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Week-end

E così anche questa settimana è volta al termine.

Una settimana divisa tra gli alti delle giornate universitarie e i bassi dei (piccoli) casini a lavoro.

Una settimana che si è conclusa decisamente bene: non solo per la lezione di disegno di oggi, che mi è piaciuta veramente tanto, quanto perchè, finalmente, ho rivisto due carissimi amici, dopo un sacco di tempo.

Una serata tranquilla, casalinga. Però è bello rivedere le loro amichevoli faccie dopo un po’, considerando che l’ultima volta che li avevo visti era il giorno della bufera, ad agosto.

Però, oggi, ho anche riflettuto e rimuginato.

Mi pesa il non potersi vedere sempre, mi pesano le molte rinunce che devo e dovrò fare. Mi pesa ancora la situazione e non sono per nulla soddisfatti di certi aspetti del mio carattere, a volte così scostante.

Però domani è un altro giorno. Ho un paio di “compiti a casa” da fare e mi aspetta una cena veramente importante, pur con l’ostacolo delle probabilissime litigate per andarci.

Ma è troppo importante. Per me, per lui, per il suo clan. E devo assolutamente andarci. Costi quel che costi.

Ma George Orwell è per caso vissuto ai giorni nostri?

Dopo aver letto 1984 di George Orwell, mi rendo conto che quelli del Partito del Grande Fratello, non erano nessuno: loro pensavano addirittura fosse necessario cambiare i documenti per alterare la storia, il passato, e quindi il presente e la realtà  dei fatti.
Una macchina complicata e raffinatissima, fatta di mille meccanismi costosi e dispendiosi. Uno sforzo immane, eppure pieno di piccole falle, che dovevano continuamente essere corrette, aggiustate, eliminate.
Nulla di tutto questo è veramente utile nel mondo reale, a nessuno interessano i documenti: un premier, un ministro, un presidente o segretario di partito, possono tranquillamente dire il contrario di quanto affermato fino a ieri, o addiritura fino a pochi istanti prima.
E senza bisogno di andare a correggere i documenti, a distruggere, modificare, correggere, una grossa massa, non noterà  la contraddizione, non controllerà  i documenti, la “storia”, il passato, nulla. La delega ai rappresentatipolitici, è tale, che non ci si affida a loro solo per l’espressione generale di governo e legislazione, ma perfino per la capacità  di pensiero.
Un’abdicazione delle proprie capacità  neurali, che è un abominio contro la natura stessa dell’uomo come animale senziente, come persona e individuo, spirito eletto, anima del Signore, e chi più ne ha più ne metta.
Una rinuncia a conoscere se stessi, il presente come il passato.

Che desolazione.

via Bybblog

No, il glossy no!

Sì, ok, lo so, è un argomento decisamente inflazionato, in questi giorni, soprattutto dopo martedì.

Eppure, a me, le novità  appena presentate da Apple non convincono.

Hanno presentato i nuovi portatili.

Nuovi nel senso che hanno preso la linea usata per il MacBook Air e per l’ultima revisione dell’iMac e l’hanno applicata sull’intera gamma dei portatili. Un’uniformazione estrema della gamma prodotti che non mi piace per nulla: toglie la possibilità  di scegliere, di apprezzare le differenze tra i singoli portatili.

Per non parlare poi del fatto, assolutamente ridicolo, dello schermo lucido sul MacBook Pro. Ma siamo pazzi? Un glossy su un portatile professionale!? Lo Steve dice che i suoi cliente glielo chiedono. Ma io non so, non sono tanto convinto della realtà  di questa sparata. Sui MacBook Pro è esistita, da un bel po’ di tempo, la possibilità  di scegliere lo schermo lucido od opaco. E io, fin’ora, non ho mai e dico mai visto un MacBook Pro con schermo glossy. E sono pronto a scommettere quello che volete che dalle statistiche di vendita che pochissimi hanno rinunciato alla fedeltà  dei colori e alla riduzione di riflessi tipici di uno schermo opaco.

Bah bah bah.

Sonno, tanto sonno

Ho sonno, tanto sonno.

Eppure devo resistere. E stampare pagine su pagine su pagine.

Ovviamente, quando serve la tecnologia, questa da’ sempre problemi, oltre a farti perdere un sacco di tempo [no, beh, quello forse non è esattamente colpa della tecnologia, ma di qualcuno che dice che ti sistema lui tutto, ma poi non è in grado di farlo e quindi sei tu che perdi tempo, come se già  non avessi altro da fare].

Insomma, alla fine oggi sveglia alle 8. E subito, di corsa, davanti al mac. A finire la ricerca, a fare le prime (secondo me tremende) bozze, a perdere tempo a tentare di sistemare una stampante a colori che non funziona.

Poi il pranzo, una mezza litigata/delusione per la questione Milano, poi di nuovo davanti al mac, una doccia veloce [completamente sotto pressione], il viaggio in macchina, l’ufficio fortunatamente tranquillo, la cena saltata, il ritorno a casa e di nuovo il mac, una stampante, dei fogli bianchi e le ultime cose da sistemare.

Ora, però mi sa che mi arrendo. Stampare certi ads in bianco e nero è semplicemente ridicolo, perdono il senso. Però, se li stampo, faccio almeno vedere che ho cercato qualcosa, ma non l’ho potuto potuto presentare in tutta la sua bellezza per delle carenze tecniche che dovranno essere risolte presto (laser a colori, laser a colori!).

Ecco, lo sapevo, sto straparlando. E gli occhi mi chiedono pietà .

Suvvia. E solo domenica sera. La settimana non è ancora iniziata. Però, a me, non sembra che quella precedente sia finita. Non un giorno di pausa, non momento o un attimo di riposo o di svago. Anzi.

Vedremo come va.

Però, io, ora, ho paura del sonno. Soprattutto dopo una recente disavventura. Perchè lo spavento, il cuore che batte, il pensiero di essere stato fortunato perchè alla fine non c’era nessuno in giro, perchè non mi ero fatto male, nè causato danni, l’idea di aver sfiorato qualcosa di più grave per un soffio. E, non so poi perchè, me lo sono tenuto dentro. Per la paura di far preoccupare qualcuno. Però è uno dei motivi per cui vorrei cambiare, trovare un’altra soluzione al pendolarismo estremo dei 6 giorni su 7.

Ed ecco. Pure la laser si è spenta. È andata in risparmio energetico.

Ha finito di stampare quello che doveva stampare.

Ora li sistemo nelle cartellette trasparenti, metto il raccoglitore nello zaino e mi fiondo sotto le coperte.

Domani, ops, oggi, alla fine è un altro giorno.

E ho pur sempre gli scomodissimi sedili de LeNord per dormire un’altra mezz’ora/quarantaminuti. No?

Eppure

Boh.

Oggi è una giornata un po’ così.

Dopo la giornata di ieri, caratterizzata da un laboratorio di disegno decisamente frustrante per le mie (scarse) capacità . Un laboratorio che alla fine mi ha fatto sballare un po’ di buoni propositi: mi ha fatto saltare il pranzo e mi ha fatto correre diretto verso il treno una volta finito, senza passare dalla biblioteca.

Eppure il giretto in biblioteca mi serviva. Dovevo cercare un po’ di cose, documentarmi. E invece l’ho saltato. Perchè non stavo bene, in tutti i sensi. E volevo solo andare a casa.

Così, oltre al raffreddore, si è aggiunta la febbre. Ovvio. Dopo le levatacce in una casa abbastanza fredda, la temperatura della macchina, il clima tropicale del treno, quello subtropicale della metro.

Sbalzi.

Sbalzi di temperatura, sbalzi di umore.

Sommerso da troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle. E alla fine mi blocco, pensando al tutto e non riuscendo a fare neanche una parte.

Le tre consegne per i tre laboratori, di cui due per lunedì, quindi da finire entro questa sera perchè poi domani lavoro e l’altra da fare, in fretta e furia e senza ritardi mercoledì e giovedì mattina.

Il giro in segreteria per capire la faccenda “vecchi esami”, che quindi cozza notevolmente con la consegna di venerdì.

Recluso.

In senso lato.

Ma alla fine sono tutto casa, ufficio, campus.

Senza possibilità  di prendermela comoda, di fare uno sbaglio.

E inizio a pensare a come sarà  difficile gestire alcuni progetti che ci hanno anticipato, in gruppo, in giro per la città , con macchina fotografica e telecamera. A quanto sarà  inutile, un peso.

E penso a tutte quelle persone a cui tengo. E che non vedo da un sacco. Ed in particolare ad una.

E ho paura. Ho paura per me, ho paura per noi.

E sto male.

Per il raffreddore, per la febbre, perchè forse non sono abbastanza forte per gestire il tutto.

Perchè forse ho sbagliato a scegliere, ho sbagliato, come sempre, a valutarmi.

Anzi, no, a sopravvalutarmi.

Pezzi di silicio [forse troppi]

Ormai è una tragedia. Il mio portafoglio è invaso da troppe tesserine più o meno magnetiche, più o meno chip munite. Fin quando si tratta di bancomat, carta di credito o tessere fedeltà .. beh, il peggio che può succedere è che la manda magnetica si smagnetizzi o il chip non funzioni più o che qualcuno te la rubi.

Ma se poi in ufficio ti danno un badge superfigoso con tanto di RFID, iniziano i problemi. Sì, ok, all’inizio fai il figo, stupendo i colleghi (non milanesi) aprendo la porta senza neanche fare la fatica di togliere il badge dal portafogli. Poi capita che in metropolitana, quando sei di fretta, se sbagli lato del portafogli o se – sbaglio ancora peggiore – hai cambiato la disposizione delle carte, il tornello si colorerà  di rosso rifiutandoti il passaggio con una gentile scritta di errore, orrore, troppe tessere riconosciute!

E allora in tutto questo ti chiedi: ma già  che hanno speso tutti questi bei soldi in questo sistema ipertecnologico, non potevano fare affidamento su un sistema RFID che non vada in conflitto con quello del sistema Itinero?

E quasi quasi, provo a far annusare il chip al Nabaztag. Violet aveva promesso questa funzione da un sacco di tempo. Ma sicuramente non l’avranno ancora attivata. Umpf.

Esisto [anche per loro]. Forse.

Finalmente anche per la burocrazia politecnica ho un piano di studi, i docenti possono mandarmi le mail e dispongo anche di un orario delle lezioni (che ovviamente, non funziona).

Quindi, esisto.

Peccato solo che non mi abbiano conservato nessuno degli esami della carriera precedente. Nessuno, proprio zero. Passi per gli esami di diritto che (fortunatamente) a design non esistono, passi pure matematica che qui si chiama curve e superfici, passi informatica, che qui si fa pure la parte di introduzione al javascript che non ho fatto, però che non mi accettino, neanche parzialmente, quel 28 in economia aziendale per una materia analoga con un programma praticamente identico, mi fa un po’ (tanto) girare le scatole.