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E tu dove ti immagini tra 5 anni?

Sarà che forse ho risposto troppa fiducia in uno dei fumosi progetti che forse dovrebbero partire.

Sarà che forse io con le persone non ci so fare molto e rimango sempre scottato.

Ma direi che la riunione di oggi, anche se magari è solo una brutta impressione che non ha significato alcuno, non mi è affatto piaciuta e non mi lascia presagire nulla di buono. Ho visto comportamenti e atteggiamenti che non mi sono piaciuti né da una parte, né dall’altra. E mi sono trovato pure in mezzo alle critiche l’uno dell’altra.

Così è successo che sono in uno stato di tristezza, abbattimento e delusione. Delusione profonda.

Una chiamata, interrotta bruscamente ringraziando non so se il Parrot, la Tre o l’iPhone, poi, mi ha fatto pensare a delle impressioni di altri, che ai tempi mi avevano dato da pensare e che poi avevo rimosso. Ma quello che mi sono ricordato, confrontato con quello che ho visto oggi non mi è piaciuto per niente.

Poi, non so come, tornando a casa in macchina, nella notte piovigginosa, mi è venuta in mente una domanda, che mi aveva fatto la psicologa del progetto orientamento di cui avevamo fatto parte all’ultimo anno del liceo.

Mi aveva chiesto dove mi immaginavo 5 anni dopo. Ora ricordo la risposta che avevo dato. Mi immaginavo nel mio favoloso studio di architettura e design. Un open space, tutto vetrate, tre grandi scrivanie grosse ed enormi, luminoso, dotato di Mac. Io e i miei due soci. Con uno di questi, un mio compagno di liceo, è successo che a fine anno non ci parlavamo neanche più. L’altro non ricordo neanche chi sia, in verità. Forse non era neanche un lui, forse era una lei, non ricordo più. O forse era solo una persona indefinita, perché ricordo che la psicologa diceva che dicono le cose funzionano meglio in tre. Ci vuole il pazzo creativo, il razionale e il terzo, che non ricordo.

Ora i 5 anni son passati. E sì, sono in un open space con scrivanie grosse ed enormi piene di mac, ma non è luminoso e non siamo solo in tre soci. E non è – ovviamente – mio.

Su friendfeed, nei giorni scorsi, circolava un thread con la stessa domanda. Io avevo iniziato a scrivere, dimenticandomi completamente che anni fa avevo già dato una mia risposta. Ma poi ho cancellato. Scrivevo e cancellavo. Seriamente, io, ora, tra cinque anni, non lo so.

Lavorativamente parlando, non so dove sarò.

Però ad un certo punto, perso nel silenzio della macchina, mi è balenata una scena.

Un divano, una TV e due persone. Sì, tra 5 anni vorrei essere lì.

Pensieri (che mi tengono sveglio)

Oggi mi sentivo inutile.

Una volta lei era il genio, la creatività, la pazza con le idee. Io ero bravo e riuscivo a realizzarle. E funzionavamo.

Oggi lei è ancora geniale, creativa, pazza. Ma ha frequentato un’ottima scuola ed è diventata pure brava, bravissima. Prende, fa, disfa, pasticcia, gioca con le immagini, i font, i colori, gli effetti e gli strumenti.

Io, invece, tra leggi, numeri, formule e grafici mi sono perso, mi sono arrugginito e mi sono spento, sono rimasto indietro.

E oggi mi sentivo inutile.

E mi chiedevo che senso ha fare il test, che senso ha inseguire, illudendomi, una strada che non mi porterà da nessuna parte?

E così inizio a pensare. E a non capire. Cosa devo o non devo fare, quale sia la scelta giusta o la meno sbagliata.

E ho voglia di fuggire. Fuggire dalla situazione in cui mi ritrovo, fuggire da casa, fuggire da test.

E mi sommergo di cose da fare, per poter agire e non dover decidere.

Ma purtroppo per me, rimugino tutto, a fine giornata, sotto le coperte, tentando di dormire.

E si trasformano in incubi tremendi, che non mi fanno dormire: enormi massi bianchi cadono dall’alto mentre sto tornando a casa in macchina. Uno di questo masso cade davanti a me. Lo prendo in pieno e l’auto si schianta, con tanto di scena al rallentatore in cui la macchina si accartoccia su di me, schiacciandomi e soffocandomi sempre di più finchè, d’un tratto, non mi sveglio tutto sudato.

Discorsi mattutini

“Stavamo pensando.. se ti imbarcarchi in una laurea di design o architettura.. insomma, è un po’ tardi, poi magari rimani indietro con gli esami e i professori ed è difficile. Quindi lasci il lavoro, la mattina segui le lezioni di Arte&Messaggio e al pomeriggio vai a seguire i corsi che ti mancano per la laurea in economia, magari lunedì che papà è a casa andate in Bicocca a vedere come fare il trasferimento”

Gomitoli e matasse

Sono stufo e stanco. Molto stanco. Inizio ora a sentire la stanchezza di questi ultimi e dei precedenti giorni lavorativi e non vedo l’ora di staccare, prendere una pausa.

In questi giorni mi sento deluso, completamente deluso da certi colleghi, da coloro che mi stanno intorno per tutta la giornata lavorativa.

Veramente, sono pochi, in quell’openspace quelli che prendono sul serio il proprio lavoro. Responsabilità date a chi non se le merita e non fa nulla per meritarsele, se non demandare ad altri il lavoro, parlare al telefono (preferibilmente dell’ufficio) ininterrottamente con amici e parenti (possibilmente urlando). E, così, di persone, ce ne sono due.

Un menefreghismo totale su certi aspetti, l’incapacità di organizzarsi, di dare le priorità, di rispettare i propri colleghi o anche solo tenere un atteggiamento consono al luogo di lavoro. Che può pure informale e tutto quello che vuoi, ma usare certe volgarissime espressioni, sempre, ogni poco, urlando.. insomma, non è il massimo. Soprattutto se sei una donna.

Fortunatamente, per questo lunghissimo speciale estate, sto lavorando praticamente solo con i miei giornalisti. Riusciamo ad organizzarci bene il lavoro, riusciamo a coordinarci e l’uno – quando può – da’ una mano all’altro. E sono contento di come lo stiamo portando avanti. Credo stiano venendo fuori delle pagine veramente carine e ne sono soddisfatto.

Però capita che dopo tutta una giornata a curare lo speciale, ti giri e vedi l’uno e l’altra su msn, facebook, email, giochi e facciamo il test di Sex & the City, però è inglese, chi me lo traduce? e, insomma ti girano un po’. Perchè non è affatto la sbirciatina veloce per staccare un attimo. E’ – più o meno – la regola. E hanno pure il coraggio di lamentarsi che io non seguito alcune pubblicità che, insomma, se stavo facendo altro, potevano anche pensarci loro, visto che stavano giocando, no? E hanno pure avuto il coraggio di andare via, prima di me. Hanno dato l’ok per la stampa alla tipografia quando mancava ancora quella parte di controlli che di solito faccio io, ma che non avevo ancora fatto perchè stavo facendo altro. E no, non ci si comporta così.

Però, al di là della pura cronaca, queste cose mi danno veramente fastidio, mi fanno star male, ancora, anche se dovrei saperlo che lì dentro funziona così. Non esiste una seria gerarchia, non ci sono ruoli e compiti definiti, manca completamente organizzazione.

Uno dei miei giornalisti dice che sta sfruttando l’occasione per crescere professionalmente, più che altro nel senso di imparare a convivere con certi elementi.

Io, invece, per carattere, purtroppo, lascio correre le cose. Mi arrabbio, ho poi bisogno di sfogarmi e a volte sfogo tutto quello che mi tengo dentro con le persone sbagliate. Eppure, esternamente, sono mite e calmo. E questo, però, favorisce l’opera di certi personaggi, che credono di potermi mettere i piedi in testa facilmente. Ci hanno provato (e purtroppo, recentemente, ci sono anche riusciti). Però sto accumulando tutto. E prima o poi, sicuramente nel peggiore dei modi, esploderò.

E intanto, uscito dall’ufficio, sono rimasto a parlare un po’ con miei pochi ma buoni colleghi preferiti. E una cosa (di quanto scritto qua sopra) tira l’altra. Ci siamo confrontati ed è rassicurante perchè vuol dire che non sono io il matto che non capisce, che interpreta male le cose.

Però c’è una cosa che mi fa star male. Stavo pensando, di nuovo, a settembre e a quel che succederà. Con tutte le vicende giornaliere, mi si stanno visibilmente sgretolando le possibilità che avevo di realizzare il mio sogno: conquistare l’indipendenza dal nido materno e andare a vivere nella grande città.

C’è sempre stata la consapevolezza della difficoltà della scelta. Conciliare la scuola di grafica al mattino e il lavoro al pomeriggio sera si sarebbe rivelato piuttosto difficile. Avrebbe voluto dire rinunciare a molto, vuol dire rinunciare alle mie passioni, accantonare gli amici, probabilmente anche faticare a trovare del tempo per la persona che amo, in virtù di una cosa fondamentale per poter affrontare la giornata scolastica + lavorativa: il sonno.

Ora però si stanno aggiungendo anche forti dubbi a livello puramente economico: scuola + lavoro implica, per avere più tempo ed essere meno stressato, avere una minuscola stanzina a Milano. Affitto, spese, cibo da pagare, ai prezzi di Milano. Non vorrei dovermi trovare a vivere di stenti pur di arrivare a fine mese con uno stipendio che, alla fine, è quello che è (poi si dimenticano pure di pagare questo o quello).

Così partendo dalla difficoltà intrinseca della scelta stessa e aggiungendo sia i forti dubbi economici sia l’invivibilità dell’ambiente di lavorativo si arriva ad una lapidaria sentenza: è un suicidio. 

Sicuramente in caso di problemi ad arrivare a fine mese, la preferenza andrebbe alla scuola mentre il lavoro salterebbe (con un vaffa generale molto soddisfatto, probabilmente). Mi risveglierei di botto dal sogno dell’indipendenza diventato realtà per troppo poco tempo e sicuramente farebbe molto molto male.

Come al solito, dovrò fare una scelta. Come al solito, non ne sono capace.

Mi dicono che devo fare quel che ritengo giusto per me, quel che mi sento di fare. Ma cos’è giusto? Abbandonare direttamente il lavoro e rimandare di almeno due anni la libertà? Testare subito la libertà e distruggermi di studio e lavoro? Non riuscirci e vedere fallire miseramente il mio progetto?

Non sono capace di chiudermi il passato alle spalle. Io rimugino, rimugino e rimugino. E ciò su cui più rimugino è me stesso. Mi guardo dentro, vedo una matassa imbrigliata e non vengo a capo di nulla. Sono un gomitolo di rimorsi per quanto non fatto, di rimpianti per quanto perso, di rabbia per gli errori commessi.

Soddisfazioni. O quasi.

Gentile xxx,
le comunichiamo che ha sostenuto positivamente il test di ammissione al corso di grafica

olè!

La informiamo che quest’anno il Comune di Milano ha deciso di valorizzare i propri corsi di eccellenza introducendo criteri di selezione più articolati.

Per il corso di grafica e di illustrazione è prevista anche la valutazione di titoli di studio e di eventuali esperienze, per questa ragione le chiediamo di inviarci un sintetico curriculum che ci consentirà di perfezionare la sua valutazione

Doh!

Il momento

Giornata strana. Piena di emozioni. Molte positive, altre che lasciano un po’ l’amaro in bocca.

Giornata iniziata bene, benissimo. Con il tempo che volava via. E non basta mai, in certi momenti.
Poi la corsa a lavoro, fortunatamente senza traffico. Il sogno di un w-end rilassante che si infrange, per l’incapacità di programmare di qualcuno. Lo stress anticipato per la giornataccia lavorativa di domani, senza i nostri giornalisti e con venti miliardi di cose da fare. E, nel frattempo, il momento della scelta: arrivato, presto, forse troppo presto.

Ma come faccio a scegliere ora, tra 10 giorni cosa farò e dove sarò a settembre?