Ecco, no, in realtà ci sarebbe una cosa da aggiungere.
Ed è questa:
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Ecco, no, in realtà ci sarebbe una cosa da aggiungere.
Ed è questa:
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E niente.
Nulla da comunicare.
Tutto perfetto, sperando di riuscire a ripetere ad agosto.
Grazie a tutti.
Succede che ieri sera sono andato a cena al greco.
Cena organizzata da me, con un po’ di gentaglia decisamente social.
Ritardi, traffico, stress, ma per fortuna la buona compagnia in macchina non mancava.
Prima della partenza le solite discussioni di casa. Sempre i soliti discorsi. Che di base bla bla bla bla internet è il male e le persone conosciute via internet non esistono o sono tutti dei mostri pericolosi che possono farmi del male. All’obiezione che, ehi, molti li conosco anche da più di un anno ed esistono, sono veri, vivono, respirano, lavorano! Sai, alcuni sono di Design, ci sono dei grafici, ci sono quelli di Mondadori, c’è gestisce le PR Online e chi lavora nel marketing. Ma no, non è mai abbastanza.
Poi, il preavviso che anche oggi sarebbe stata una giornata di lavoro, che sarebbe poi finita con un aperitivo, sempre a Milano, per parlare di un altro progetto, che trovo interessante, per lo meno sotto l’aspetto della sfida e del mettersi in gioco e provare a pensare a qualcosa di diverso.
Ed ovviamente, il preavviso non è servito a nulla. Stessi identici discorsi ed obiezioni di ieri. Ed oggi l’aggravante è che ero uscito pure ieri. Che poi, voglio dire. È estate, ho finito gli esami. Se anche fosse, che problemi ci sarebbero ad uscire 2 sere di fila? Di cui, poi, una era per un possibile nuovo lavoro.
Ma no, niente.
Ma alla si prende, si va. Di nuovo Milano, di nuovo traffico. Parcheggia, prendi il passante, nessuna macchinetta per timbrare, l’incubo del controllore e l’arrivo ad una P.Vittoria che incute tristezza, con quei neon gialli.
Arrivo all’aperitivo. Stiamo parlando da un po’ e squilla il telefono. Indovina chi è? Metto giù una volta. Lascio squillare la seconda. Rispondo la terza. Errore. Questa volta non è lei, ma lui.
Chiede dove sono, rispondo che sono a Milano, urla. Che sono di nuovo a Milano. Le sceneggiate al tavolino del bar davanti ad un futuro datore di lavoro. Odio. Tanto. Rispondo a monosillabi. Ma non sopporto.
Ad un certo punto, anche basta. Che se ti ritrovi a casa da solo e non sai dov’è tua moglie, prenditela con lei che non dice mai quando esce e quando torna, né si preoccupa di tenere il cellulare acceso. Anzi, no, in realtà lei lo tiene spento per principio.
Che se ti ritrovi a casa da solo e non sai dov’è tua moglie, non prendertela con me che sono ad un aperitivo di lavoro. E no, non è un ossimoro. Sai, siamo designer, siamo strani, facciamo queste cose per te assurde.
Che poi, parlandone, mi dicono che forse voi volete cercare lo scontro a tutti i costi, piuttosto che tentare di uscire un po’ dalla vostra mentalità bigotta.
Ma io ormai mi sono rotto. Veramente. E non ho più forza per controbattere. Né la voglia di litigare e stare ancora per l’ennesima volta male per colpa vostra.
Quindi se mai riuscirò a mandarvi a quel paese per la prima volta nella mia vita, ecco, spero capiate che forse ve lo siete un po’ cercati.
Non so perché, eppure tornando verso casa dopo una bella festa di compleanno, con la musica di sottofondo e un B. addormentato sul sedile di fianco, mi sei venuta in mente tu.
E mi sei venuta in mente pensando che 4 anni sono passati in fretta.
Quattro anni fa eravamo entrambi soli. Per un motivo o per un altro ci eravamo allontanati dai rispettivi gruppi di amici e ci siamo ritrovati. E si stava bene insieme. Io ero sparito, avevo cambiato scuola, non avevo finito il Liceo dove l’avevo iniziato. Poi ero diventato contro voglia uno studente di economia. Tu invece eri alle prese con l’anatomia.
Pensandoci, quattro anni fa, in questo periodo, ero sempre a casa tua. Per tanti motivi, ma anche vedere tutte le partite dell’Italia. Non che il calcio mi abbia mai appassionato, eppure per la Nazionale un’eccezione si può sempre fare.
E poi è bello e divertente vedere le partite con gli amici. E mangiare qualcuno dei tuoi tiramisù.
E mi ricordo anche quella serata, quella della vittoria. La felicità e la gioia. E poi in macchina, via verso Milano, ad intasare il centro. Fare strade alternative, trovare parcheggio e sentire gli amici della Cattolica.
Già , conoscevi alcuni miei cari amici dell’università . E sempre quell’anno, se non sbaglio poi siamo andati in vacanza proprio con uno di loro, A. Era assurdo come con A. mi trovassi così a mio agio, riuscendo a parlare di cose di cui non avevo parlato a nessun altro, neanche a te.
È stata una vacanza strana. Mi ricordo del mare, del sole del primo mattino, con la spiaggia ancora vuota, del condizionatore puntato sul mio lettino e dei pinguini che giravano per la camera quando tu regolavi il termostato.
Ma mi ricordo anche delle tante persone conosciute, degli scambi di cell e di email e delle amicizie richieste su facebook. Scoprire che il mondo è minuscolo e conoscere in Tunisia una piccola genietta laureanda in Cattolica, in Economia.
È stata una vacanza strana, perché alla fine è stata una delle prime volte in cui mi sentivo libero e tranquillo. Lontano da casa, con la sicurezza data dalla vicinanza di A. e solo un’ostacolo da superare: riuscire a parlarne con te. E gli scazzi e i sotterfugi e gli stratagemmi per capire se avevi capito, perché per me, da zero, era veramente difficile parlarne, con te, che ti conoscevo da una vita (beh, vita no, ma 6-7 anni sì).
E non so com’è successo, dev’esserci stato lo zampino di qualcuno. E forse anche qualche mio scazzo, visto che l’idea di essere il gossip del momento del gruppone che si era formato, mi dava veramente fastidio.
Ma poi niente, alla fine è basta parlarsi e tutto è andato a posto. Ed è arriva la fine della vacanza, di quella vacanza e ho lasciato per la seconda volta quel villaggio vacanze con un magone tremendo.
Poi è successo che tu, imperterrita, in quel villaggio sei tornata pure l’anno successivo. E lì hai conosciuto due ragazzi, uno dei quali ora è il tuo ex, l’altro invece continua a girarti attorno, ma alla fine non so bene cosa sia successo.
Il tuo ex ora è mio amico, uno di quelli a cui tengo di più. E trovo assurdo come riesca ad organizzare di vedersi più facilmente con lui che non con te, da quando avete rotto. Ma in fondo, è da quando l’ho conosciuto che è sempre stato così.
Ed è da quando avete rotto che in qualche modo ci siamo allontanati. Forse perché io non sono più solo e pure da un bel po’. E tu, boh, non so, non ho mai capito e non mi hai mai detto nulla, neanche quando riusciamo a beccarci in chat. Mi sembra però che tu sia riuscita a farti un giro tra amici e conoscenti, riuscendo a superare quel guscio di timidezza che ti ha sempre contraddistinto. E alla fine, diciamocelo, ad entrambi piace un po’ essere inseguiti e rincorsi e se aspettiamo che uno dei due organizzi per vedersi, stiamo freschi.
Però boh. Questi pensieri sono strani, dopo una festa di compleanno.
Ma forse neanche tanto, perché era la festa di compleanno della ragazza del tuo ex.
O forse perché ci ha pensato il casuale dell’iPod a tirar fuori Sandra, usata come sigla dall’animazione per quella vacanza.
Che poi, a me, ieri, ha fatto una gran pena vederti con gli occhi rossi dal pianto.
Settimana piena, pienissima.
Una festività passata sui libri, che non è ancora finita. E neanche i libri, in realtà .
Un po’ di tempo rubato per “giocare” con un’installazione di prova di WordPress 3.0, provare le nuove funzioni, abituarsi al leggero restyling dell’interfaccia di admin e testare alcuni plugin che potrebbero farmi comodo per un nuovo lavoro.
Già , il nuovo lavoro.
Voglia di parlarne, perché l’intera situazione mi piace, mi stimola, mi affascina. Lunedì ne ho avuto solo un piccolo assaggio, ma mi è bastato per capire l’aria che si respira, i brainstorming, la possibilità di lavorare accanto a persone più che preparate, alcune delle quali ho già avuto modo di conoscere.
Insomma, tutto un’altro mondo rispetto al vecchio open-space.
Però tutto ciò porta anche una certa ansia, collegato a quanto traspare di quello che sono tra i bit dell’online.
Forse qua sopra parlo troppo di me e sono troppo lamentoso e non so se voglio che chi mi dà lavoro legga queste pagine. Su Facebook forse sembro troppo monotematico e dannatamente pop-trash. Su friendfeed forse il problema non è quanto scrivo, ma tutti i commenti che lascio in giro, su post assolutamente variegati.
Mi viene voglia di un altro dominio, con tutto un altro genere di contenuti. Mi viene voglia di azzerare gli account di twitter e di friendfeed e ricominciare tutto da capo. Per dare tutta un’altra immagine di me. Più seria, più professionale, evitando tutte le cavolate.
Eppure boh.
Forse ora è meglio ributtarsi sui libri. La notte è giovane, l’esame è lì che mi attende e per queste cose c’è sempre tempo.
Cena di compleanno in un agriturismo nel pieno della campagna (?) di Lainate. Talmente campagna che l’agriturismo era circondato da ben 4 provinciali e statali, di cui una, nello specifico, era il Sempione.
Posto comunque carino, anche se forse avrei preferito essere avvisato riguardo al dress code.
Arriviamo tutti trafelati e di corsa, visto che siamo partiti alle 21.30 per un’appuntamento delle 21.30, mentre gli altri erano partiti alle 20.45. Entriamo nel ristorante, chiediamo del tavolo ma… degli altri 11 della tavolata non c’era ancora traccia. Ah, bene!
Aspettiamo un po’ fuori, intanto arriva il gruppo. Saluti alla festeggiata e si entra.
Un primo errore: la festeggiata che si posiziona a capotavola. Una cosa che odio, odio, odio, soprattutto se la compagnia è più o meno mista. E così mentre da una parte si siede il ragazzo e gli amici del ragazzo, vuole lasciare l’altro lato per la sua amica, che poi rimane da sola. Però poi si lamenta per il fratello + ragazza, che finiscono lontani.
Diavolo, con le tavolate così lunghe il festeggiato si posiziona al centro: può raggiungere tutte le conversazioni ed è più facile disporsi. Eh, ma no!
Momento di ordinare. Gente indecisa. Che dice una cosa, ordina altro, poi ritratta e poi boh.
Ad un certo punto mi ritrovo al centro di un triangolo calcistico che guarda avrei fatto anche a meno.
I continui commenti (ad alta voce) di uno degli invitati che continuava a paragonare ogni cosa con quella del suo agriturismo. Ma questo non è buono, questo costa un sacco, ma da me le porzioni sono più grandi, qui ci fregano, io faccio così.
Poi il vicino che continuava a sbircirarmi lo schermo dell’iPhone, mentre tentavo di rifugiarmi nel bel mondo di FriendFeed per salvarmi dalla non troppo ottima compagnia. E il “mante pagine hai”? Ma dai, fammi vedere un po’ di giochi, che io divento matto con queste cose. Ma anche no, ciccio mio.
Poi il momento regali. Il nostro pensierino più che apprezzato. Poi la festeggiata apre il regalo del gruppone. Che inizia a discuture: no, ma io lo volevo nero. E no, ma a me piaceva di più l’altro modello. No, io avevo invece che. Tu però avevi detto ma. Rimango allibito. E continuano. E continuano. E continuano. In modo che tutti sappiano tutto. Fino ad arrivare alla chicca: “il vestito che ti piaceva tanto due mesi fa non c’era più. Avremmo dovuto comprartelo subito”. COSA!? Compri come regalo un vestito che poi consegni dopo 2 mesi? E se poi non va bene? Se è difettoso? Se la taglia è sbagliata? Ma siamo matti?
Poi arriva il momento del conto. Altre scene. Dall’ognuno paga per sé al dividiamo tutto. Alla fine si decide per un “dividiamo in parte, chi ha preso i secondi paga”. Ok, mi sta bene. Iniziano a raccogliere i soldi, poi qualcuno obietta che raccogliere 22 € è un casino, meglio fare 25 (la cifra del diviso tutti uguali). E via, tutti danno 25. E qualcuno inizia a borbottare, che insomma, io pago e per 3€ non ho problemi ma non è giusto. E il nervoso sinceramente mi sale perché è vero che ho preso sia il primo che il secondo ma: il primo era il meno costoso. Ho bevuto (poca) acqua mentre c’è chi ha preso 2 birre o chi si è bevuto il vino. Dell’antipasto ho toccato poco o nulla perché alcune cose non mi piacevano e c’era chi fregandosene degli altri ha spazzolato il piatto. E poi devo pure farmi dare implicitamente dello spilorcio scroccone? Ma scherziamo!? Roba che avevo voglia di lanciargli il 70€ e andarmene, senza neanche aspettare il resto.
Però, vabbé, in compenso ho mangiato bene. E tanto. Le tagliatelle al salamino e ragù erano buonissime. La tagliata di vitello alla griglia con rucola, grana e pomodoro era ottima. E avevo il Byb di fianco e l’iPhone.
E meno male che riesco sempre ad evitare questi eventi. Ma una volta l’anno, capitano.
Nel frattempo, rotolo verso il letto e vedo di digerire.
PS: se domani leggo che tutti voi presenti all’evento social del momento, il compleanno della Fra, vi siete divertiti come matti, prometto che vi defollowo da friendfeed, vi cancello da twitter e pure dal reader.
Sembra stia arrivando il caldo estivo.
La finestra è aperta ed entra il fresco della notte.
Io, ormai, son già sotto le coperte.
Litigo con qualche insetto, attirato dalla luce dello schermo, che rischiara la stanza buia.
Da fuori si vede solo un fievole bagliore dei lampioni delle strade alla fine dell’isolato, che disegnano le sagome delle case che si stagliano davanti a loro.
Tutto tace, a parte le mie dita che corrono veloci sulla tastiera.
È una notte bellissima, di quelle che vorresti stare sveglio e osservare e sentire il nulla.
Ma niente, è stata solo un’illusione.
Un’illusione rotta dal rumore di un aereo in atterreggio.
Ma no, ora si allontana, quasi non si sente più e la situazione si è ripristinata.
Poi due rintocchi di campana, in lontanza.
Guardo l’orologio e mi accorgo che sono un po’ fuori orario.
E forse, è anche l’ora di chiudere tutto, appoggiare la testa al cuscino e lasciare che questa notte stupenda mi accompagni nel mondo dei sogni.
Sono giorni così.
Su e giù, destra e sinistra, manco fossi sulle montagne russe.
E niente, quindi qui spengo tutto, me stesso compreso, e arrivederci alla prossima.
Alla fine, sono tornato da Madrid.
Problema nube vulcanica evitato per un soffio, sia all’andata che al ritorno.
Tempo un po’ così, anche se a sentire le cronache dall’Italia devo ammettere che non sembrava tanto male.
Tanti, forse troppi quadri visti, che per un po’ non voglio vederne neanche uno.
Guernica.
Piedi ancora doloranti per il troppo camminare.
I soliti assurdi scazzi causati dal far convivere 6 teste diverse.
Guernica.
Un Gios visto per un aperitivo.
La circolare.
Il roaming dati dimenticato attivo per sbaglio e l’azzeramento del credito.
La lontananza.
Il 50ino usato a dovere.
Guernica.
Ma, alla fine mi sento soddisfatto di questo viaggetto in terra spagnola.