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Le cose che non ti aspetti

È che alla fine ti lasci sommergere dal peso e dall’ansia delle cose da fare e dalla paura dell’insuccesso.

Litighi per due giorni con un software decisamente ostico e vuoi fare del male agli sviluppatori che l’hanno pensato e realizzato.

Pensi a come tutto sommato questi prof. non li sopporti per nulla.

Poi succede che finalmente ottieni un .otf perfettamente funzionante.

E ti rendi conto che la percezione del programma è cambiata. Quelli che sono i limiti ora sono punti di forza e ti abitui all’interfaccia scarna ad essenziale tanto che il ritorno ad Illustrator è quasi traumatico.

Poi c’è la lezione, la consegna e la revisione.

E dimentichi tutto il resto e rimani affascinato dalle parole, dalle slide, dai miliardi di glifi e alfabeti che si susseguono sullo schermo. E poi la revisione. Cavolo, parlare con qualcuno che sa, sa fare e sa spiegare è qualcosa di indescrivibile. Si sciolgono i dubbi, si fanno domande, si ottengono risposte e consigli.

Infine sei in macchina, vero casa, dopo qualche disavventura. Il cielo è pieno di nuvole grigie cariche di pioggia. Ma ad un certo punto vedi un raggio. Guardi meglio e i raggi sono molti. Guardi meglio e ti accorgi che nelle nuvole, in un certo punto, c’è un buco. E dentro quel buco il sole sta tramontando, inondando di luce il buco stesso. Uno scenario spettacolare, di quelli che non ti aspetti di vedere in autostrada verso casa alla fine di una settimana e giornata particolarmente pesante. E, ovviamente, quando serve la macchina fotografica non c’è

Riemersione

Sì, non vi preoccupate, ci sono ancora.

È solo che sono un po’ preso con gli esami.

Oggi ho archiviato uno dei Laboratori, precisamente quello di Metaprogetto.

Sono veramente soddisfatto di come è uscito il lavoro, dell’esposizione della presentazione e dei commenti dei prof.

Che leggere dal labiale un “cazzo che figa!” riferita alla copertina e sentirsi dire un “neanche un millimetro è lasciato al caso” sono soddisfazioni.

E non mi interessa neanche troppo dei voti. So solo che è una materia che ho odiato, per diversi motivi. E quindi, la soddisfazione, è maggiore.

Nella notte

Questa mail è ringranziare.

Chi mi è stato vicino via blog, email, sms (a cui magari non ho neanche risposto); chi a lavoro si preoccupa per la mia faccia scura; chi ha passato il link di quel post ad un’amica; quest’Amica che subito si è attivata per darmi una mano.

Che poi, alla fine, le cose, molto spesso, basta chiederle.

Ma io sono un po’ fatto così.

Sono arrivato al punto che sto talmente male che voglio fingere che tutto vada bene, che non ci sia nulla di che sfogarsi o altro, per evitare di aggiungere al mio dolore la preoccupazione di un altro. E così arrivano i silenzi, i nervosismi, l’isteria repressa, l’idea di non riuscire a farcela, in niente.

Eppure, nel caso specifico, sono le 4 e passa e sono decisamente a buon punto (pur avendo sfruttato l’aiuto del pubblico). Quasi quasi mi stendo un paio di ore e finisco domani mattima.

Sì, ce la posso fare. Riuscirò a consegnare in tempo.

Per tutto il resto, c’è tempo.

Con la prospettiva – a settembre – di cambiare aria.

Lamentele

Bene.

Ieri c’è stata la consegna dell’ultima esercitazione. Affrontando la neve, sono riuscito ad arrivare in copisteria prima che aprisse. Così ero il primo e mi ha stampato/tagliato il tutto in 3 secondi. Tranne poi scoprire che la consegna era alle 10.30 e non alle 9.30.

No comment, please.

Una giornata praticamente buttata via, all’insegna dell'”autovalutazione” collettiva e dei prof che giravano per i banchi, osservando le carte per neanche 5-10 secondi.

E alla fine sono arrivati i voti.

Tutti molto alti, perché sì, moltissimi mazzi di carte erano veramente belli.

Ma sinceramente, a me, il mio 29 mi fa girare le scatole. Soprattutto se confrontato con chi ha preso 30 o 30 e lode.

Rompono le scatole sulla coerenza, anche visiva di tutte le carte e sulla gerarchia delle figure e poi ti trovi mazzi da 30 e lode con alcune carte bianche, altre azzurrine? Carte che dovrebbero essere un particolare di altre, ma non lo sono, palesemente. Ti trovi invertiti, in alcuni semi, la raffigurazione di donna/re rispetto a quello che c’è in altri?

Bah..

Poi, fai le revisioni, sei pieno di dubbi, non sei convinto di quello che fai. E ti rispondono solo “no, va benissimo così, è perfetto”. Ti ricordi di me, parli di me e del mio lavoro come “il bellissimo lavoro sui font”. E poi 29? Boh, non lo, non lo capisco.

Poi pensi a tutti i consigli e gli aiuti dati a chi ha preso uno di quei 30. E ti girano, girano e ancora girano.

Mi sento preso in giro, mi sembra di aver buttato via tutto quel tempo a fare, disfare, perfezionare.

Notti insonni, ansie, litigi. Per cosa? Per essere preso in giro, così.

E poi, poi arriva oggi.

E la valutazione dell’esame di storia. 20, complessivo, tenendo conto della prima prova in cui avevo preso 24.

Quindi significa che in questa ho preso 16. Ma non può essere, perché in caso di voto insufficiente in una delle prove, ti fa fare obbligatoriamente l’orale.

E poi ti metti a controllare gli altri, quelli che erano seduti vicino a te, quelli con cui hai condiviso aiuti, idee e informazioni, perché in quell’esame fuffa puoi fare di tutto, tra computer, libri, passeggiate e richieste d’aiuto al pubblico. Bene. Chi partiva dal 25, è rimasto al 25.

Bene. Quindi, com’è possibile che in tutto quel gruppo io sia stato l’unico ad andare male, così male? No, sinceramente, voglio saperlo.

Io, me ne torno a letto.

NRVS

Che poi, già uno è nervoso di suo.

Perché per quanto abbia finalmente finito l’esercitazione finale dell’esame di lunedì, deve ancora fare tutte le cose accessorie. Che so, stampare la ricerca (ed è già partita mezza risma…), impaginare “l’evoluzione del progetto”, inventarsi cosa scrivere nel “per quale motivo credi possa avere successo la tua idea”, sistemare le esercitazioni passate, riordinare il raccoglitore delle ricerche, iniziare a preparare il cd da consegnare con anche la copertina, armarsi di carta, cartoncino, matita e mani per creare il folder nero portaesercitazioni, oltre a pensare alla scatoletta delle carte.

Poi aggiungiamoci discussioni varie, che criticano il mio modo di fare, il fatto che “non guardo mai l’orologio”, ripetere ventimila volte le stesse cose e ripetere ventimila volte le stesse domande. E poi si passa di frase, in frase, sempre più insopportabile. E mi sento dare pure dello stupido, perché ho dato fiducia alle persone sbagliate, che mi sono fatto prendere in giro, tra ore di lavoro non pagate e soldi ricevuti di cui sto ancora aspettando la ricevuta di versamento dei contributi. Perché, sì, insomma, rivolgersi ad avvocati o alla Finanza forse è un po’ troppo. Però, non ne voglio parlare.

Non ditemi che ho sbagliato, perché non posso reggerlo.

Non questa settimana. Non con tutte le ore di sonno che non ho fatto ancora sulle spalle.

Non con tutta la fatica che ho fatto per riuscire a fare il meglio che potevo, in base alle mie capacità e al tempo che non avevo.

Non con tutto il casino di ieri. E avevo paura che potesse finire male, molto male e non l’avrei sopportato, in quell’ora angosciante di silenzio stampa.

E no, non esasperatemi, perché non è quello di cui ho bisogno.

Perché non ho voglia di mangiare male, ingoiando tutto senza masticare, perché voi mi fate innervosire.

Non voglia di arrabbiarmi e alzare la voce e voi la alzate.

Non ho voglia di prendere, sbattere a terra la sedia alzondomi e sbattere con una rabbia che non pensavo di avere le porte che incontravo.

Eppure è successo.

E non mi piace.

E non avevo bisogno.

E sono comunque indietro con tutto quello che devo fare.

E non riesco a pensarci, non riesco a concentrarmi, non mi va.

 

 

Io, forse, ho tanta voglia di buttarmi sotto il piumone.

E arrendermi.