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Comunicati stampa [del proprio paesello]

L’amministrazione comunale del mio paesello ci tiene a farmi sapere via mail che..

L’Amministrazione Comunale di Paesello, anche a seguito di esposti pervenuti dalla Cittadinanza, si è attivata presso la competente sede Asl di Paesello Un Po’ Più Grande Settore prevenzione, al fine di segnalare l’anomala presenza di mosche sull’intero territorio comunale.

Il Sindaco ha provveduto a trasmettere la raccolta firme dei Cittadini e nel contempo ha invitato l’ASL ad individuare al più presto l’origine di tale problema che può trasformarsi in emergenza sanitaria e ad intervenire con una massiccia disinfestazione.

L’Amministrazione confida in un pronto intervento dell’ASL e rimane in attesa di conoscere le cause del fenomeno.

Come al solito, in tempo di ben più importanti eventi e discussioni , si raccolgono firme per una (presunta?) invasione di mosche. E sì, le voglio sapere anche io le cause del fenomeno. Già  già 

My M&M’s: Keyboard

Credo ci sia qualcosa di semplice e geniale in questa pubblicità  di FHV BBDO per la filiale olandese di M&M’s e il lancio del loro nuovo servizio di personalizzazione delle caramelle e dei sacchetti.

Communication just got Sweeter.
Personalise your M&M’s at mymms.nl

Perchè ogni confetto può diventare una lettera, una parola, una frase. Per comunicare, per un regalo speciale. Sì, beh, insomma. È inutile che spiego la pubblicità . Tanto si capisce da sola. Ed il messaggio che lancia è veramente efficace.

Quando arriverà  anche da noi questo servizio?

Via: Ads of the WorldMyM&M’s: Keyboard

Politiche militari

Oggi a casa c’era un clima strano.

Una volta sveglio ho fatto un po’ esercizi per il test, con il papi di fianco che curiosava, chiedeva perchè davo quella risposta, che a lui i conti non tornavano. Poi, gli ho fetto vedere la busta paga, visto che non si capisce come facciano a calcolare le ferie. E abbiamo perso tempo su internet alla ricerca del contratto nazionale corretto e poi a tentare di capire cosa che cavolo volevano dire. Comunque una cosa è chiara: hanno sbagliato a calcolarmi le ferie.

Poi il pranzo, tranquillo, tutti allegri e felici e spensierati, a parlare di questo e di quello, della macchina riparata dal meccanico, della migrazione del sistema di produzione da lui e altro, un sacco di altre cose, come ormai non succedeva da un sacco.

Per quanto fosse tutto molto bello, c’era sempre un’alone sospeso.. insomma, don’t ask, don’t tell.

Amici del paesello

Nella foga di questi giorni, ho utilizzato questo mio spazietto nel mare del web anche come valvola di sfogo, per riordinare le idee e tentare di capire come stavo.

E un commento appena ricevuto, mi ha fatto tornare in mente che, alla fine, questo blog, potrebbe leggerlo chiunque e che, nella cerchia di chi legge e non si palesa ci sono anche alcuni amici del paesello, a cui, effettivamente, certi aspetti di me potrebbero sembrare una novità .

La volontà  di dire qualcosa, parlare, mostrare anche questa parte nascosta di me c’è sempre stata.

Ma è stata frenata dalle solite incognite.

L’incognita dell’accettazione, la paura di rimanere solo, di perdere degli Amici che ho sempre considerato e che considero molto importanti e che, anche se non lo sanno, mi hanno dato una mano ad affrontare momenti difficili, semplicemente con la loro compagnia, la loro vicinanza, le pizzate, le serate cinema o i wiiparty.

Può essere brutto o strano venire a sapere certe cose di me dal mio blog e per questo mi scuso, con la speranza che le mie paure fossero solo stupide e insensate elucubrazioni mentali che non hanno alcuna attinenza con la realtà .

See you soon,
Lo

Questa mattina

Ok. È successo. E credo che ormai ho già  i ricordi confusi. Non so più cosa è successo prima o dopo.

Però è successo, dopo un risveglio un po’ così. E mentre stavo premendo il tasto publish dell’ultimo post, è iniziato tutto.

Perchè, come al solito, pensavo prima al mondo che ai miei genitori e poi, insomma, chissà  a chi cavolo stavo scrivendo. Ed è iniziata la solita pappardella-monologo della madre.. che sono preoccupati, che non mi capiscono, che sono cambiato, che frequento brutte compagnie, che li ho coperti di bugie (e che loro non sono scemi e hanno capito tutto) e hanno iniziato col solito gioco del “c’è qualcosa che mi dovresti dire?”

Ma il tono che ha usato in tutto questo suo monologo è stato quanto di più odioso avessi mai sentito e con tutte le frase fatte che riusciva a dire, le stesse cose trite e ritrite mi facevano salire solo rabbia, su rabbia, su rabbia. Mi sono scaldato il latte, mentre lei continuava a parlare, l’ho bevuto con i miei biscotti e lei continuava a parlare e parlare e parlare e la cosa mi faceva semplicemente arrabbiare.

Poi me ne sono andato in camera, con la voglia di perpararmi per una doccia, ma lei mi ha bloccato, di forza, per non farmi andare in bagno. E da lì, non ricordo neanche più come, è scoppiata a piangere, un pianto disperato, che mi ha fatto accaponare la pelle e stare male anche io. L’ho accompagnata sul letto e l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata di prenderla, scoppiare anche io a piangere e abbracciarla, come non avevo mai fatto in vita mia. E piangeva, dicendo che era preoccupata, stava male e mi chiedeva di dirglielo, che se un’amicizia era andata troppo oltre, c’era sempre modo di tornare indietro e che mi potevano aiutare, che c’era sempre modo di cambiare, bastava parlare, che ci sono tante brave ragazze in giro e anche se si trova quella giusta a 30 o 40 anni non è un problema, che non ha senso che io vada a lavorare perchè la mia è l’età  dello studio e che loro non hanno bisogno dei miei soldi. E non ricordo se gliel’ho detto in quel momento o dopo, quando ha tirato fuori qualcuno dei suoi cavoli di pregiudizi che mi hanno fatto completamente perdere le staffe e scappare in bagno a lavarmi.

Uscito fuori dal bagno, mi sistemo, mi vesto per uscire, per andare da qualcuno che non potevo resistere a casa. Ma non potevo. Aveva nascosto il mio mazzo di chiavi, quelle della macchina e aveva chiuso a chiave tutte le porte. E mi sono arrabbiato ancora di più, pretendendo di riavere indietro le mie chiavi e la mia libertà  di uscire. Perchè nel frattempo, mi aveva accusato di averla quasi uccisa quando stava partorendo, di farla soffrire ancora più di quanto soffriva per la nonna e ad un certo punto si era messa pure a pregare, ad alta voce, la nonna, perchè le desse la forza di andare avanti. E inzialmente ho perso le staffe, perchè volevo uscire, non potevo sopportare tutte queste cose. Sei malato, non sei normale, cosa dirà  la gente, ti sei scelto una strada difficile, ti porterà  solo dolore. E volevo uscire, andarmene, correre da qualcuno con cui potessi sfogarmi. E lei mi aveva chiuso in casa. E come un pazzo, volevo uscire. Esagerando, forse, col senno di poi, le ho ricordato che sono maggiorenne e mi sta trattenendo con la forza. E che o mi faceva uscire, o avrei chiamato la polizia. E così si è calmata un attimo, ma poi ha ripreso, sempre le stesse cose. E io man mano minacciavo, salendo le scale, verso il telefono. Tanto che ero arrivato anche a comporre il numero. Solo che a quel punto la rabbia si era leggermente dissipata e ho potuto farle notare che non era tenendo bloccata una persona che poteva instaurare il dialogo. E se era un dialogo, quello che voleva, doveva ridarmi le chiavi e darmi la possibilità , se volevo, di uscire da casa, casa nostra, casa mia. E poi ancora, tranquilli, i pianti, gli abbracci. E continuava ad insistere sulla malattia. E in quel momento non ci ho visto più. A parte il fatto che non aveva ancora mantenuto la parola data di ridarmi le chiavi e riaprire la porta, continuava ad insistere. Preoccupata della strada di perdizione, la malattia, la gente cosa dirà , il dolore della scelta. Tentare di farle capire che non era una scelta ma che ero così e punto ed era solo da accettare e che anche io avevo impiegato tempo a lavorare su di me, a capirmi, ad accettarmi. E non capiva, non voleva capire, non voleva neanche provarci. E di nuovo la rabbia saliva, assieme alla mia incapacità  di spiegarglielo e così l’idea di chiamare e prendere l’appuntamento con la dottoressa da cui ero andato (dopo sue insistenze) un anno fa. E allora voleva sapere lei cosa mi aveva detto, se anche la dottoressa diceva che ero veramente così. E la rabbia saliva, perchè non riuscivo a farle capire che non è una scelta, non è qualcosa che mi dovevano dire gli altri o che posso scegliere, come se fosse la maglietta che si sceglie la mattina. E la rabbia saliva, perchè non mi voleva fare uscire. Non voleva capire che non ero in grado di spiegarle molto, il perchè, il per come, se ce l’ho nel dna o è colpa loro. E così, come un pazzo, uscendo dalla stanza e salendo e scendendo le scale, mi è venuto solo da urlare che sono anni che l’organizzazione mondiale della sanità  non la riconosce come una malattia e che, cavolo, non sono malato e fa male, molto male, sentirsi dire dalla propria madre che si è stati quasi causa della sua morte al momento del parto, fa male sentire tirare in ballo la povera Nonna, fa male tutto il resto.

Poi, non si sa come, ha capito che era meglio aprire la porta, ridarmi le mie chiavi. E voleva sapere dove andavo, perchè voleva essere sicura di dove andavo. E che questa sera, dopo il lavoro, sarei dovuto tornare a casa, subito, senza giri strani. Perchè, domani mattina, dobbiamo portare la macchina dal meccanico.

Code [how to remind it]

Avevo faticato a trovarlo. Ora mi serviva di nuovo, dopo l’upgrade, e ho faticato di nuovo a trovarlo.E in effetti non ho trovato l’esauriente e completo post che avevo trovato prima. Però le informazioni essenziali le ho recuperate. E le pubblico qui, semplicemente perchè così, in futuro, mi sarà  più facile trovarle.

/var/mobile/Library/Carrier.Bundle Bundles/

<key>AllowEDGEEditing</key>
<true/>

Bene, questo, è tutto.

Beh, se proprio se volete saperlo questo è la stringa di codice da usare per rendere l’apn di iPhone libero dal blocco di Vodafone. Così si può usare il normale web.omnitel.it oppure mettere un indirizzo a caso e bloccare l’accesso alla rete del melefono.

Il momento

Sembra sia arrivato il momento. La genitrice, a furia di leggermi messaggi sull’iPhone e la Moleskine dimenticata nel marsupio sulla scrivania, mentre ero fuori da un’amica, sembra abbia capito tutto. E ha chiamato un’altra mia amica perchè aveva bisogno di parlare, non trovando il padre.

Ovviamente poi la mia amica mi ha chiamato, per informarmi della telefonata, preoccupata del fatto che la madre iniziava a cercare qualche medico che mi potesse curare.

Ovviamente, quando sono a casa, non mi ha detto nulla, se non di non fare tardi a lavoro.

Il problema è che non so cosa pensare o come dovrei sentirmi. Ero perfettamente conscio del fatto che non avrebbero accettato o compreso subito. Ed era uno dei motivi per cui non ero certo di voler affrontare la cosa e di volerla affrontare solo nel momento in cui avessi avuto un’ancora di salvezza, un’appartamentino in cui rifugiarmi in caso di una epica cacciata da casa. Ma ero anche conscio del fatto che prima o poi la questione doveva saltare fuori. Ovviamente, salta fuori quando la situazione si stava tranquillizzando, perfettamente allineata col principio che non mi è permesso essere tranquillo felice e contento per troppo tempo. Loro poi, come al solito, sono incapaci di parlarmi delle cose apertamente, poco alla volta e devono prima parlarne con tutto il mondo (non ascoltandolo).