che mi sia comportato “bene” o altro. Anzi, non conta che quello sia stato l’unico fattaccio. Perchè per quanto possa fare una cosa giusta, buona e brava.. no, quella perde ogni valore appena faccio qualcosa che appare ai loro occhi sbagliato, brutto e cattivo.
Perchè loro, han fatto tanto per me. Ma io, per loro, solo una cosa: preoccupazioni.
E a me, sinceramente, la frase ha fatto gelare il sangue. E così me son corso, in camera, a piangere sopra questa tastiera.
(Brutti) giorni di lavoro condensati in un unico post
Come dicevo qualche post fa, ormai certe cose che succedono a lavoro non mi danno più così tanto fastidio, ultimamente. Però mi è venuta voglia di scriverle. Non so perchè.. sicuramente non per sfogarmi, come prima. Forse come promemoria, per ricordarmi di come si comportano certe persone e non far cadere nel dimenticatoio certi fatti.
Fatto sta che nei giorni scorsi c’è stata una “transizione” di un cliente. Era cambiato il sistema di “chiusura” dei file, che prima in realtà venivano lasciati aperti. Poi, di punto in bianco, quando già avevamo lavorato il tutto al solito modo, veniamo avvisati che in realtà deve essere chiuso e mandato in tipografia in pdf.
Già .. in pdf. Come se il pdf non ha miliardi di impostazioni. Come se esiste una sola tipografia al mondo. E, dovendo chiudere il file praticamente abbiamo dovuto rifare tutto, visto che prima la lavorazione delle immagini era un puro segnaposto, visto che poi ci pensavano altri a concludere il tutto. Il capo, quando chiedo dettagli sulle impostazioni per il pdf cade dalle nuvole. Mi passa il numero di questo nuovo responsabile. Provo a chiamarlo. Ovviamente era irraggiungibile. Quando finalmente riesco a contattarlo.. mi risponde decisamente male, con un “Io ho pagato per 8 pagine chiuse, tutto il resto son cavoli vostri”. No comment.
Chiudiamo questi cavolo di pdf in qualche modo, possibilmente alla più alta qualità possibile (che vi si intasi l’ftp!). Peccato che era impossibile fargli intasare l’ftp.. visto che non ci avevano dato l’indirizzo. E questo simpaticissimo tizio era ormai irraggiungibile, visto che non rispondeva più all’unico recapito che avevamo. No comment, again.
La mattina un’altra collega riesce ad inviare il tutto. E, ovviamente, non andava bene. Chiamano, arrabbiati neri, perchè loro-dovevano-andare-in-prestampa-e-noi-stavamo-bloccando-tutto. Mancavano le marcature, i crocini (queste cose, dirle, no?) ed erano sbagliate le dimensioni di pagina. Ebbene sì. Le avevano cambiate, senza dirci nulla. La collega sistema tutto al volo. Poi segue lei la cosa per aggiornare le varie mastro con le nuove dimensioni, i nuovi font, il nuovo stile. Poi la collega va in ferie.
E questo lunedì inviamo le nuove pagine. Le inviamo lunedì pomeriggio, tranquilli che tanto le mastro erano state aggiornate. E invece.. ci chiamano martedì pomeriggio, mentre io ero al bar. Arrabbiati neri, perchè era di nuovo tutto sbagliato. Parlo di nuovo col simpaticone, che si arrabbia perchè gli ho chiesto cosa non andava visto che (secondo lui) dovrei saperlo. Ma visto che lui non ha parlato con me e visto che la cosa non l’ho seguita io, forse era il caso di dire gli errori così potevo sistemarli in fretta, visto che poi loro-dovevano-andare-in-prestampa-e-noi-stavamo-bloccando-tutto, again. E lui, maleducatissimo, come al solito. E quindi a sistemare tutto al volo, in un’agitazione tremenda, con la paura – per la fretta – di fare qualche altro errore. Ansia. Poi, finalmente, spedito tutto. Momenti di panico, ogni vlta che squillava il telefono, temendo fosse lui, di nuovo, arrabbiato. E invece, fortunatamente, era tutto a posto. Avevo sistemato nel giro pochi minuti quel che la mia collega avrebbe potuto fare, con calma, in una settimana.
E poi, ieri. Problema con una pubblicità , uscita male (malissimo) in stampa. Un po’ di indagini.. e si scopre che è un bug di xPress. O meglio, xPress che non digerisce certi pdf, ma se ne frega, non da’ messaggi di errore e l’unico modo per accorgersi dell’errore è con i controlli, visivi, che si fanno a fine serata, dopo una lunga giornata. Controllare pagine di box pubblicitari che non assembliamo noi, che non sappiamo come dovrebbero essere nè le “criticità ” da controllare. Comunque, si era instaurato un dialogo tranquillo e sereno, volto alla risoluzione del problema, sia col responsabile del progetto, sia col signore che ci passa le pubblicità , sia poi col capo, in una riunione che non finiva mai. Un’ora e passa in quell’ufficio, a gelare, vista l’aria condizionata puntata sulla temperatura polo Nord.
Tutto tranquillo, si vagliano le soluzioni, si parla, si decide cosa fare, si muovono un po’ di battute e frecciate, finchè la collega non se ne esce fuori con un “beh, ma chi doveva fare i controlli finali per quelle pagine?”, guardando verso di me. E lì, sinceramente, non ho avuto parole. Perchè sì.. il controllo finale di quelle pagine l’ho fatto io. Peccato però che quelle pagine vengono controllate sia quando si fanno (e le ha fatte un’altro collega se non sbaglio), sia al momento della spedizione (ed è lei che le controlla e le spedisce), sia il controllo finale (che di solito, per quell’intervallo di pagine, faccio io). Però, insomma. Una cosa così, col capo, non si dice, nè si fa. Perchè non si stava parlando di un “mio” sbaglio, di chi era la colpa. Si stava parlando in generale. Siamo un gruppo e si lavora in gruppo. Ho sempre pensato che lo sbaglio di uno fosse lo sbaglio del gruppo. Ma se è così che deve funzionare.. beh, allora qualche sassolino dalla scarpa me lo voglio togliere. Perchè, insomma, vogliamo parlare di quando, qualche giorno fa, è andata su due pagine affiancate, la stessa pubblicità ? E lì, in quel caso, chi doveva il controllo finale? Chi le aveva lavorate quelle pagine? E mi sembra che, in quel caso, non si è andati dal capo a parlarne. E io, non ho lanciato frecciatine e battutine, io, in quel caso, non ho detto nulla a nessuno. E io, non ho sottolineato il fatto che quell’errore non fosse mio, ma suo. Perchè, anche io, un po’, mi sentivo in colpa, per non aver controllato anche io, di nuovo, quelle pagine che già lei avrebbe dovuto controllare e che non erano mio “compito”.
Ma a quanto pare, sbaglio sempre come comportarmi.
Sbaglio a dare fiducia a certi colleghi.
E forse, io, dovrei pensare a ripagare qualcuno, con la stessa moneta.
E da questo momento, mi spiace, noi non siamo più un team.
Io sono io e rispondo solo dei miei errori.
Animal Crossing: City Folk Trailer
Animal Crossing: City Folk Trailer.
L’hanno presentato, all’E3. Finalmente!
Anche se, insomma, mi hanno un po’ deluso. Nessuna integrazione seria col Wiimote, nessuna innovazione, niente mulplayer di massa, che poteva diventare comodissimo: AC ti obbliga a seguire SEMPRE il tuo villaggio, pena fiori che appassiscono, abitanti che se ne vanno, piante che muoiono. Quindi sarebbe stato bellissimo, come si vociferava, la possibilità di condividere lo stesso villaggio in 2-3-4 amici, villaggio che viveva online e non solo sulla propria consolle.
A questo punto, non so se vale la pena comprarlo, quando uscirà . Non se se vale la pena comprare un gioco sostanzialmente uguale a quello che ho già su DS, ma che giocherò sul televisore. Non voglio far fare al villaggio la stessa (pessima) fine del villaggio sul DS. Che, diciamocelo, è anche più comodo perchè appena ho un momento libero, anche prima di andare a letto, posso accenderlo e giocarci un po’, ovunque sono. Non devo per forza essere a casa, davanti alla tivvù, col dolby acceso e il Wiimote in mano.
Sigh sob. Nintendo, questa volta mi hai deluso.
Procrastination
18 luglio
Lo devo ammettere. Ero partito prevenuto. Ma loro mi hanno stupito.
L’home page, finalmente, è chiara, ordinata, leggibile. E mi piace un sacco la sezione “di cosa si parla a…” che sfrutta (anche se per ora l’algoritmo non sembra molto raffinato) il geotagging dei post. E, a Milano, indovinate un po’ di cosa si parla? Beh, del Gatto che si lamenta per l’errore di Skymino e della Vecchia Stazione Centrale secondo Byb. Sì, è di parte, parla di blog/persone che conosco e leggo sempre. Quindi mi piace.
Meno male però che il mio schermo finisce lì. Riesco a vedere fino a Torino. Se voglio leggere altro, devo fare scrolling. E non so perchè ho fatto un’operazione così faticosa, visto che poi mi sono trovato davanti lei. La classifica. Colei che – a mio avviso – non ha alcun senso di esistere. E che tanti putiferi ha generato nella blogosfera. E che continuerà a generare.
Così ho chiuso la pagina. E ho aperto Memesphere. Sperando che queste pagine, prima o poi, verranno indicizzate pure da loro. Anche perchè, poi, come posso non adorare il loro copy?
Le parole rimangono nel tempo, ma appaiono nelle conversazioni a volte per pochi secondi.
Sinceramente
Sinceramente sono stufo di tornare a casa e trovarti sveglia, ad aspettarmi. E a iniziare una litigata appena giro la chiave nella toppa. Per dire sempre le stesse identiche cose che, tradotte, implicano che io possa mettere il naso fuori di casa solo per andare a lavoro e nient’altro. Neanche uscire nel w-end o anche solo andare a prendere un gelato in piazza. E no, non dirmi di telefonarti. Perchè sai benissimo che è solo ipocrisia. Visto che poi litigeresti al telefono, con tuoi no, no, no, no. E ti chiuderei il telefono in faccia.
Io non posso, non riesco a continuare così. Mi spiace.
Soddisfazioni. O quasi.
Gentile xxx,
le comunichiamo che ha sostenuto positivamente il test di ammissione al corso di grafica
olè!
La informiamo che quest’anno il Comune di Milano ha deciso di valorizzare i propri corsi di eccellenza introducendo criteri di selezione più articolati.
Per il corso di grafica e di illustrazione è prevista anche la valutazione di titoli di studio e di eventuali esperienze, per questa ragione le chiediamo di inviarci un sintetico curriculum che ci consentirà di perfezionare la sua valutazione
Doh!