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Again

Un pomeriggio bellissimo, anche se dalla partenza un po’ burrascosa, complice una genitrice con un’ottimo tempismo nel chiedere i favori e che sa far leva (ovviamente gridando) sul fatto che non li considero mai, mentre corro per gli amici.

Un pomeriggio inizialmente non stupendo, nuvoloso, con qualche gocciolone. Un pomeriggio che poi ha regalato caldi raggi solari che facevano splendere quel piccolo lembo di natura intorno al Ticino e al Naviglio.

Una macchina fotografica al seguito. E tante foto. La qualità  e la bellezza son quello che sono. Ma l’acqua increspata del Ticino, i rami pieni di libellule azzurre, la scalinata di Villa Clerici, le ochette che giocano nell’acqua.

E poi finisce il pomeriggio. Si fa tardi. E si torna tra queste quattro mura che non sopporto. Cena. Le stesse, identiche, domande sulla Grecia. Le stesse identiche risposte. Poi le stesse, solite, polemiche sulle mie uscite serali, sui miei rientri. Sempre le solite cose dette, da una parte e dall’altra. Nessuno si muove dalle sue posizioni.

Ma loro, questa volta, giocano il jolly. Tirano fuori il fattaccio di un paio di anni. Che li ho fatti preoccupare, che son stati male, che erano in ansia, che non sapevano dov’ero. Tutte cose giuste, che condivido, che mi spiace che si siano sentiti così. Ma loro non si sono mai preoccupati di andare oltre questo, di andare oltre la facciata. Non hanno mai voluto sapere il perchè, non hanno mai voluto sapere come stavo male in quei giorni, in quei momenti, come mi sentivo bloccato, ingabbiato in una vita, un’università , un futuro che non sentivo mio, con delle persone che dicevano di volermi bene ma non mi capivano, non mi comprendevano, non mi chiedevano, senza nessuno con cui parlare, con cui poter essere veramente me stesso, dovendo stare nascosto, sentendomi diverso, quindi escluso. Loro non mi hanno mai chiesto il cosa mi ha spinto oltre, cosa mi ha fatto superare, per una volta, con tragici risultati, quel limite che mi ero sempre posto, che non mi aveva mai fatto bere più di tanto, che non mi ha mai fatto fumare, nè drogarmi.

Ma quella sera si era instillato in me la voglia di fuggire da quella situazione, insopportabile, che mi stava schiacciando, che non mi faceva più vivere, che mi stava soffocando. E quindi ho tolto i limiti, ho disattivato il buon senso. Ed è andata come è andata.

Ma non capiscono, non vogliono chiedere, non vogliono sapere. E tirano fuori l’argomento. Come se lo avessi fatto per dispetto a loro. E invece non capiscono che loro non sono stati il fine. Ma la causa.

E io, questa cosa, non l’ho mai detta. Me la son sempre tenuta per me. Con loro voglio parlare dell’argomento il meno possibile. Ma loro no. Perchè ogni scusa è buona per tirarla fuori. Per dire sempre le stesse cose, per farmi sempre gli stessi rimproveri. Perchè poi non conta quello che è successo dopo, che mi sia comportato “bene” o altro. Anzi, non conta che quello sia stato l’unico fattaccio. Perchè per quanto possa fare una cosa giusta, buona e brava.. no, quella perde ogni valore appena faccio qualcosa che appare ai loro occhi sbagliato, brutto e cattivo.

Perchè loro, han fatto tanto per me. Ma io, per loro, solo una cosa: preoccupazioni.

E a me, sinceramente, la frase ha fatto gelare il sangue. E così me son corso, in camera, a piangere sopra questa tastiera.

Sinceramente

Sinceramente sono stufo di tornare a casa e trovarti sveglia, ad aspettarmi. E a iniziare una litigata appena giro la chiave nella toppa. Per dire sempre le stesse identiche cose che, tradotte, implicano che io possa mettere il naso fuori di casa solo per andare a lavoro e nient’altro. Neanche uscire nel w-end o anche solo andare a prendere un gelato in piazza. E no, non dirmi di telefonarti. Perchè sai benissimo che è solo ipocrisia. Visto che poi litigeresti al telefono, con tuoi no, no, no, no. E ti chiuderei il telefono in faccia. 

 

Io non posso, non riesco a continuare così. Mi spiace.

Soddisfazioni. O quasi.

Gentile xxx,
le comunichiamo che ha sostenuto positivamente il test di ammissione al corso di grafica

olè!

La informiamo che quest’anno il Comune di Milano ha deciso di valorizzare i propri corsi di eccellenza introducendo criteri di selezione più articolati.

Per il corso di grafica e di illustrazione è prevista anche la valutazione di titoli di studio e di eventuali esperienze, per questa ragione le chiediamo di inviarci un sintetico curriculum che ci consentirà  di perfezionare la sua valutazione

Doh!

Motociclisti. Hoavutotantapaura.

Stavo tornando a casa, distrutto da una giornata niente male a lavoro.

Calmo, tranquillo per la mia strada. Strada che, nello specifico, passando nel sottopasso di Scarampo/Serra, si restringeva ad una corsia (quella di sinistra), visto che (dice il Byb) lo stanno imbiancando.

Fatto sta che me ne esco calmo e tranquillo dal sottopasso ristretto ad una corsia, andandando alla mia bella e tranquilla andatura cittadina post lavoro e metto la freccia per tornare sulla prima corsia di destra, visto che – si sa – di notte ci sono pazzi che vogliono sfrecciare.

Finalmente non arriva più nessuno e inizio a spostarmi sulla destra e – come me – noto che vogliono fare la stessa manovra anche altre macchine più indietro. Esco quasi dalla mia corsia e compare, all’improvviso, nell’angolino dello specchietto, un motocicista. Arriva da un’altra strada che si immette su quella che stavo percorrendo ora. Entra nella corsia di accelerazione, supera una macchina sulla prima corsia, entra sulla seconda e continua a spostarsi sempre più verso sinistra, per entrare sulla terza corsia, ad elevata velocità .. e sembra quasi che mi punta. Do’ una brusca sterzata (ed una frenata) per evitarlo e lui incurante continua alla sua velocità  e lo vedo scomparire, lì davanti a me, zizgagando.

E io, in realtà , ho avuto paura.

Paura di uno che arriva a velocità  folle da un’altra strada, si è buttato sulla “mia” strada, ha superato tutto e tutti e mi ha tagliato la strada (3 corsie + quella di accelerazione bruciate in un secondo). Ho avuto paura di uno che percorre a quella folle velocità  una strada pericolosa, piena di buche, in piena notte. Ho avuto paura di non riuscire ad evitarlo e che lui si schiantasse contro la mia portiera. E mi sono immaginato la moto sbalzata chissà  dove, lui per terra, la telefonata al 118, l’ambulanza, i lampeggianti della polizia, il traffico bloccato. Ma ho avuto paura anche di controsterzare troppo e finire contro la barriera in cemento e prendere il volo. E farmi male, distrugger la macchina. Così, per nulla, per colpa sua.

E non lo capisco il desiderio di velocità , di infrangere i limiti, di mettere a rischio la propria vita (cavoli, vai in giro su due ruote, mica in un cassone con quattro!) e degli altri. Sì, anche degli altri. Perchè, credo, se uno ti viene addosso e si fa male, tanto male, e non è neanche colpa tua, certamente non stai bene, ti senti un po’ la causa di tutto. O almeno, io mi sentirei così.

E così per tutto il viaggio ho avuto questa bruttissima sensazione addosso. Sì, ok, va bene, non è successo nulla. Me se non mi fossi accorto che arrivava? Se non avessi sterzato e frenato in tempo? Se mi prendeva in pieno?

Ci sono eventi, attimi che mi rimangono impressi.

E continuo a pensarci, ragionarci.

Forse troppo.

E a starci male.

Forse troppo.

 

PS:  Uscita obbligatoria al casello di Arluno. Autostrada ristretta da 3 corsie ad una sola. E un pazzo, il più furbo di tutti, che arriva a tutta velocità  sulla seconda corsia. Vuole rientrare, visto che nel giro di pochissimo la corsia diventa unica. Peccato che sull’unica corsia disponibile c’ero io. Con la mia solita andatura tranquilla da profonda notte, su un’autostrada letteralmente tempestata di lavori in corso, da anni. E così mi vede, capisce che non può rientrare e tira dritto, tirando su tutti i segnalini “restringi corsia” ed evitando per un soffio una ruspa lì parcheggiata. Senza abbassare minimamente la velocità . Altro spavento. Ma continuo con la mia solita velocità . Esco col telepass. E indovinate lui dov’è? È fermo al casello, in coda, per pagare in contanti.

Non ho parole. Ma quanto è stupida e scellerata la gente?

E fuori cade la pioggia

Finito presto, oggi, a lavoro.

E si torna a casa, mentre fuori cade la pioggia.

Tuoni e lampi riempiono e illuminano il cielo.

Esteticamente t belli, favolosi: quell’istante di luce abbagliante disegna strane figure.

Ma sono anche inquietanti. E apocalittici.

Una voce, però, mi tranquillizzava, mentre la macchinina camminava pian piano verso casa.

Ma poi, comunicazione interrotta e telefono scarico.

E il viaggio, solitario, verso il riposo, arrivando poco prima che un fulmine togliesse la corrente la corrente all’isolato, bloccando il cancello automatico, e il suo tuono scuotesse i vetri.

Davanti alla porta di casa, tutti i gatti, infreddoliti e impauriti. Una carezza a tutti, prima di entrare e pensare alla cena e al riposo..

Banalmente, auguri!

Capita che sia il caso, mentre sono in coda, che ci faccia incontrare.

Capita che il tuo lui, poi, si diverta a prendermi in giro.

E capita pure che – chissà  come – decida di fare lo sbruffone e di autoinvitarmi a cena con voi, in attesa che inizi l’evento.

Capita pure che alla fine dell’evento ci sia uno scambio di bigliettini da visita.

E inizia, nel buoio di quella notte, uno scambio di email.

Dopo un sacco di tempo, ci si rivede, una sera, a Bergamo. E inizio ad amare quella città .

Poi capita che io diventi un noi.

E ho un nuovo invito per Bergamo, per una festa di un tuo collega. Ma chi pensava che non sarebbe stata una noiosissima festa in giacca e cravatta con perfetti sconosciuti? Chi pensava che anzichè essere un io, potevo essere un noi, senza problemi?

E continua a crescere qualcosa. Le confidenze, i consigli, un sentimento di affetto e amicizia che diventa sempre più forte.

E poi, finalmente, ti presento il mio “noi”.

Giretti e cene a Milano e a Varese, altri compleanni, cenette nella tua fantastica casa per guardare San Remo in versione retrò, un po’ di idee e progetti miseramente falliti.

E l’annuncio di quel che succederà  l’8-8-8, qui.

E la mia felicità , la nostra felicità , per te, per voi.

E la certezza, avuta ormai qualche giorno fa, che quella felicità , quei momenti, quegli attimi li condivideremo con voi e saranno per sempre impressi nella nostra memoria.

Ma oggi, alla fine, posso fare ben poco.

Oggi posso solo farti gli auguri per il tuo compleanno.

Auguri,

Francy,

auguri.

Ventiquattro

Sveglia. Presto, per incontrare un’amica per colazione. Forse, però, era un po’ troppo presto.

Colazione che poi si è protratta per un po’ troppo. Fino a diventare un giretto e poi un pranzo, a scrocco. Tutto condito di parole, parole e parole.

Poi il rientro a casa, giusto in tempo per sentire un’altra amica, per restituirle delle cose, per un favore chiesto. Era un sacco di tempo che non ci si sentiva nè vedeva. Un po’ di aggiornamenti reciproci. Parola, parole e parole. E l’ufficializzazione di qualcosa che, in fondo, sapevo che sapeva già . Un po’ di dubbi, sulla mia incapacità  di gestione della cosa.

E, ancora, il tempo passa, vola. E così i saluti, il fatti sentire, il leggimi su queste pagine.

E poi sfogliare una rivista con mio padre, opinioni mie diverse dalle sue, una tapparella rotta da sistemare.

E la stanchezza, che mi prende. Sdraiato sul letto, con un fresco venticello che mi accarezza la faccia.

E dormo, dormo, dormo.

Una chiamata. Rispondo, mezzo imbecillito. Ascolto. E rispondo, a monosillabi, ancora addormentato. L’idea era quella di non preoccuparsi se saltava la serata, di andare pure dove volevi. Ma, sicuramente, non ci sono riuscito.

Perchè volevo tornare a sdraiarmi sul letto, dormire ancora un po’, prima che il profumo di pizza della mamma si diffondosse per casa.

Cena, tranquilla, rilassata. E parole, parole, parole.

Ora piove, diluvia, tuoneggia. E parole, parole, parole che scorrono sui tasti.

E il sonno che mi assale di nuovo.

 

 

Sotto la doccia (pensieri)

Ci stavo pensando questa mattina, sotto la doccia.

Tutte le volte che “on-the-net” ho cambiato la mia identità  virtuale. Passando da un blog ad un’altro. Cambiando.

Perchè a volte cambiavano le situazioni esterne, a volte quelle interiori.

Stavo rileggendo i vecchi archivi, che sono solo in locale sul mio (vecchio) iBook. Archivi di anni fa. E quanto ero diverso. Solo, nascosto, insicuro, con la necessità  di avere uno spazio mio e solo mio (e chissenefrega se non mi legge nessuno).

Poi qualche casino, una migrazione, un cambiamento. Di come vivevo i miei sfoghi online, di quel che doveva essere il mio blog. Che, però, è diventato sempre più stretto, indissolubilmente legato alla mia identità .

E così, un’altro cambiamento. Uno sdoppiamento, per la verità . Tentando di separare la mia vita personale dal lavoro, dalla mia passione. Senza però, diciamocelo, riuscirci bene. Senza riuscire a delineare (e alla fine è pure logico) confini netti.

E così, di nuovo, un cambiamento, recente. Su queste pagine, mescolando di nuovo tutto, facendo casini con le categorie e i tag, con un theme ancora a metà , che probabilmente rimarrà  abbandonato a se stesso come succede con molti dei miei (faraonici) progetti.

Ma stavo pensando. Stavo notando come è cambiato non solo lo stile in cui scrivo, ma anche gli argomenti stessi. Forse, un po’, come persona e come blogger, sono cresciuto.

Mi rendo conto che sono mesi che non scrivo più lunghi post lamentosi di quello o di quell’altro, per il lavoro, per gli “amici” o altro.

Forse sto guardando la mia vita con occhi diversi, occhi più comprensivi. O forse no. Forse è solo una mia impressione, perchè ci sono sempre cose, comportamenti, atteggiamenti che non sopporto. Ma forse non mi fanno così male, non mi danno così fastidio come prima. Forse sto diventando insensibile. O forse sto solo imparando, poco alla volta, a dare a ogni cosa il suo giusto peso.

Sicuramente è anche grazie alla serenità  interiore che sento sempre più crescere dentro me stesso. E per questo posso solo ringraziare chi mi è accanto. Chi mi ama, chi mi vuole bene come amico, chi mi apprezza come persona, chi trova piacevole perdere tempo con me online.

Sinceramente, mi sento sempre più forte. E in virtù di questa nuova forza voglio riuscire a mettere ordine nella mia vita, far chiarezza su alcuni punti, sistemare alcune (importanti) questioni lasciate in sospeso.

E, come al solito, mi son perso per strada, iniziando a parlare (scrivere) senza un filo logico. Di cos’è che volevo parlare in questo post?