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Oggi
È che a volte, la vita vera ritorna a far capolino
Perché qui, anche se a volte si parla solo di Mele, GaGa, si copiano incollano cose figose sul design, in realtà la vita va a avanti.
Va avanti, come al solito, anche se uno la vuole un po’ lasciare fuori da queste pagine bianche e magenta.
E uno la vuole lasciare fuori perché come al solito non bastano mai le lacrime, la rabbia, la tristezza e quel senso di spaesamento di essere a casa e non sentirsi a casa.
Perché ti scontri con un muro che non vuole sentire le tue ragioni, che ha deciso che la tua è la scelta (come se fosse sbagliata), che porta dritta all’inferno.
Perché quando fai notare che qualcuno ha detto queste parole, parte a rinnegare, ad accusarti di essere matto e di avere inventato tutto.
Ti accusa di esserti allontanato e di non parlare più. Ma lo so, è voluto. E li avevo avvisati. Dopo mesi insopportabili li avevo posti davanti ad una scelta, sperando che almeno quello li spronasse in qualche modo.
O mi accettate per quello che sono, o non saprete più nulla di me.
E invece niente, mi sono sbagliato.
Qui si pretende di poter non accettare un figlio e che continui a comportarsi come tale.
E nel calderone delle cose oscene fatte dal figlio genero, tiri pure in ballo la copertina di un libro (Trueblood nello specifico). Come la copertina di un libro dicesse tutto.
E a me partono i problemi, le ansie, i brutti pensieri, le lacrime.
Perché se prima c’è una gola dolorante per il troppo urlare, dopo c’è solo un silenzio straziante che trafigge il cuore. Un silenzio pieno di lacrime che prendono e cadono, sopra ogni cosa.
E si vuole prendere e scappare da questa realtà .
In tutti i modi, veri o fantastici che siano.
Giornataccia
Qui si necessita di stendere un velo pietoso su questa giornataccia e un velo pietroso (e doloroso) sulla mia adorabile professoressa di laboratorio.
Una settimana per impostare un lavoro di un certo tipo, seguendo i consigli dell’assistente, per sentirci dire che, sì, insomma, avevamo sbagliato tutto. E le cose più gravi erano (ovviamente) quelle fatto seguendo i consigli dell’assistente. Tranne poi rimangiarsi quello che ha detto, quando gli abbiamo fatto notare che l’aveva detto l’assistente. Perché, insomma, ovviamente l’assistente l’aveva detto per perseguire un certo fine, che è giusto, ma che, sostanzialmente, non va affatto bene.
E così, avanti per mezz’ora, ad arrabbiarci perché parlavano di sottigliezze (e lo zoom della foto e il testo e questo e quello, quando il 99% delle cose erano testo/foto messe a caso per dare l’idea dell’ingombro). E noi a ripetere che erano bozze, 7 bozze diverse di layout. E loro non capivano, pensavano fossero 7 pagine con contenuti diversi (e ovviamente grafica diversa!).
Comunque, alla fine, dopo mezz’ora, abbiamo ricavato un pugno di aria fritta. I flipbook vanno bene. La griglia di impaginazione no.
E il filetto e il fondino e il carattere e il colore e il troppo testo e la foto troppo piccola e la foto troppo grigia e il filetto e il fondino e il carattere e il colore e il troppo testo e la foto troppo piccola e la foto troppo grigia.
Voi avete capito?
Neanche noi.
Nel pomeriggio, suddivisione dei compiti.
Vado di là per implorare aiuto ad un’altra (brava e simpatica) assistente. La sua risposta? Prendi le diagonali, scegli un punto, tracci un quadrato, dividi per 6. E il testo? Beh, sopra e sotto. E il font? Beh, fai un po’ di prove.
Che poi, a fare un rettangolo, c’ero arrivato anche io. E mettermi a calcolare le colonne, i margini, i vari moduli.
Beh, inutile.
Meglio un layout vuoto.
Perché si deve impaginare con il vuoto.
E, insomma, visto che deve essere vuoto, o metti foto per pagina, oppure, in virtù del vuoto, metti l’occupazione massima, quindi sei.
E il testo e le dida e le descrizioni, non servono.
Tanto, abbiamo la consegna solo settimana prossima.
E non c’è più possibilità di fare revisione.
E questo post è ripetivo e sconclusionato.
Giornate così, un po’ scure
È che qui le cose non vanno bene.
Faccio sempre più fatica ad addormentarmi ed ho sempre più bisogno di dormire.
Rimango nel letto a fissare il soffitto.
Prima e dopo.
Sì, anche dopo, perché una volta suonata la sveglia, la spengo e rimango lì, sotto le coperte, il più che posso.
Perché non ho voglia di prendere e uscire da quel rifugio sicuro, perché non ho voglia di affrontare una nuova giornata.
E così va a finire che le cose, anche le piccole cose, si accumulano e diventa una tragedia.
Lo studio arretrato, le esercitazioni da fare, anche solo sistemare un po’ la camera e renderla presentabile.
Ansia.
Non voglia.
Stanchezza.
Bandiera bianca
È che vorrei arrendermi.
O meglio, lo faccio. Sommerso di cose che non riesco a gestire, quindi mi rifiuto di gestirle, perché non ce la faccio, sono più grandi di me e non sento di avere le forze, né ho la voglia.
Poi queste si accumulano e alla fine sono da fare. All’ultimo secondo utile, facendole male, non dormendo, stando male.
Vorrei arrendermi, definitivamente, sventolare una bandiera bianca e dichiarare la mia sconfitta, su ogni fronte.
Dichiarare la sconfitta dei sogni e delle illusioni davanti al muro grigio della realtà .






