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Incubi

Post a pubblicazione ritardata, per evitare di impensierire qualcuno che ha già altro a cui pensare

Ho degli incubi.

E avviene tutti i giorni, verso le 14-14.30, quando devo prepararmi e infilarmi in macchina per andare a lavoro.

Il mio incubo è quell’ufficio.

E non ce la faccio veramente più. L’incompetenza che mi circonda, l’ignoranza, il menefreghismo, la falsità, la maleducazione.

La summa di tutto quello che non sopporto è lì, in quell’open space che faccio sempre più fatica a sopportare, fino ad arrivare all’odio e alla fortissima riluttanza a doverci andare (fortunatamente solo) quattro giorni a settimana.

E nel frattempo si avvicina agosto e il casino delle ferie o nonferie e il concretizzarsi dell’asì,peròc’èdafareanchequestoequelloequell’altroeanchesenonc’èchilopuòfare,beh,c***idellosfigatocherimaneinufficioalavorare.

Ogni giorno, un nuovo estenuante episodio della tragic-opera. Ma cose dell’altro mondo, problemi che non dovrebbero neanche sussistere e invece ci sono e fanno danni a destra e a sinistra.

Inutile poi ribadire quanto già detto più volte. Nella condizione attuale, trovare altro di meglio è altamente improbabile.

Pensieri (che mi tengono sveglio)

Oggi mi sentivo inutile.

Una volta lei era il genio, la creatività, la pazza con le idee. Io ero bravo e riuscivo a realizzarle. E funzionavamo.

Oggi lei è ancora geniale, creativa, pazza. Ma ha frequentato un’ottima scuola ed è diventata pure brava, bravissima. Prende, fa, disfa, pasticcia, gioca con le immagini, i font, i colori, gli effetti e gli strumenti.

Io, invece, tra leggi, numeri, formule e grafici mi sono perso, mi sono arrugginito e mi sono spento, sono rimasto indietro.

E oggi mi sentivo inutile.

E mi chiedevo che senso ha fare il test, che senso ha inseguire, illudendomi, una strada che non mi porterà da nessuna parte?

E così inizio a pensare. E a non capire. Cosa devo o non devo fare, quale sia la scelta giusta o la meno sbagliata.

E ho voglia di fuggire. Fuggire dalla situazione in cui mi ritrovo, fuggire da casa, fuggire da test.

E mi sommergo di cose da fare, per poter agire e non dover decidere.

Ma purtroppo per me, rimugino tutto, a fine giornata, sotto le coperte, tentando di dormire.

E si trasformano in incubi tremendi, che non mi fanno dormire: enormi massi bianchi cadono dall’alto mentre sto tornando a casa in macchina. Uno di questo masso cade davanti a me. Lo prendo in pieno e l’auto si schianta, con tanto di scena al rallentatore in cui la macchina si accartoccia su di me, schiacciandomi e soffocandomi sempre di più finchè, d’un tratto, non mi sveglio tutto sudato.

Tentando di ricordare.

ma anche gli incubi ci dicono molto di noi. anzi ci dicono quello che non vogliamo sentirci dire. per questo vanno ascoltati sempre.
by Zombieglam

Così ho deciso che voglio tentare di ricordare l’incubo di questa notte, che sembrava non finire più. Ma ho in mente solo frammenti sparsi. Non ero solo, c’erano di fianco a me altre 3 figure conosciute, forse i miei colleghi del gruppo freepress. Poi, non so come, non so cosa, ma ero (eravamo?) prigionieri. Ero libero di alzarmi nella stanza e di muovermi, ma non ne potevo uscire. Una stanza completamente bianca, con una scrivania a cui ero seduto. Come se fossi seduto davanti al computer, ma il computer non c’era. Così come non c’erano i miei telefoni. Mi alzo e vado verso l’altro lato della stanza. Non ero solo, c’erano altre persone, sedute su delle poltroncine. Nessuno parla, nessuno chiede nulla, nessuno sa spiegare. Tutti piangono, lamentandosi di non poter uscire. Ho la senzazione di essere prigioniero in questa stanza enorme, con solo una scrivania lunghissima le poltroncine. Provo lo stesso ad aprire la porta… è aperta, non è bloccata. Esco. C’è un lungo corridoio, bianco, con delle enormi cassettiere sparse qua e la, in mezzo al corriodio. Apro uno dei cassetti, largo, larghissimo. Sono tavole di disegno, progetti di case, prodotti, disegni a mano libera. Vorrei chiamare qualcuno per farmi venire a prendere, ma non ho l’iPhone con me. Sento la porta aprirsi. Vedo 3 tipi entrare. Mi accuccio dietro una cassettiera, muovendomi intorno alla stessa quando loro mi passano vicino, sperando che non mi vedano. E invece mi vedono, si accorgono di me, tentano di prendermi, provo a tirare pugni e calci per difendermi, evitare che mi prendano. Urlo che voglio sapere dove sono. Si mettono a ridere, si prendono beffa di me. E mi trascinano alla porta, che spalancano. Il mio portico, il mio acero giapponese, il mio pino troppo grosso, l’Audi del papi parcheggiata sul vialetto. E dov’è mio padre? Dov’è mia madre? Perchè è il mio giardino, ma non è casa mia? Il mio corridoio, non è così grande, non ci sono così tante porte, ci dovrebbe pure essere una scala, che nella realtà non c’è.
Poi, non so come, sto scappando. Scavalco le recizioni, passo in mezzo alle siepi, corro lungo vie a me sconosciute, finchè, ad un certo punto, non rimango bloccato, in un vicolo cieco, in un giardino dalla recinzione di fil di ferro – non so perchè – insuperabile. C’è tutta la famiglia proprietaria di quel giardino.. parlano, giocano con i bambini e col cane. Chiedo loro aiuto.. ma se ne fregano di me, di quell’estraneo che ha scavalcato la loro recinzione e che è nel loro giardino. Persino il grosso cane mi ignora. E poi, poi mi sveglio…

Quindi, Zombie, cosa non voglio sentirmi dire?

Incubo (ripetuto)

Vivo in un mondo fantastico e idilliaco, in cui tutti vanno d’accordo. Il mondo è costituito da un’unica, piccola isola con alte coste rocciose che si affacciano su un mare. L’isoletta è completamente autosufficiente in tutto e riesce a vivere senza aver bisogno di contatti col mondo esterno, sempre che esista.
C’è un bosco, dei campi, una fattoria, una casetta a due piani.
Si mangia tutti insieme in giardino, all’aperto, sotto il sole.
E io faccio qualcosa, anche se non ricordo bene cosa. Ho la sensazione che qualcuno stia tramando contro di me qualcosa di brutto. E di lì prendono motivo corse e fughe nel buio della forsesta alla ricerca di un nascondiglio sicuro.
Finchè, chissà come, arrivo a casa. La mia cameretta con tutto ciò a cui sono abituato: il mac, il coniglio morto, i pupazzetti della Magenta Family. E mi addormento, sereno sotto le coperte.
Ma nella notte si avvicina, da fuori, una sagoma nera, rumorosa. E’ un tizio su un trattore dotato di pungiglioni rotanti. Si avvicina con i pungiglioni alla mia finestra e la spacca. I mille frammenti di vetro si muovono tutti verso me, addormentato. Stanno per raggiungermi quando mi sveglio dall’incubo.
Ancora questo odioso incubo. Per la seconda volta in due giorni.
Preoccupante?