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Tentando di ricordare.

ma anche gli incubi ci dicono molto di noi. anzi ci dicono quello che non vogliamo sentirci dire. per questo vanno ascoltati sempre.
by Zombieglam

Così ho deciso che voglio tentare di ricordare l’incubo di questa notte, che sembrava non finire più. Ma ho in mente solo frammenti sparsi. Non ero solo, c’erano di fianco a me altre 3 figure conosciute, forse i miei colleghi del gruppo freepress. Poi, non so come, non so cosa, ma ero (eravamo?) prigionieri. Ero libero di alzarmi nella stanza e di muovermi, ma non ne potevo uscire. Una stanza completamente bianca, con una scrivania a cui ero seduto. Come se fossi seduto davanti al computer, ma il computer non c’era. Così come non c’erano i miei telefoni. Mi alzo e vado verso l’altro lato della stanza. Non ero solo, c’erano altre persone, sedute su delle poltroncine. Nessuno parla, nessuno chiede nulla, nessuno sa spiegare. Tutti piangono, lamentandosi di non poter uscire. Ho la senzazione di essere prigioniero in questa stanza enorme, con solo una scrivania lunghissima le poltroncine. Provo lo stesso ad aprire la porta… è aperta, non è bloccata. Esco. C’è un lungo corridoio, bianco, con delle enormi cassettiere sparse qua e la, in mezzo al corriodio. Apro uno dei cassetti, largo, larghissimo. Sono tavole di disegno, progetti di case, prodotti, disegni a mano libera. Vorrei chiamare qualcuno per farmi venire a prendere, ma non ho l’iPhone con me. Sento la porta aprirsi. Vedo 3 tipi entrare. Mi accuccio dietro una cassettiera, muovendomi intorno alla stessa quando loro mi passano vicino, sperando che non mi vedano. E invece mi vedono, si accorgono di me, tentano di prendermi, provo a tirare pugni e calci per difendermi, evitare che mi prendano. Urlo che voglio sapere dove sono. Si mettono a ridere, si prendono beffa di me. E mi trascinano alla porta, che spalancano. Il mio portico, il mio acero giapponese, il mio pino troppo grosso, l’Audi del papi parcheggiata sul vialetto. E dov’è mio padre? Dov’è mia madre? Perchè è il mio giardino, ma non è casa mia? Il mio corridoio, non è così grande, non ci sono così tante porte, ci dovrebbe pure essere una scala, che nella realtà  non c’è.
Poi, non so come, sto scappando. Scavalco le recizioni, passo in mezzo alle siepi, corro lungo vie a me sconosciute, finchè, ad un certo punto, non rimango bloccato, in un vicolo cieco, in un giardino dalla recinzione di fil di ferro – non so perchè – insuperabile. C’è tutta la famiglia proprietaria di quel giardino.. parlano, giocano con i bambini e col cane. Chiedo loro aiuto.. ma se ne fregano di me, di quell’estraneo che ha scavalcato la loro recinzione e che è nel loro giardino. Persino il grosso cane mi ignora. E poi, poi mi sveglio…

Quindi, Zombie, cosa non voglio sentirmi dire?

Il momento

Giornata strana. Piena di emozioni. Molte positive, altre che lasciano un po’ l’amaro in bocca.

Giornata iniziata bene, benissimo. Con il tempo che volava via. E non basta mai, in certi momenti.
Poi la corsa a lavoro, fortunatamente senza traffico. Il sogno di un w-end rilassante che si infrange, per l’incapacità  di programmare di qualcuno. Lo stress anticipato per la giornataccia lavorativa di domani, senza i nostri giornalisti e con venti miliardi di cose da fare. E, nel frattempo, il momento della scelta: arrivato, presto, forse troppo presto.

Ma come faccio a scegliere ora, tra 10 giorni cosa farò e dove sarò a settembre?

Autoconsiderazioni

Ed eccomi qui come al solito davanti al computer, ad un’ora piuttosto tarda, a scrivere qualcosa. Con Madonna in sottofondo e un’occhio all’altra finestra, col Twitterworld che parla. E, dicevo, son qui a scrivere qualcosa.
Cosa non lo so, anche perchè mi rendo conto che non so scrivere. Non riesco ad essere così profondo come vorrei essere. Non riesco ad essere come altri. Che mi fanno provare grandi sensazioni quando leggo i loro post, sia che li conosca realmente che solo tramite questo mondo in versione 2.0.
Eppure son qui, tra questi byte, col mio blog. Che ultimamente sta diventando un po’ troppo noioso e che non aggiorno più molto spesso.
Forse perchè non so più di cosa parlare.
Forse perchè non riesco a parlare più di me.
Forse perchè non c’è nulla di cui parlare.
Ho deciso di non affidare al finto anonimato del web certe questioni importanti. Perchè è meglio parlarne di persona con il/la diretta interessato/a.
Visto che è l’unico modo per risolvere i problemi.
Sto tentando di essere meno polemico. E questo porta via molta materia prima al mio blog.

E le cose, alla fine, vanno bene. Con la family, a lavoro, con Love.

Certo, tra poco si avvicinerà  il momento della scelta che incombe: decidere cosa fare a settembre.
Continuare a lavorare, studiare/lavorare o studiare e basta.
Perchè il lavoro, anche se non è esattamente quello che vorrei, mi piace ed è tutto sommato dignitoso, anche a livello economico.
Perchè di riprendere a studiare, ho paura. Di dovermi scontrare con lo spettro delle mie capacità . Il dover dimostrare di essere bravo in quello che voglio studiare. Perchè, prima, era facile. Mal che andava, potevo dire che non era quello che mi piaceva e mi pesava. E ritorna lo spettro dei ponti sotto cui vivere e il dare ragione a qualcuno.
Perchè abbandonare un lavoro bello e dignitoso, in questo periodo di presunta crisi e pessimismo non mi rende affatto sicuro e tranquillo. Se e quando avrò finito gli studi riuscirò a trovare lavoro? O a 30 anni farò ancora parte del precariato perenne?
E perchè devo scegliere. Arte&Messaggio. O Polimi con Design della Comunicazione. Da una parte una scuola che mi attira tantissimo, di soli due anni, che volendo si potrebbe coniugare con il lavoro, se riuscissi a trovare un monolocale/stanzino a Milano. Dall’altra parte la favoletta del pezzo di carta di una Laurea. Ma l’idea di dover affrontare, di nuovo, l’incubo università . Con lezioni, prove, esami.
Il tutto in attesa che a lavoro mi dicano qualcosa. Perchè non solo c’è il lavoro, ma c’è pure il rischio che mi propongano un contratto a tempo indeterminato.

Con la family, le cose vanno bene.
Sarò io quello più tranquillo e sereno. O forse sono gli orari che mi fanno vedere e comunicare con la family il minimo indispensabile. E così le cose vanno bene.
Però c’è un passo importante da fare.
Una cosa importante da comunicare.
E come tutte le cose importanti, è diffile.
Ma conoscendoli, ho bisogno di una mia ancora di salvezza.
E per questo ho sempre voluto essere indipendente il prima possibile. Proprio perchè ho paura di conoscerli.
E il lavoro e la forse quasi assunzione sono un passo molto importante verso l’essere indipendente.
Giusto per aumentare i miei mille dubbi.

E poi c’è Love.
O forse Love è prima di tutto.
Ma provo invidia nei suoi confronti.
Perchè ha potuto fare quel che ha voluto.
Per l’importanza che ha la sua famiglia.
Per i recenti sviluppi con la sua Mam.
Anche se c’è un minimo di paura latente.
Perchè sogno ad occhi aperto un lungo futuro per il nostro amore.
E paura che questa sostanziale differenza tra le nostre situazioni possa diventare, nel lungo periodo, un peso, un ostacolo.
Ma ho anche paura di affrontare la cosa.
E dover così scoprire se l’ancora di salvezza era veramente necessaria oppure no.

Incubo (ripetuto)

Vivo in un mondo fantastico e idilliaco, in cui tutti vanno d’accordo. Il mondo è costituito da un’unica, piccola isola con alte coste rocciose che si affacciano su un mare. L’isoletta è completamente autosufficiente in tutto e riesce a vivere senza aver bisogno di contatti col mondo esterno, sempre che esista.
C’è un bosco, dei campi, una fattoria, una casetta a due piani.
Si mangia tutti insieme in giardino, all’aperto, sotto il sole.
E io faccio qualcosa, anche se non ricordo bene cosa. Ho la sensazione che qualcuno stia tramando contro di me qualcosa di brutto. E di lì prendono motivo corse e fughe nel buio della forsesta alla ricerca di un nascondiglio sicuro.
Finchè, chissà  come, arrivo a casa. La mia cameretta con tutto ciò a cui sono abituato: il mac, il coniglio morto, i pupazzetti della Magenta Family. E mi addormento, sereno sotto le coperte.
Ma nella notte si avvicina, da fuori, una sagoma nera, rumorosa. È un tizio su un trattore dotato di pungiglioni rotanti. Si avvicina con i pungiglioni alla mia finestra e la spacca. I mille frammenti di vetro si muovono tutti verso me, addormentato. Stanno per raggiungermi quando mi sveglio dall’incubo.
Ancora questo odioso incubo. Per la seconda volta in due giorni.
Preoccupante?

Assurde cronache di ascolti musicali in loop in ore indicibili

E mi ritrovo ancora sveglio, davanti allo schermo del mac.
Passando di mp3 in mp3, sparato a tutto volume nelle bianche cuffiette. E mi ritrovo anche a cercare nuova musica sullo store. E mi rendo conto dell’assurdità  di cercare nuova musica cliccando solo sulle copertine che più mi attirano. A passare di genere in genere, perchè la musica che ho, mi va stretta. Mi serve qualcosa di nuovo, qualche nuova scoperta, qualche nuovo motivo che mi faccia compagnia. E passo di anteprima in anteprima per poi tornare ai OneRepublic e la loro Apologize. Che sto ascoltando in loop, dopo averla riscoperta. Potere della social music revolution by Lastfm. O anche solo del vagare senza meta ovunque e comunque nel dispersivo mare della rete. Forse solo per gusto di tirare le 5:05. O anche solo per non andare a dormire, per tentare di sfinirmi fisicamente e non correre così il rischio di ritrovarmi solo soletto con i miei pensieri una volta sotto le calde e vuote coperte. Pensieri di indecisioni costanti, di errori ripetuti e di dubbi futuri.
E non capisco il motivo di appligliarmi così tanto a questo “it’s too late to apologize, too late”. Forse voglio solo sentirmi triste, perchè così mi va. Forse perchè tutto sommato recentemenre era tutto troppo tranquillo e avevo la luna “giusta” da un po’ troppo tempo. E nel frattempo riparte in loop Apologize. Ma questa volta passo. E passo ad altro. Passo ad Adele. Che rimette un po’ di allegria in me.

Should i give up,
Or should i just keep chasing pavements?
Even if it leads nowhere,
Or would it be a waste?
Even If i knew my place should i leave it there?
Should i give up,
Or should i just keep chasing pavements?
Even if it leads nowhere

Tonalità  dimenticate e ciclici loop

Forse sono troppo estremista. Troppo volubile. Troppo influenzabile.
Perchè se va tutto bene, sono felicissimo e allegro e contento. E basta che succeda una minima cosa e sprofondo sotto terra. E il bianco si tramuta in nero, di botto.
E svaniscono, di botto, tutti i sogni che mi ero costruito. Svaniscono nello stesso tempo che mi è bastato per crearli. Troppo poco, con troppa fretta.
E forse, questa, non è una bella cosa.
Perchè così non vivo nel mondo reale, coi piedi saldamente per terra. Vivo in un ipotetico mondo fantastico fatto – solo – di bianco e nero, in cui i miliardi di tonalità  che stanno tra i due estremi semplicemente non esistono, in cui tutto è classificato per bello o brutto; simpatico o antipatico; questo lavoro mi piace e mi ci vedo tutta la vita davanti a quel mac o cosa cavolo ci faccio qui che mi trattano così male; che figata la serata coi colleghi o meno li vedo meglio sto; calmo agnellino o belva feroce; bianco o nero.
Forse sono troppo estremista. Troppo volubile. Troppo influenzabile.
Perchè se va tutto bene, sono felicissimo e allegro e contento. E basta che succeda una minima cosa e sprofondo sotto terra. E il bianco si tramuta in nero, di botto.
E svaniscono, di botto, tutti i sogni che mi ero costruito. Svaniscono nello stesso tempo che mi è bastato per crearli. Troppo poco, con troppa fretta.
E no, questa, non è una bella cosa.