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Scrivere cosa

È che è un casino.

Un casino da vivere, un casino da descrivere.

Io momenti come questi non li so gestire, anche se dovrei imparare.

Dovrei imparare a prendere decisioni mie, piuttosto che affidarmi ad altri e poter quindi scaricare su di loro la colpa di ogni possibile conseguenza.

Però a volte è giusto sentire il parere altrui, quando una tua decisione in qualche modo influisce sull’altro, o è anche questa una scusa bella e buona?

Qualcuno ha tirato fuori quella storia dei vasi di coccio e quelli di ferro.

Ecco, boh.

Io i vasi di ferro li odio. Scontrosi, autoritari, antipatici. Credono di poter comandare, decidere tutto. E a volte ce la fanno pure, con la gente che pende dalle labbra oppure in modalità gregge ammaestrato.

Comunque, dicevamo che questi momenti non li sopporto.

Stress, indecisioni, nervosismo.

E così divento scontroso, troppo. Me la prendo per poco e le incomprensioni diventano facilissime.

E ora, sinceramente, ho solo voglia di piangere.

Proprio come 7 giorni fa.

Red alert

So che sto diventando monotono e particolarmente lamentoso, ma anche oggi è stata una bella giornata (lavorativa) da dimenticare.

Da sclero, veramente. Momenti di panico, momenti di pura follia e ore e ore di telefonate per capire che cavolo si doveva fare e ogni poco, cambiava qualcosa.

Roba che avrei voluto che qualcuno, prima o poi, saltasse sul tavolo e urlasse ballando don’t worry, don’t panic.

Ma non è successo.

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Quindi sono tornato a casa con un altro paio di ore di straordinari segnati sulla tabellina (che nessuno leggerà). Poi solo fame, nervosismo e un cervello in sciopero che vorrebbe addormentarsi il prima possibile.

La faticosa giornata

Che poi, altro che passare le carte ai cassieri perché loro facciano la fatica di strisciarle è molto, ma molto, stancante (cit)!

La parte stancante della giornata è stato, ovviamente, in ufficio.

Con una favolosa collega che di nascosto, arrivando in anticipo, prima di tutti (mentre di solito ritarda) è corsa dal capo a lamentarsi, di tutto e di tutti, spalando ***** ovunque.

È stata sgamata dall’altro collega, che ha chiesto spiegazioni.

Poi una riunione.

Poi un’altra.

E visto che lei non fa il mio lavoro, si è pure permessa di giudicare il mio operato, dicendo che sono distratto, lavoro male, faccio errori.

Cose che ovviamente ha avuto il coraggio di dire solamente davanti al capo, il quale ha riportato poi al collega chiedendo spiegazioni. Ma lei, quando poi c’è stata la riunione di gruppo, ovviamente non ha avuto il coraggio di ripetere quello che aveva detto in sede privata.

Inutile dire che io stavo malissimo.

Come si permette una bitch del genere, di giudicare il mio operato (che non è né mia collega, né mia superiore) e prendere, dal nulla e andare a riferire al capo cose non vere basate su una sua infondata impressione?

Comunque, io stavo male, malissimo. Il cuore che mi batteva a mille, un senso di affanno e la fatica a respirare, la bocca serrata che non riuscivo ad aprire per parlare. Solo la testa, che mi accorgevo che si muoveva in un continuo no no no mentre pensavo alle peggior cose di questa orribile viscida perfida persona.

E di fronte al mio silenzio davanti alle sue accuse riferite da altri, dopo un po’ lei è sbottata in un urlo isterico “Ma perché non mi consideri, che cosa ti ho fatto!?”.

E la vuoi pure la risposta? Sei una persona orribile, con cui non voglio avere nulla a che fare. Però sono pure obbligato a lavorare con te, quindi parliamo pure di lavoro (cosa che si fa), ma non pretendere che ti venga a raccontare qualcosa della mia vita.

Comunque, alla fine di tutto, riunione sciolta, ma il capo mi ha trattenuto, per parlare a tu per tu.

Tragedia, ansia, ancora peggio di prima.

Sono scoppiato a piangere, dalla tensione, dal nervoso. E non riuscivo neanche a parlare, mi sentivo le labbra chiudersi, non muoversi correttamente per articolare i suoni. Una tragedia.

Ma alla fine, poco alla volta, mi sono sbloccato.

E ho tirato fuori tutto quello che mi veniva in mente che avevo covato dentro per tutti questi mesi.

Ora c’è solo da sperare che prenda le giuste decisioni.

Azione/reazione

Sei arrabbiata?

Non mi vuoi parlare e mi hai completamente ignorato a cena.

Bene, fai pure.

Non me ne frega assolutamente nulla.

Perché qui, se uno dovrebbe essere arrabbiato, sono io.

Dite che le cose sono cambiate, che voi siete cambiati e sono io che non ho fatto nulla. Ne siete sicuri?

Perché non avete fatto un – che sia uno! – passo in avanti. Verso di me, verso la mia situazione, verso chi è importante nella mia vita.

Volete continuare ad ignorarlo?

Bene, fate pure.

Ma così facendo, ignorate (e allontanate) me.

Lamentele

Bene.

Ieri c’è stata la consegna dell’ultima esercitazione. Affrontando la neve, sono riuscito ad arrivare in copisteria prima che aprisse. Così ero il primo e mi ha stampato/tagliato il tutto in 3 secondi. Tranne poi scoprire che la consegna era alle 10.30 e non alle 9.30.

No comment, please.

Una giornata praticamente buttata via, all’insegna dell'”autovalutazione” collettiva e dei prof che giravano per i banchi, osservando le carte per neanche 5-10 secondi.

E alla fine sono arrivati i voti.

Tutti molto alti, perché sì, moltissimi mazzi di carte erano veramente belli.

Ma sinceramente, a me, il mio 29 mi fa girare le scatole. Soprattutto se confrontato con chi ha preso 30 o 30 e lode.

Rompono le scatole sulla coerenza, anche visiva di tutte le carte e sulla gerarchia delle figure e poi ti trovi mazzi da 30 e lode con alcune carte bianche, altre azzurrine? Carte che dovrebbero essere un particolare di altre, ma non lo sono, palesemente. Ti trovi invertiti, in alcuni semi, la raffigurazione di donna/re rispetto a quello che c’è in altri?

Bah..

Poi, fai le revisioni, sei pieno di dubbi, non sei convinto di quello che fai. E ti rispondono solo “no, va benissimo così, è perfetto”. Ti ricordi di me, parli di me e del mio lavoro come “il bellissimo lavoro sui font”. E poi 29? Boh, non lo, non lo capisco.

Poi pensi a tutti i consigli e gli aiuti dati a chi ha preso uno di quei 30. E ti girano, girano e ancora girano.

Mi sento preso in giro, mi sembra di aver buttato via tutto quel tempo a fare, disfare, perfezionare.

Notti insonni, ansie, litigi. Per cosa? Per essere preso in giro, così.

E poi, poi arriva oggi.

E la valutazione dell’esame di storia. 20, complessivo, tenendo conto della prima prova in cui avevo preso 24.

Quindi significa che in questa ho preso 16. Ma non può essere, perché in caso di voto insufficiente in una delle prove, ti fa fare obbligatoriamente l’orale.

E poi ti metti a controllare gli altri, quelli che erano seduti vicino a te, quelli con cui hai condiviso aiuti, idee e informazioni, perché in quell’esame fuffa puoi fare di tutto, tra computer, libri, passeggiate e richieste d’aiuto al pubblico. Bene. Chi partiva dal 25, è rimasto al 25.

Bene. Quindi, com’è possibile che in tutto quel gruppo io sia stato l’unico ad andare male, così male? No, sinceramente, voglio saperlo.

Io, me ne torno a letto.

NRVS

Che poi, già uno è nervoso di suo.

Perché per quanto abbia finalmente finito l’esercitazione finale dell’esame di lunedì, deve ancora fare tutte le cose accessorie. Che so, stampare la ricerca (ed è già partita mezza risma…), impaginare “l’evoluzione del progetto”, inventarsi cosa scrivere nel “per quale motivo credi possa avere successo la tua idea”, sistemare le esercitazioni passate, riordinare il raccoglitore delle ricerche, iniziare a preparare il cd da consegnare con anche la copertina, armarsi di carta, cartoncino, matita e mani per creare il folder nero portaesercitazioni, oltre a pensare alla scatoletta delle carte.

Poi aggiungiamoci discussioni varie, che criticano il mio modo di fare, il fatto che “non guardo mai l’orologio”, ripetere ventimila volte le stesse cose e ripetere ventimila volte le stesse domande. E poi si passa di frase, in frase, sempre più insopportabile. E mi sento dare pure dello stupido, perché ho dato fiducia alle persone sbagliate, che mi sono fatto prendere in giro, tra ore di lavoro non pagate e soldi ricevuti di cui sto ancora aspettando la ricevuta di versamento dei contributi. Perché, sì, insomma, rivolgersi ad avvocati o alla Finanza forse è un po’ troppo. Però, non ne voglio parlare.

Non ditemi che ho sbagliato, perché non posso reggerlo.

Non questa settimana. Non con tutte le ore di sonno che non ho fatto ancora sulle spalle.

Non con tutta la fatica che ho fatto per riuscire a fare il meglio che potevo, in base alle mie capacità e al tempo che non avevo.

Non con tutto il casino di ieri. E avevo paura che potesse finire male, molto male e non l’avrei sopportato, in quell’ora angosciante di silenzio stampa.

E no, non esasperatemi, perché non è quello di cui ho bisogno.

Perché non ho voglia di mangiare male, ingoiando tutto senza masticare, perché voi mi fate innervosire.

Non voglia di arrabbiarmi e alzare la voce e voi la alzate.

Non ho voglia di prendere, sbattere a terra la sedia alzondomi e sbattere con una rabbia che non pensavo di avere le porte che incontravo.

Eppure è successo.

E non mi piace.

E non avevo bisogno.

E sono comunque indietro con tutto quello che devo fare.

E non riesco a pensarci, non riesco a concentrarmi, non mi va.

 

 

Io, forse, ho tanta voglia di buttarmi sotto il piumone.

E arrendermi.