Archivi tag: domande

Riprova, annulla, tralascia

Ed eccomi qui.

A scrivere dei miei soliti patemi e improvvisi sbalzi di umore e di volontà.

E già immagino voi, lì che vorrete prendere qualcosa e lanciarmela addosso per farmi tornare a ragionare.

Ma non ce la faccio.

Saranno le troppe cose da fare, i millemila libri da studiare (in neanche 3 mezze giornate, visto che l’altra metà è occupata dal lavoro), l’atmosfera irrespirabile di casa, ma non ce la faccio.

O forse non ce la voglio fare, non voglio fare sforzi e voglio arrendermi, visto che è troppo difficile e forse ben oltre le mie possibilità quello che mi sono messo in testa di fare.

Ho chiesto aiuto, ho delegato un po’ di cose da fare, ma adesso sono di nuovo da capo.

E la cosa è ancora più grave, pensando al fatto che forse, sono rimasto con matematica. Quella matematica che la segreteria non ha voluto riconoscere come credito formativo, quella matematica che non riuscivo a frequentare (e dare i parziali) per il lavoro. Bene, ora sembra sia saltato fuori che non avendo dato i parziali non potrò fare l’intero.

Bene, vivissimi complimenti a me che pensavo che le cose funzionassero logicamente come da altre parti, che non vedendo nulla che dicesse il contrario non mi sono preoccupato della fattibilità, complimenti a me che ora mi ritrovo con un esame in più da dare l’anno prossimo.

E così è l’ennesima cosa che si aggiunge all’ansia delle cose da fare, all’elenco delle cose che non vanno e che forse potevano andare diversamente.

È il famoso imprevisto che non deve esistere. Anzi, è il secondo imprevisto che non deve esistere. Il secondo, dopo la questione informatica (addio 30 e lode).

E queste cose sono deleterie, perché fanno rifrullare nella mia testa la presunzione di ha già un lavoro e sa di saper fare bene quello che sa fare.

Che ci faccio di nuovo tra i banchi? Ha senso trattare con persone che considerano un perfetto imbecille che nulla sa? Con persone che parlano così, in astratto, di concetti inutili che poi non vanno neanche ad applicare? Sarà che non sono per nulla soddisfatto delle materie di questo secondo semestre, ma mi domando se ora, la scelta del Politecnico, sia quella giusta, per me.

Sicuramente lo sarebbe stato 4 anni fa. Ma ora?

Alitalia: leggero restyling o collier di diamanti?

Originally posted on Poliving.it

Un nuovo spot Alitalia.

Con un leggero restyling del logo.

Come prima, solo che ora è in italico.

Operazione realizzata da Saatchi & Saatchi, che già che c’era ha cambiato leggermente il Pantone e ha arrontondato un po’ i bordi.

Costo dell’operazione? 520 mila euro (per disegni e materiali – ? -), sborsati tra il 2005 e il 2006.

Ma era Alitalia quella che è fallita? Quella che ha lasciato i debiti allo Stato, abbandonato Malpensa, lasciato a casa un po’ (bel) di dipendenti?

Via Bastet
Via Il Sole 24 Ore
Via Paul the Wine Guy
Via Beautiful life

Interno, casa, ufficio

Esco di corsa dall’ufficio, che è già mezzanotte. Ho in mano i vari quaderni, la cartelletta con tutto il materiale per l’esame, la Moleskine, in spalla la borsa del Mac.

E mi sento apostrofare con un Hi! dietro le spalle. Mi giro. Una cinesina ti tubante che mi chiede se studio. Le rispondo di sì, che faccio design al Politecnico. Inizia a farmi un bel po’ di domande. Lei vorrebbe fare design d’interni e non sa se farlo al Politecnico o allo IED. E qual’è meglio e perché, che differenza c’è, quanto costa l’uno e l’altro, io cosa penso. Una chiaccherata nel cuore della notte in inglese e italiano. Figata.

La conversazione sembra si chiuda quando mi chiede io precisamente cosa faccio. Rispondo comunicazione, quindi grafica, pubblicità. Ah, pubblicità. Ok, thank u, ciao.

Bye bye, you’re welcome.

Indovina il plugin per WordPress

Ok, sì, lo so.

Potrei chiederlo direttamente a chi ha realizzato il sito su cui l’ho vedo in funzione più spesso. Però ho sempre l’impressione di romperle le scatole, poi ora è pure abbastanza presa, quindi mi darebbe ancora più fastidio.

Metto qui la domandina. Così chi può mi risponde. E se poi sarà lei, almeno lo farà quando avrà tempo, visto che lo leggerà per conto suo dai feed.

plugin-misterioso-per-wordpress-mp3

Quindi… come si chiama questo plugin per la riproduzione degli mp3 da WordPress?

Azione/reazione

Sei arrabbiata?

Non mi vuoi parlare e mi hai completamente ignorato a cena.

Bene, fai pure.

Non me ne frega assolutamente nulla.

Perché qui, se uno dovrebbe essere arrabbiato, sono io.

Dite che le cose sono cambiate, che voi siete cambiati e sono io che non ho fatto nulla. Ne siete sicuri?

Perché non avete fatto un – che sia uno! – passo in avanti. Verso di me, verso la mia situazione, verso chi è importante nella mia vita.

Volete continuare ad ignorarlo?

Bene, fate pure.

Ma così facendo, ignorate (e allontanate) me.

Gmancanze

Mi sono accorto della mancanza di una piccola, ma che potrebbe rivelarsi utile, funzioni in Gmail.

Non c’è la possibilità di mostrare solo i messaggi non letti.

Anzi no, ecco, pensandoci un po’, l’ho trovata. Perché ogni visualiazzione di Gmail altro non è che una stringa di ricerca particolare. E così come si può cercare “label:nome_del_label” e così come c’è “in:spam” e “in:starred”, esiste anche “in:unread”.

Però, così come c’è il collegamento diretto alla cartella (virtuale) spam, perché non mettono anche il collegamento alla visualizzazione dei soli messaggi non letti?

Controllando poi l’indirizzo, si scopre che basta andare su http://mail.google.com/mail/#search/in%3Aunread. E sì, si può salvare il link. Ma cliccare quel link significa ricaricare tutta Gmail.

E mi chiedevo.. non c’è un modo per aggiungere un “non letti” lì, in alto, assieme a inbox, sent & co? Ok, posso usare il lab “QuickLinks”, ma è brutto e finisce troppo in basso per essere usato facilmente, oltre al fatto che per Gmail for Google Apps non c’è ancora la possibilità di attivare le applicazioni sperimentali dei Labs..

Spiegazioni richieste

  1. Poto o SuperPop mi possono spiegare la storia del bacialanello/baciamano?
  2. Perché il prof. di Storia si ricorda oggi pomeriggio, alle 3.43, di mandarci la bibliografia per l’esame di martedì?

PS: anche se l’incontro è stato veramente breve, anche se sono dovuto scappare così in fretta e anche se ci siamo fatti aspettare come dei veri Vips (ovviamente la colpa sapete di chi è), grazie ai già citati famosissimi blogger per il pranzo meneghino, la compagnia, la conversazione. Ma la prossima volta, però, da PastaritO mangiamo la pasta!

Questa mattina

Ok. E’ successo. E credo che ormai ho già i ricordi confusi. Non so più cosa è successo prima o dopo.

Però è successo, dopo un risveglio un po’ così. E mentre stavo premendo il tasto publish dell’ultimo post, è iniziato tutto.

Perchè, come al solito, pensavo prima al mondo che ai miei genitori e poi, insomma, chissà a chi cavolo stavo scrivendo. Ed è iniziata la solita pappardella-monologo della madre.. che sono preoccupati, che non mi capiscono, che sono cambiato, che frequento brutte compagnie, che li ho coperti di bugie (e che loro non sono scemi e hanno capito tutto) e hanno iniziato col solito gioco del “c’è qualcosa che mi dovresti dire?”

Ma il tono che ha usato in tutto questo suo monologo è stato quanto di più odioso avessi mai sentito e con tutte le frase fatte che riusciva a dire, le stesse cose trite e ritrite mi facevano salire solo rabbia, su rabbia, su rabbia. Mi sono scaldato il latte, mentre lei continuava a parlare, l’ho bevuto con i miei biscotti e lei continuava a parlare e parlare e parlare e la cosa mi faceva semplicemente arrabbiare.

Poi me ne sono andato in camera, con la voglia di perpararmi per una doccia, ma lei mi ha bloccato, di forza, per non farmi andare in bagno. E da lì, non ricordo neanche più come, è scoppiata a piangere, un pianto disperato, che mi ha fatto accaponare la pelle e stare male anche io. L’ho accompagnata sul letto e l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare è stata di prenderla, scoppiare anche io a piangere e abbracciarla, come non avevo mai fatto in vita mia. E piangeva, dicendo che era preoccupata, stava male e mi chiedeva di dirglielo, che se un’amicizia era andata troppo oltre, c’era sempre modo di tornare indietro e che mi potevano aiutare, che c’era sempre modo di cambiare, bastava parlare, che ci sono tante brave ragazze in giro e anche se si trova quella giusta a 30 o 40 anni non è un problema, che non ha senso che io vada a lavorare perchè la mia è l’età dello studio e che loro non hanno bisogno dei miei soldi. E non ricordo se gliel’ho detto in quel momento o dopo, quando ha tirato fuori qualcuno dei suoi cavoli di pregiudizi che mi hanno fatto completamente perdere le staffe e scappare in bagno a lavarmi.

Uscito fuori dal bagno, mi sistemo, mi vesto per uscire, per andare da qualcuno che non potevo resistere a casa. Ma non potevo. Aveva nascosto il mio mazzo di chiavi, quelle della macchina e aveva chiuso a chiave tutte le porte. E mi sono arrabbiato ancora di più, pretendendo di riavere indietro le mie chiavi e la mia libertà di uscire. Perchè nel frattempo, mi aveva accusato di averla quasi uccisa quando stava partorendo, di farla soffrire ancora più di quanto soffriva per la nonna e ad un certo punto si era messa pure a pregare, ad alta voce, la nonna, perchè le desse la forza di andare avanti. E inzialmente ho perso le staffe, perchè volevo uscire, non potevo sopportare tutte queste cose. Sei malato, non sei normale, cosa dirà la gente, ti sei scelto una strada difficile, ti porterà solo dolore. E volevo uscire, andarmene, correre da qualcuno con cui potessi sfogarmi. E lei mi aveva chiuso in casa. E come un pazzo, volevo uscire. Esagerando, forse, col senno di poi, le ho ricordato che sono maggiorenne e mi sta trattenendo con la forza. E che o mi faceva uscire, o avrei chiamato la polizia. E così si è calmata un attimo, ma poi ha ripreso, sempre le stesse cose. E io man mano minacciavo, salendo le scale, verso il telefono. Tanto che ero arrivato anche a comporre il numero. Solo che a quel punto la rabbia si era leggermente dissipata e ho potuto farle notare che non era tenendo bloccata una persona che poteva instaurare il dialogo. E se era un dialogo, quello che voleva, doveva ridarmi le chiavi e darmi la possibilità, se volevo, di uscire da casa, casa nostra, casa mia. E poi ancora, tranquilli, i pianti, gli abbracci. E continuava ad insistere sulla malattia. E in quel momento non ci ho visto più. A parte il fatto che non aveva ancora mantenuto la parola data di ridarmi le chiavi e riaprire la porta, continuava ad insistere. Preoccupata della strada di perdizione, la malattia, la gente cosa dirà, il dolore della scelta. Tentare di farle capire che non era una scelta ma che ero così e punto ed era solo da accettare e che anche io avevo impiegato tempo a lavorare su di me, a capirmi, ad accettarmi. E non capiva, non voleva capire, non voleva neanche provarci. E di nuovo la rabbia saliva, assieme alla mia incapacità di spiegarglielo e così l’idea di chiamare e prendere l’appuntamento con la dottoressa da cui ero andato (dopo sue insistenze) un anno fa. E allora voleva sapere lei cosa mi aveva detto, se anche la dottoressa diceva che ero veramente così. E la rabbia saliva, perchè non riuscivo a farle capire che non è una scelta, non è qualcosa che mi dovevano dire gli altri o che posso scegliere, come se fosse la maglietta che si sceglie la mattina. E la rabbia saliva, perchè non mi voleva fare uscire. Non voleva capire che non ero in grado di spiegarle molto, il perchè, il per come, se ce l’ho nel dna o è colpa loro. E così, come un pazzo, uscendo dalla stanza e salendo e scendendo le scale, mi è venuto solo da urlare che sono anni che l’organizzazione mondiale della sanità non la riconosce come una malattia e che, cavolo, non sono malato e fa male, molto male, sentirsi dire dalla propria madre che si è stati quasi causa della sua morte al momento del parto, fa male sentire tirare in ballo la povera Nonna, fa male tutto il resto.

Poi, non si sa come, ha capito che era meglio aprire la porta, ridarmi le mie chiavi. E voleva sapere dove andavo, perchè voleva essere sicura di dove andavo. E che questa sera, dopo il lavoro, sarei dovuto tornare a casa, subito, senza giri strani. Perchè, domani mattina, dobbiamo portare la macchina dal meccanico.

Me stesso?

Non posso leggere queste frasi, perchè inizio a domandarmi chi in realtà io sia. A volte, mi rendo conto di avere mille sfacettatture che però non mostro, in contemporanea, a tutti. Che ho mille volti che ben pochi, in realtà, conoscono. Non è questione di nascondersi, nè è questione di falsità. E’ solo che.. boh! Per un motivo o per un altro spesso non riesco a comportarmi come vorrei, spesso non mi sento me stesso, ammesso che io riesca a capire chi sia effettivamente questo me stesso.

La cosa che però mi preoccupa è che con queste persone riesco ad essere simpatico, gentile, cordiale, accondiscendente. Riesco a farmi usare, ingannare, fregare. E spesso o addirittura quasi sempre sono persone che non si meritano di vedermi così, non si meritano la possibilità di usarmi, ingannarmi, fregarmi. Non si meritano di vedere il lato forse buono (e ingenuo) di me.

E invece poi va a finire che le persone a cui tengo di più vedono invece un me diverso. Vedono un me stupido, cretino, paranoico, fissato, egocentrico, vendicativo, intrattabile, sbadato, velenoso, dannatamente lunatico. E riesco sempre a combinare qualche pasticcio, ad arrabbiarmi per un nonnulla, a serbare rancore.

E la domanda è quella, sempre quella. Io, veramente, chi sono?