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Eppure

Boh.

Oggi è una giornata un po’ così.

Dopo la giornata di ieri, caratterizzata da un laboratorio di disegno decisamente frustrante per le mie (scarse) capacità . Un laboratorio che alla fine mi ha fatto sballare un po’ di buoni propositi: mi ha fatto saltare il pranzo e mi ha fatto correre diretto verso il treno una volta finito, senza passare dalla biblioteca.

Eppure il giretto in biblioteca mi serviva. Dovevo cercare un po’ di cose, documentarmi. E invece l’ho saltato. Perchè non stavo bene, in tutti i sensi. E volevo solo andare a casa.

Così, oltre al raffreddore, si è aggiunta la febbre. Ovvio. Dopo le levatacce in una casa abbastanza fredda, la temperatura della macchina, il clima tropicale del treno, quello subtropicale della metro.

Sbalzi.

Sbalzi di temperatura, sbalzi di umore.

Sommerso da troppe cose da fare e troppo poco tempo per farle. E alla fine mi blocco, pensando al tutto e non riuscendo a fare neanche una parte.

Le tre consegne per i tre laboratori, di cui due per lunedì, quindi da finire entro questa sera perchè poi domani lavoro e l’altra da fare, in fretta e furia e senza ritardi mercoledì e giovedì mattina.

Il giro in segreteria per capire la faccenda “vecchi esami”, che quindi cozza notevolmente con la consegna di venerdì.

Recluso.

In senso lato.

Ma alla fine sono tutto casa, ufficio, campus.

Senza possibilità  di prendermela comoda, di fare uno sbaglio.

E inizio a pensare a come sarà  difficile gestire alcuni progetti che ci hanno anticipato, in gruppo, in giro per la città , con macchina fotografica e telecamera. A quanto sarà  inutile, un peso.

E penso a tutte quelle persone a cui tengo. E che non vedo da un sacco. Ed in particolare ad una.

E ho paura. Ho paura per me, ho paura per noi.

E sto male.

Per il raffreddore, per la febbre, perchè forse non sono abbastanza forte per gestire il tutto.

Perchè forse ho sbagliato a scegliere, ho sbagliato, come sempre, a valutarmi.

Anzi, no, a sopravvalutarmi.

Esisto [anche per loro]. Forse.

Finalmente anche per la burocrazia politecnica ho un piano di studi, i docenti possono mandarmi le mail e dispongo anche di un orario delle lezioni (che ovviamente, non funziona).

Quindi, esisto.

Peccato solo che non mi abbiano conservato nessuno degli esami della carriera precedente. Nessuno, proprio zero. Passi per gli esami di diritto che (fortunatamente) a design non esistono, passi pure matematica che qui si chiama curve e superfici, passi informatica, che qui si fa pure la parte di introduzione al javascript che non ho fatto, però che non mi accettino, neanche parzialmente, quel 28 in economia aziendale per una materia analoga con un programma praticamente identico, mi fa un po’ (tanto) girare le scatole.

Matrimonio: parte II

Ieri, la seconda parte del Matrimonio Greco. Questa volta, in terra italiana, con rito civile.

Non c’è molto da dire. A parte che la sposa, ancora una volta, mi ha stupito. Con i suoi tocchi di classe ed eccentricità . A parte il posto, bellissimo; a parte quel palazzo comunale stupendo; a parte i 10 colombi bianchi liberati alla fine della cerimonia; a parte la simpatia e disponibilità  del Sindaco e dell’Assessore; a parte la cena e i 50 invitati: partenti e (per la maggior parte) pericolosi e pazzi amici.

Qualcosa di tanto diverso dall’esperienza greca, molto più raccolta, molto più intima.

Qualcosa che, però, sono contento di aver vissuto.

Son contento di averli “accompagnati” anche in questo passo “legale”. Sono contento che loro abbiano voluto la mia compagnia anche in questo passo.

E ultimamente, son poche le cose che riescono a farmi sentire così allegro e sereno, come quando sono con loro.

Oggi [Ieri]

Oggi, cioè, ieri, è finalmente finito.

Una giornatina niente male a lavoro. Un po’ di situazioni difficili da gestire, comparse tutte all’ultimo momento, ma alla fine, è andato tutto bene, senza troppi inghippi.

E non so perchè lo sto scrivendo. Forse per scrivere qualcosa, forse per passare un po’ di tempo prima che Morfeo passi a trovarmi.

C’è da dire che ultimamente, sto veramente trascurando la parte “social” di me. Poco twitter, reader ormai bloccato sul 1000+.

Questi due giorni di lavoro sono stati molto strani, dopo i 2 giorni di università . Mi sono reso conto di sbirciare tutti i volantini alla ricerca dell’offerta giusta su un Nokia UMTS (ancora mi mangio le mani). Le mie adorate serie TV le ho abbandonate, per mancanza di tempo. Esco veramente poco, tanto che questa sera ho anche rinunciato alla goodbye night di uno degli stagisti che ha deciso di cercare un altro lavoro. Il Wii è spento da un sacco di tempo, il DS pure. Ho giocato per un’oretta a Spore ma non mi è piaciuto molto. Troppo poco riflessivo, troppo d’azione. No, me lo aspettavo diverso. Mi sembra di aver perso qualche contatto. Di non sentire più alcune persone a me care, di essermi un po’ allontanato.

E poi.. boh. Sto scrivendo un sacco di righe senza avere, alla fine, nulla da dire.

Non so come sia possibile, ma a volte, mi sento un po’ vuoto. C’è qualcosa, di fondamentale, che sembra che mi manchi. E non riesco a capire cosa sia.

Scomposizioni su linee verticali

Oggi, durante una delle prime ore di lezione, un professore ha detto:

Chi ha scelto di fare questo percorso, di fare comunicazione visiva, ha scelto di coniugare il lavoro con i propri hobby

Mi sono subito appuntata la frase. Perchè potrebbe sembrare banale, ma è così.

E ora, che l’ho riscritta, la mia testolina ha iniziato ad elaborarla.

Alla fine non era un concetto a me nuovo.

Anni fa, al liceo avevano organizzato una giornata di orientamento con gli ex-studenti del liceo. E un signore, proprietario di un’azienda di grafica, aveva pronunciato parole che mi avevano affascinato.

È un lavoro particolare. Non riesci mai chiuderlo, la sera e nel weekend, dietro la porta chiusa del tuo ufficio. Quando sei in giro, per strada, quando guardi la televisione o leggi un libro, pensi sempre al tuo lavoro, a tuoi progetti. Ovunque e in qualsiasi momento ti può arrivare l’ispirazione, l’idea. Quando meno te lo aspetti.

E oggi, dopo le parole dei professori, mi son reso conto che già  sto pensando alla possibile consegna che ci daranno settimana prossima. E al lavoro di fine corso che ci hanno già  anticipato.

E già  in treno, in metro, camminando per strada mi son reso conto di guardare con occhi diversi la realtà  che mi circondava. Alla ricerca di un’idea, scomponendo mentalmente le forme che vedevo per arrivare all’elemento base.

Era da un sacco di tempo che non mi sentivo così curioso, così stimolato, così vivo.