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[Take me out of here, please]

Post programmati.

Far comparire domani quello che provo ora.

Perché non sono pronto a rilasciarlo ora, a tutto il mondo.

Perché mi sto tenendo tutto dentro e non mi fa bene.

Mi sto chiudendo su me stesso e allontanando, in un modo o nell’altro, un po’ tutti.

Vorrei prendere, urlare, scagliare iPhone contro muri (e sarebbe per lo meno il secondo), piangere.

Perché la situazione è assurda e non resisto mica.

E mi serve aiuto, ora e subito.

Aiutatemi.

A partire dalle cose materiali. Perché ho una consegna giovedì e anziché scrivere questo post che verrà pubblicato domani, dovrei essere a fare scansioni, scontornare e impaginare, visto che domani, mentre voi starete leggendo queste righe, io dovrei essermi già incontrato con i miei compagni di gruppo per stampare tutto e stare un po’ tranquilli.

Poi venerdì ho l’esame di informatica. Quello in cui ho già un parziale di 30 e lode. Ed è la cosa peggiore. Perché praticamente non ho ancora aperto libro/fatto esercizi. E questa volta si parla di Javascript e Action Script. E non so nemmeno se si parla del 2 o del 3. Siam messi bene, eh? Quindi ciao ciao lode, ciao ciao buon esito dell’esame.

E poi rimane matematica, da dare, prima o poi.

E come se non bastassè, c’è il lavoro. E quel clima schifoso e insopportabile che regna in ufficio.

Ho bisogno di una pausa, di fermarmi.

E invece mi trascino avanti, perché devo e non posso fare altrimenti. Non posso abbandonare il lavoro, non posso lasciare indietro l’uni, ora che finalmente faccio quello che voglio.

Ma ammetto che la voglia scarseggia.

E scarseggia ancor di più passando qui la notte.

Qui non ci voglio stare, me ne voglio andare.

Può non essere la soluzione giusta, ma è l’unica che mi viene in mente.

Mi dici che devo essere in pace con me stesso. Beh, non ce la faccio.

Ho dentro di me tanta, tanta rabbia.

E si accumula e mi lacera.

Mi rendo conto di non riuscire più a vederli come li vedevo prima.

Li odio. Puramente e semplicemente.

O forse la odio.

È iniziato quest’estate, in quei giorni terribili.

La prima volta che l’ho pronunciato ad alta voce, davanti a lei.

Covavo dentro di me quelle parole, stavo male a tenerle dentro, perché sono parole che fanno male.

Ma quando sono uscite, non ho provato nulla.

Rimpianti, dolore, necessità di chiedere scusa.

E ora meno che meno.

Voglio prendere ed andarmene e non voglio più averci nulla a che fare.

Io mi sono arreso, non ho più le forze di lottare e recupare qualcosa che non credo abbia senso di recuperare.

O più altro, è impossibile recuperare qualcosa che forse non è mai esistito.

E questo me l’ha fatto notare qualcuno che non avrei mai pensato avrebbe detto una cosa del genere, che bene o male mi conosce da quando sono nato.

E mi sono perso, con questo post assurdo.

So solo che non ce la faccio.

Voglio dormire.

E forse svegliarmi tra un sacco di tempo, quando potrò guardare indietro e sorridere a questo momento così lontano.

Ma non è possibile.

E c’è troppo da fare.

E non ho voglia.

E non ce la faccio.

E ho bisogno di aiuto.

Anche se lo rifiuto.

Vi prego.

Sentirsi in colpa e poi pentirsene. Amaramente.

Avevo chiesto un permesso, un po’ all’ultimo, per un impegno improvviso in università.

Poi, mi son sentito in colpa, perché c’erano le elezioni, miliardi di cose da fare, nuove meccaniche di lavoro non ancora ingranate.

E mi sono offerto di passare comunque in ufficio una volta finito e fare chiusura, dopo una giornata in giro, in piedi, stanchissimo e con la testa semplicemente distrutta.

Il risultato è che mi sono preoccupato per nulla. Gente che è andata via prima, che lavorava più che tranquilla, per non dire cazzeggiare.

E questa è solo la prima parte del ringraziamento. Perché, insomma, avvertire che potevo stare tranquillo e tornare a casa, no? Tanto arriva il fesso.

La seconda parte è arrivata oggi.

Mentre ero in pausa, la mia collega ha inviato al cliente le bozze (che io ho preparato) della nuova grafica. Ovviamente mi hanno riferito che usava il singolare majestatis, verso sè stessa, come unica creatrice del layout.

La nuova grafica è piaciuta subito e dopo, quando anche io ero presente, il cliente ha richiamato (lei) per delle modifiche (che io dovrò fare) che non hanno alcun senso nell’insieme del progetto.

È vero che il cliente è il cliente e ha (quasi) sempre ragione, però io avrei fatto presente alcuni grossi problemi che insorgono nella realizzazione di quelle modifiche. Ma tanto la grafica l’ha fatta lei, quindi senza batter ciglio ha detto che sì, sarà fatto. Non subito, però, perché ormai la settimana è già finita.

Già, perché la mia settimana (di part-time) è finita, torno in ufficio domenica e… ops! Lei quel programma non lo sa usare!

Lo ammetto. La voglia di lasciare tutto è tanta, sempre di più. La situazione è sempre più insopportabile. Non è un ufficio, è un asilo Mariuccia in cui lo sport preferito è spararsi alle spalle e tendere tranelli al tuo prossimo. La voglia di potermi dedicare interamente allo studio, lavorare per conto mio, ai miei orari e alle mie condizioni. Però, è rischioso e non assicura entrate certe. Sicuramente non nel breve termine, ma anche nel medio/lungo non ci sono garanzie. E lasciare ora, un lavoro fisso e indeterminato, con la crisi che c’è, è pura follia.