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Una notte luminosa in Gamla Stan

Una volta sistemati in albergo e ripresi dallo shock del problema della prenotazione, dopo aver perso un po’ di tempo a rilassarci e a scoprire la camera, siamo usciti alla volta di Gamla Stan, l’isola centrale di Stoccolma, per un primo giro di orientamento e per metter qualcosa sotto i denti, visto che alla fine.. non avevamo praticamente pranzato in volo, rifiutando i prodotti a pagamento di Rayanair e lo spuntino dal McDonald non sembrava sufficiente ad arrivare fino al giorno dopo…

Acqua

Potere ai greci!E la città che si è aperta davanti a noi era magnifica. Palazzi enormi, alcuni monumentali, dove il monumentale era ottenuto semplicemente aggiungendo un enorme tempio greco sulla facciata. Ponti, isole, isolette, viali e vialetti. Era impressionante il numero di ristoranti, tanto da rendere la scelta imbarazzante. Si susseguivano, nella stessa via, un ristornate italiano, un cinese, un giapponese, poi un thai, uno indiano, poi di nuovo uno itialiano, un thai, un chinese, uno spagnolo e ancora un thai. Tutti ristoranti che proponevano la loro cucina, più ovviamente quella tipica svedese, perché bisogna avere rispetto del paese in cui si vive, no? Ristoranti a cucina locale praticamente zero, forse dovuto alla presenza di pochi piatti tipici e all’apertura verso le altre cucine degli svedesi. Si trovava la cucina locale nei bar e nei pub (e anche lì… Irish a profusione!).

Ammirando neri contorni #3Ne avevamo trovato uno che ci attirava. Due piani, musica dal vivo. Avevamo già girato quasi tutta Gamla Stan e il freddo e il buio incombevano. No, il buio no. Diciamo solo il tramonto. E anche dopo che il sole non si vedeva più il cielo era una luce unica, che arrivava da ogni direzione. Ottima per le foto e i controluce degli skyline.

Comunque, entriamo in questo pub. Un primo piano piccolo, affollato, sovraffollato. Però i piatti sono invitanti. Mi dirigo diretto al bancone, chiedendo alla ragazza se avevano un tavolo per due per mangiare. Nel suo inglese perfetto mi risponde sicuramente al piano di sotto. Scendiamo. Praticamente eravamo in una cantina … si apre una sala grande con tavoloni e poi da lì una serie di corridoi dai muri storti a mo’ di caverna con nicchie con altri tavoli. Scegliamo un tavolo lungo questo corridio. La fame avanza, l’umidità e la poca luce da’ un po’ di fastidio. Ma il cameriere non arriva. Non ci aveva dato nemmeno la lista, completamente ignorato, anche quando è passato per servire dei tavoli più in là dei nostri. Ci scocciamo. E ce ne andiamo.

Meglio così. Perché ripercorriamo gli stessi vicoli di prima, pieni di ristoranti, negozi, gelaterie d’asporto (folli, con quel clima, a mangiare gelato passeggiando all’italiana). E alla fine ci ritroviamo in una piazzetta all’aperto davanti alla Sveska Academia. Una foto ridicola. Perché l’ho fatta in verticale, per un edificio a sviluppo prevalentemente orizzontale?!

Over the bar with the rainbow

So that's the Alcazar!

Comunque vieniamo attirati da un paio di bar. Uno vicino all’altro, tavoli e sedie fuori dotati di coperta. Ci attira quello con le coperte Ikea verdi e una rainbow flag che sporge dalla tenda. Scegliamo quello. Ceniamo all’interno, un tavolino minuscolo per due, al caldo della cucina. Un piatto semplice. Pollo al curry, fatto a dadini, mai provato, in una patata al cartoccio. Di contorno, una montagnetta di insalatina sottilissima e semi di soia e altro che non ricordo.

Finito la cena, ero già fuori a sbagliare e a dimenticarmi le foto, qualcuno si attardava… Colpa di un freepress, QX, in megaformato esposto all’interno del bar. Una prima pagina da far paura. Bianca e rosa, con gli Alcazar. Impossibile resistere e non prenderlo. L’errore è stato di aver preso solo una copia. Se ne avessimo prese due, una l’avremmo potuta far avere a SuperPop che abbiamo subito immaginato impazzire (in senso buono) per una copertina così, proprio come noi.

just panorama #3

BlurPoi il ritorno all’hotel su un lungo percorso panoramico con freddo incombente e la luce magica della notte sull’acqua dei canali. Foto su foto al semicerchio del Parlamento.

E una veloce alla colonnina del bikesharing locale, di fianco all’ingresso dello Sheraton.

The lights and the water

Poi camera, letto, sonno…

Citation Needed

Appena letto il commento ho iniziato a ridere. Di gusto, come non facevo da un sacco. Anche se però le cose dette sono vere.

Volevo metterci una star, ma su WordPress non si può. E forse sto diventando troppo Gmail dipendente.

Così ecco questo post.

Giusto per ricordarmi questo stupendo commento.

il problema è che il Love varia dallo stanco, al malato, al malmostoso, il più delle volte. è dura essere un Amo nel mondo d’oggi.

A noi il FullHD ci fa un baffo

Allora, ragazzi, sì, ci sono, sto bene.

I giorni di malattia sono finiti e direi anche la malattia stessa. Domani sarà l’ultimo giorno di antibiotici, la febbre non ce l’ho già da un po’, i doloretti muscolari sono sempre meno frequenti e direi che va tutto bene.

Tranne per il fatto che da questa sera ho il Mac bloccato per cause non imputabili a me. Quindi non posso lavorare per quel sito (di cui sono in modalità ansia), nè andare avanti con la dipendenza da serial che si è acutizzata in questi giorni. No, perché a parte la seconda puntata di Lost, qui si sta sperimentando Lipstick Jungle (non mi ha ancora convinto, ma vediamolo. Chissà cosa viene fuori), Fringe (J. J. Abrams, lo ripeto, io ti odio, ancora di più!), poi ho mi sono portato in pari con tutti i ritardi che avevo accumulato: le Desperate, Brothers&Sisters, Dirt. Nel cassetto, ancora chiuso, solo l’ultima di Ugly Betty, l’ultima di Criminal Minds e due giornate di 24 Ore.

Solo che, ecco, l’ho detto, questa sera non ho potuto fare nulla di questo. E perchè? Perché al momento sto scrivendo da Windows (orrore) avviato sul mio MacBook Pro (orrore) che sta eseguendo un render con v-ray per conto del Byb, che aveva bisogno di un po’ di potenza in più rispetto a quella che gli poteva fornire il suo (mmm… o è di Mam?) povero computer a carbone.

Quindi non posso fare nulla a parte avviare Chrome o Firefox (sperando non si piantino) e aspettare che v-ray finisca il render. Una sciocchezzuola da nulla, un misero file di 14.000×2.8000pixel che dovrà finire su un cartellone da 5 metri per uno.

Ora, va bene che il cartellone è enorme, ma la risoluzione per quel genere di stampa di solito è irrisoria, visto che tanto vengono visti da lontato e, spesso, in movimento. Quindi ero abbastanza tranquillo.

E invece no. Quello stampatore ha richiesto un render 550cmx100 a 300 dpi. Ovvero a circa 32milax6mila pixel, per una dimensione di immagine non compressa di soli… ehm.. 3gb?

Secondo me, è solo follia. E la pensa così anche il povero v-ray, che a una tale risoluzione eseguiva sì il render, ma non riusciva a tenere traccia di quanto calcolato nè – tanto meno – riusciva a salvare una preview. E, insomma, lasciarlo andare (per giorni e giorni) per calcolare qualcosa che non riesce a salvare, mi sembrava stupido.

E così dopo prove su prove cambiando la risoluzione, sono giunto a quella che è la risoluzione massima possibile di quel render. Ed è quella che avevo scritto sopra, quei 14mila pixel per 2mila e 800.

Nel frattempo, il Mac è bloccato, per almeno 2 giorni. E qui si spera ovviamente che lo stampatore folle si accontenti di quella piccola immagine che riesce a produrre v-ray. Perché sennò, a parte prenderlo a calci e dargli dell’incopetente, non so proprio come fare per ottenere un render a risoluzione maggiore da v-ray.

Ci sono troppi fattori in gioco. Tra sistema operativo, software e hardware. E il problema potrebbe risiedere in questo Win XP a 32 bit, che magari a 64bit gestirebbe meglio processi più corposi, ma poi bisognerebbe vedere se sia SketchUp che V-ray siano compatibili e poi bisognerebbe vedere se effettivamente il problema si risolve.

E il bello è che online non si trova praticamente nulla sui limiti di output. Ma sfido a trovarmi una qualsiasi altra persona che abbia tentato di fare un render di un’immagine di 5 metri e mezzo per 1 a 300dpi. E’ pura follia.

E neppure in Pixar ci riuscirebbero. Lì, alla fine, si limitano ai 1920pixel x 1080 del FullHD, no? Ma a noi il FullHD ci fa un baffo. Umpf

PS: i font di Windows fanno schifo. Ma proprio tanto ma tanto schifo. Non vedo l’ora di tornare al Miryad Pro di MacOS e alla beta di Safari 4 (pardon: alla nightlybuild di WebKit), per quanto Chrome sia velocissimo con le G-apps. Peccato che mi va in crash tentando di accedere a WordPress

Again and again and again #3

Oggi, fortunatamente, tutto bene.

Nessuno strano giramento, nessun problema in ufficio o a tornare a casa.

Bene, molto bene.

È che ho la strana impressione che forse interiorizzo troppo quello che mi succede a livello mentale e riesco a trasformarlo in malessere fisico.

So di non essermi fatto vivo. Ma avevo bisogno di un po’ di tempo per risistemarmi un po’. Ammetto che ho accusato notevolmente il colpo subito. Che poi, era pure bello forte e doloroso.

E ora… beh, direi che è ora di ricominciare.

A domani.

Confessione di progetti futuri

Moleskine StoccolmaOk.

Il volo (170409 -> 200409) è prenotato, anche se già da un bel po’.

Nel pomeriggio è toccato alla Moleskine, trovata finalmente dopo un po’ di giri e ancora rigorosamemente impacchettata e che verrà consegnata domani al suo legittimo proprietario.

E poco fa è stato il turno dell’albergo, finalmente prenotato dopo un po’ di tempo in cui ci eravamo semplicemente dimenticati che non avevamo ancora un posto dove stare. Beh, sì, insomma,diciamo che dovrei aver prenotato, sempre che non abbia fatto casini con l’online. Incrociate le dita, forza!

Purtroppo niente Hilton (già mi immaginavo le foto da pubblicare un po’ ovunque e l’invidia suscitata in molti – sigh sob) ma nel nostro 3daysinStockholm alla fine alloggeremo allo Sheraton, in centro, (quasi) centrissimo, in una camera vista mare [così dice la ricevuta…].

Lune

Nervosismo, pomeriggio incasinato, programma non fatto.
La tecnologia e il non credito che ci si mette di mezzo.
E ti arrabbi, rispondi male, chiudi le comunicazioni e ti butti sul letto, rannicchiato, solo tu e la tua testolina del cavolo.
Mandi messaggi di getto, non sai cosa pensare, chiami 1 2 3 persone che ovviamente non ti rispondono, prendi la Canon e le chiavi della macchina. Hai mente di fare una cosa, ma salta, e giri di qua e giri di là, a caso, dove ti porta la strada..
E man mano che la luce si abbassa non sai più perché e con chi sei arrabbiato. E ti arrabbi ancora di più con te stesso per esserti arrabbiato.
Poi un messaggio, diviso in due. E una telefonata. Le lacrime scorrono. Metti in moto e questa volta sai dove andare. Guardi nello specchietto e ti fermi. E scendi dalla macchina. Un cielo azzurro e rosa ti sta dolcemente salutando.