Don’t stop believing
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Da brividi
[lo ammetto, sono finito nel Glee-tunnel pure io]
Ccn, questo sconosciuto
Ok.
Mi hai mandato l’invito alle sfilate di Dirk Bikkembergs e la cosa potrebbe anche interessarmi.
Però tu, signor riccardo piccolo con le minuscole, che immagino diffonderai mail su mail di comunicati stampa e co, potresti anche imparare ad usare il ccn, evitando che il mio indirizzo finisca nelle caselle hotmail di troppe persone soggette a virus di ogni tipo. Grazie.
Rabbids go iPhone
Inutile.
Ma ovviamente l’ho già comprato
Rabbids Happy New Year
[anche se un po’ in ritardo]
L’ultima cena
Le immagini promozionali per l’ultima season di Lost.
Il fatto è che dicono che le posizioni scelte per i vari personaggi sono intenzionali. E direttamente collegate al plot della stagione.
E io le salvo qui, per poi venire a controllare a fine stagione.
Ah, 2 febbraio. Sì, manca meno di un mese all’inizio della fine.
Slow it down
Se solo la gente rallentasse un po’, riuscirebbe a vedere quello che ha intorno.
Filmato con una Canon 7D a 50p, rallentato poi a 24p.
Musica: Mad World di Adam Lambert (sì, quello lì)
Voti
Non so se essere più arrabbiato per il 26 nell’esame di Flash, che credevo di aver fatto praticamente perfetto e senza problemi, o stranito per il 28 di Tecnologie e strutture, che credevo di aver fatto male, quasi da schifo.
Chissà a questo punto quello di rendering, con domande ai limiti dell’assurdo…
I giochi del 2009
Capita che qualcuno su Friendfeed chieda quali siano stati i giochi che più chi hanno appassionato in questo 2009 ormai concluso.
E che ci faccia pure un post, inserendo però la mia triste e stringata risposta sgrammaticata.
Quindi ecco la mia risposta meno sgrammaticata (si spera) e più articolata su Little Big Planet, mentre non ho intenzione di parlare né dei Rabbids, forse il party game più divertente e folle che abbia mai provato, né di Carcassonne, ottimo gioco da tavolo che consiglio a tutti e che richiede un po’ di strategia e un po’ fortuna.
L’avevo puntato da quando era uscito, ma la mancanza di una PS3 rendeva impossibile giocarci. Ma ora non più.
Ed è una meraviglia di gioco.
Di base sembrerebbe un semplice platform bidimensionale (a parte 2-3 livelli di profondità ). Però i creatori si sono spinti un po’ più in là . Non hanno creato un gioco, ma un motore di gioco flessibilissimo con cui costruire i livelli. In cui inserire diversi materiali, modellarli come si vuole, aggiungere motori, sensori, meccanismi e dare vita al tutto. E non se lo sono tenuto per loro, ma è disponibile ad ogni giocatore di Little Big Planet, che può così diversi a creare nuovi mondi.
Giocare la modalità storia è sempre una gioia. Per gli occhi, per vedere quello che sono riusciti a fare. E ti stupisce vedere come si attivano certi meccanismi o trovare il modo giusto per arrivare in quel punto nascosto. O rigiocare infinite volte lo stesso livello fino a riuscire a risolverlo senza perdere neanche una vita.
Ma è ancora più divertente giocarlo in due, con un amico di fianco a te. Aggrapparsi agli stessi appigli, dondolarsi in contemporanea per poter saltare più lontano. E riuscire a risolvere le innumerevoli “stanze” x2, in cui è necessaria la cooperazione di almeno due giocatori per prendere tutte le bolle premio.
E la delusione, dopo fatiche e fatiche di non aver preso tutti i premi e non trovare il nascondiglio dell’ultimo oggetto che manca.
Ma aggiunto al gioco in coppia da casa, ci sono le infinite possibilità dell’online. Non solo nelle partite di gruppo, con fino a 4 giocatori, che diventano veloci, incasinate, impossibili, ma molto divertenti.
Il bello è vedere ciò che gli altri giocatori hanno creato. E si scoprono così tantissime chicche. Dal pazzo che ha ricreato la storia di Jurassic Park (1, 2, 3 in 5 livelli diversi), a chi si è inventato i percorsi o le corse più strane. Chi ha disegnato tranquilli livelli balneari e chi invece ha preso ispirazione da Bioshock.
Ogni volta che si avvia un nuovo livello è una meraviglia.
E tendenzialmente, finché ci sarà fantasia, il gioco sarà infinito.
The Nexus One
E così Google ha appena finito di presentare al mondo intero il suo primo telefono, il Nexus One.

Basato sulla versione 2.1 dell’Android, con alcune piccole novità , anticipate dalla build montata sul Motorola Droid (Milestone per noi europei).
Ammetto di non essere molto impressionato.
Dimensioni simili all’iPhone, una fotocamera decente (5mpx con flash LED), UMTS/HSDPA, schermo touch da 3,7″. Interessanti i dati sull’autonomia diachiarata, poi si dovrà vedere alla prova dei fatti.
Eppure la cosa fondamentale dovrebbe essere il software, più che l’hardware (o il design, nulla di che).
Una forse è la feature interessante (a parte il Google Earth, gli sfondi animati – !? – e il meteo minuto-per-minuto): il riconoscimento vocale attivabile in ogni imput di testo. Non solo nella navigazione, come sul Motorola Droid, ma anche su sms, mail, nelle app. Riconoscimento svolto non dal telefono ma inviando i dati al server.
Tutto il resto, bah, si è già visto. Oppure è solo leggermente più bello graficamente.
Ah, lo slide to zoom è ridicolo, ai tempi delle gesture multitouch.
Ah, la trackball a tre colori se la potevano pure risparmiare.

