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Settembre meno due

Che poi, niente. Così all’improvviso arriva settembre e inzia l’ansia, con due esami troppo presto e che devo passare, con un lavoro troppo lungo e difficile da portare a termine il prima possibile, con l’altro lavoro messo in standby causa ferie estive e quello collegato da iniziare, uno che boh chissà se parte, un altro che forse invece era meglio lasciar perdere.

Momenti

Momenti in cui è molto più facile rincorrere un treno sicuramente perso che non tirare fuori delle parole di bocca per espimere anche solo una minima parte del groviglio di pensieri che si è creato in testa.
Momenti in cui la più comoda interpretazione di un “non ti preoccupare te li passiamo noi” vacilla e ti dai del cretino perché l’interpretazione corretta è un “cazzo, collabora anche tu”.
Momenti che ti trovi dannatamente a disagio per il tono giustamente scocciato.
Momenti che quelle parole comunque fanno male, perché gli anni sono passati e queste cose mai vissute spiazzano.
Momenti che quel “alla fine lo sapevi, visto che siamo assieme tutto il tempo” fanno riemergere la solita vecchia paura dell’essere insieme ma forse non è così.
Momenti che pensi che forse sei solo profondamente stupido. O che ti servirebbero dei sottotitoli per decifrare cose a quanto pare chiare e invece completamente oscure.
Momenti che a volte, almeno qualche volta, fa comodo essere aiutati, ma a volte non è possibile o comunque non è corretto.
Momenti che dici che a volte sarebbe utile saper dire basta e porre un limite alle cose piuttosto che affogare.
Momenti che ovviamente capitano con un tempismo perfetto e una decisione presa per semplici motivi di comodità e stanchezza passi per ben altro. Che forse un po’ è, ma non in maniera così rilevante come può apparire.
Momenti che in realtà l’unica cosa che vuoi fare è scoppiare a piangere, ma qualcosa ti impone di aspettare almeno di voltarti e scendere le scale.

Riemersione

Sì, non vi preoccupate, ci sono ancora.

È solo che sono un po’ preso con gli esami.

Oggi ho archiviato uno dei Laboratori, precisamente quello di Metaprogetto.

Sono veramente soddisfatto di come è uscito il lavoro, dell’esposizione della presentazione e dei commenti dei prof.

Che leggere dal labiale un “cazzo che figa!” riferita alla copertina e sentirsi dire un “neanche un millimetro è lasciato al caso” sono soddisfazioni.

E non mi interessa neanche troppo dei voti. So solo che è una materia che ho odiato, per diversi motivi. E quindi, la soddisfazione, è maggiore.

Voti

Non so se essere più arrabbiato per il 26 nell’esame di Flash, che credevo di aver fatto praticamente perfetto e senza problemi, o stranito per il 28 di Tecnologie e strutture, che credevo di aver fatto male, quasi da schifo.

Chissà a questo punto quello di rendering, con domande ai limiti dell’assurdo…

A Natale sono (quasi) tutti più buoni

E sono qui, ancora sveglio.

Sto finendo di ripassare un libro ai limiti dell’assurdo, con errori di grammatica, sintassi, virgole messe a casaccio che separano il soggetto dal verbo, verbi non concordati con i soggetti, errori di battitura, uso creativo di parentesi e trattini. E sbagliano persino i nomi propri di prodotti e servizi: i-phone, FaceBook, Blog Spot.

La cosa peggiore sono però i contenuti.

Pagine e pagine di fuffa inutile, che ovviamente non mi vuole entrare in testa.

Poi, dopo l’esame di domani, bisogna pensare alla revisione di martedì, comprare gli ultimi regali, trovare il tempo di andare a tagliarsi i capelli e rendersi presentabile entro martedì sera, per la Cena di Natale organizzata dai Danimarchesi™ di ritorno in patria dopo 6 mesi di freddo e di Erasmus.

Nel frattempo mi sono comprato il mio regalo di Natale. E sto tenendo d’occhio altre offerte per farmi altri 2 possibili regali, anche se uno necessita dell’itervento dell’Architetto per poter essere effettuato.

Per il resto fa freddo, c’è la neve, il Comune si è dimenticata della mia via, tanto che è diventata un’unica pista di pattinaggio su ghiaccio. Vedrò domani mattina quando dovrò uscire. Già temo, visto che si aggiungono altre difficoltà al dover affrontare mamme e papà con SUV ed altri macchinoni che devono portare i pargoli a scuola. E non si rendono conto che se parcheggiano davanti ad un cancello automatico che si sta aprendo, forse dovrebbero spostarsi, non arrabbiarsi se suono quando rimangono fermi fregandosi del fatto che devo uscire.

Per il resto fa freddo ed ovunque imperversano le decorazioni led da esterno Iper. E non mi piacciono, perché emettono una tonalità di bianco così freddo che mi rendono triste. E invece no. Non deve essere così. Perché a me il Natale non piace. Per tutta una serie di motivi, per come l’ho sempre vissuto (male) negli anni passati, ormai il Natale non mi piace proprio. Però, in mezzo a questi sentimenti di ilnatalenonmipiace, trovo rasserenante tutte le lucine appese a alberi e balconi, colorate, luminose e lampeggianti. Mi trasmettono un certo senso di tranquillità, calore e felicità. E invece no. Quest’anno tutti hanno queste lucine a LED, rispettose dell’ambiente ma irrispettose di me stesso. E quando le guardo mi sento anche io freddo e triste.

Poi, ironia della sorte, mio padre oggi è tornato a casa con proprio quel set di 100 lucine led da esterno. 9,90€, all’Iper. E questo è il primo anno che mettiamo le decorazioni agli alberi in giardino, queste decorazioni fredde e tristi. È il primo anno dopo aver passato tutta l’infanzia, quando ancora credevo nella magia del Natale, a volere delle luci da esterno sul pino, quello alto altissimo che superava persino il tetto della casa e che ora mi sembra che non ci sia più. O forse è solo stato notevolmente tagliato. Non ricordo.

E ora la mente sta pure viaggiando avanti e indietro.

Ho iniziato ad odiare il Natale quando non l’ho più passato con la famiglia allargata. Finita la scuola andavamo a Varese dalla Nonna. E stavamo lì. E a Natale era bello. Il pranzo preparato dalla nonna e poi tutti a casa dello zio, con gli altri zii, i cugini e qualche altro parente di parente. E i giochi, e il gioco della torre e l’invidia dei cugini che avevano il conto al Credito Varesino e a loro regalavano i soldi man mano che depositavano le varie mance. E invece i miei soldi/regali sparivano in bot o obbligazioni, delle cose brutte e che non potevo certo portarmi a casa e giocare. Poi giocavamo al mercante in fiera e mi piaceva, anche se ora non ricordo più le regole. E poi la tombola, il caldo del camino dello zio e il loro bel presepe.

Poi basta, è successo che la nonna ci ha lasciato, i cugini sono cresciuti e il ramo milanese della famiglia si è allontanato da quello varesino, rimasto più compatto. E Facebook ora non è neanche di aiuto, che nessuno ce l’ha. E non ho neanche numeri di cell o email, per dire.

E così sono iniziati i Natali in tretudine, senza regali, senza gioia e felicità.

E ho smesso di divertirmi a fare il presepe, di attendere con ansia l’8 dicembre per iniziare le decorazioni, ho smesso di accendere tutte le sere le luci e fissare inebetito l’albero e vedere le diverse intermittenze delle catene luminose intrecciarsi tra di loro e creare giochi di luce e di ombre sulle pareti.

Poi però non si dice, ma nel frattempo si è aggiunto un altro ramo di un’altra famiglia alla mia vita. Con gli n-mila componenti, la voglia di stare insieme, e le cene, e i pranzi e l’allegria e i bimbi che urlano e i genitori che li sgridano senza successo e le risate e la ciacola continua.

E la cosa stride notevolmente con la mia famiglia, quella della non sopportazione del convivio perchè “non siamo fatti per queste baracconate”. E veramente, non comprendo come facciano a vivere bene, da soli con loro stessi, senza avere amici da frequentare e sentire e vederci e pranzare e ridere e scherzare. Senza vedere i loro fratelli e le loro sorelle, anche se è una cosa che non capirò mai visto che sono figlio unico.

E mi fa arrabbiare, perché invece io sono ormai diventato (o sono sempre stato?) l’esatto opposto. Perché io da solo con me stesso da solo non ci sto affatto bene. Che ho paura della solitudine e sento il bisogno di avere sempre qualcuno intorno.

Ed in realtà questa conclusione non ha neanche senso, ci sarebbero altre cose da dire, ma me le son perse per strada, sulla tastiera e tra le righe.

Eppure il libro è qui aperto e mi aspetta.

E c’è pure il caldo tentatore del lettino.

Boh, vabbé, domani si vedrà.

Mal che vada ci si sente il 22.

Tasse e crediti

Ok, sto male.

Anzi no, sono pure arrabbiato nero.

L’anno scorso non sono riuscito a dare un esame, di cui non ho potuto frequentare le lezioni causa lavoro e di cui ho scoperto solo alla fine che – per quanto le lezioni non fossero a frequenza obbligatoria – era obbligatorio presentarsi ai parziali per poter accedere all’appello estivo. Parziali che – ovviamente – non erano considerati come esami e quindi non rilasciavano la “giustifica” da presentare in ufficio (ed evitare che venisse calcolato come giorno di ferie).

Comunque… fatto sta che per il prossimo anno ho esami per un totale di 65 crediti. Aggiunti (obbligatoriamente) i 10 crediti dell’esame lasciato indietro lo scorso anno, arrivo a 75 crediti, che casualmente supera lo scaglione dei 73 crediti, da cui parte la maggiorazione del 30% della retta.

Calcolando che pago qualcosa più di 3500€/anno, fanno 1050 e più € aggiuntivi.

Per due dico due crediti di sforo.

[E il fastidio aumenta considerando che con la media che ho avrei potuto accedere alla riduzione del 50% della retta se fossi riuscito a dare e superare con un > 27 quell’eseme].

In compenso, essendo uno studente lavoratore, ho diritto ad una riduzione del 25% delle tasse, fino però alla 5ª fascia (su 10) di reddito. Ovvero al 25% di  1500€., cioè ben 375€.

E la cosa è semplicemente ridicola. Sei uno studente lavoratore, ti sbatti per portare avanti tutto, ma se lasci indietro anche solo un esame la tua fatica – dal punto di vista meramente economico – non è affatto ripagata, visto che al meglio ci sarà sempre un 5% di maggiorazione. Ridicoli.