Archivi categoria: Me or Not?

Oggi va un po’ così

Oggi.

-1.

Normale mattinata a lavoro.

Poi la scelta di tornare a casa, anziché andare in uni, visto che – ecco – non è che mi sentissi così tanto bene.

Lezioni interessanti perse.

E anche un aperitivo simil organizzativo con un po’ di gentaglia.

E, insomma, passare un altro pomeriggio da solo, un po’ pesa.

Credo che ormai tutto questo social 2.0 mi abbia un po’ stufato. Poco facebook (tranne che per quegli addicted giochi della Playfish), poco Friendfeed, Twitter di sfuggita. Persino la tab di Gmail va e viene, cosa assolutamente impensabile fino a qualche giorno fa. E non parliamo poi del Reader. Con quel 1000+ ormai ho perso ogni speranza. E persino queste pagine non mi vanno.

Ora va così.

Ecco, forse son malato.

E aperitivo fu

Metti un gruppetto di amici a quanto pare ben affiatato.

Pensa al Momo, sui Navigli, come perfetta location per l’evento.

Metti un paio di outsiders e uniscili al gruppo, sebbene uno dei due voglia affogare l’altro nel Naviglio.

Pensa a me come uno degli outsider, quello affogabile, con tutti i miei difetti: l’incapacità  di riconoscere le persone, una timidezza iniziale tremenda ed imbarazzante. Poi le solite cose, i soliti discorsi. Tra cui il racconto (logorroico) della mia fabulous life che riesce addirittura a prendere strane derivazioni (qualcuno ha detto Pet Society?).

Beh, dire… il tempo è volato. Ed anche in fretta.

E sono contento di aver fatto nuove conoscenze e di aver finalmente “concretizzato” un’altra, a cui – sinceramente – tengo.

È che a volte sparisco

Capita, ragazzi.

È iniziata l’università  – ed è un massacro. Faccio ancora qualche ora a lavoro, per tutta una serie di noiosi motivi che non sto a spiegarvi.

Per questo mese non ho praticamente tempo, per far nulla.

In tutto questo, ne risento un po’.

Mi mancano tante cose da poter fare. Vedere gli amici, stare da soli noi due, fare un giro a Bergamo, andare al cinema per Bastardi senza gloria, Discrict9 e – soprattutto – Up, che vorrei vedere in digitale 3D all’Arcadia di Melzo ma – ahimè – è giusto un po’ dall’altra parte della provincia.

Passato questo mese di fuoco, dovrei tornare ai classici regimi di un universitario. Avere – si spera – un po’ di tempo libero e poter fare qualcosa.

Oggi: acquisti

Una stancante giornata a Milano.

Due diversi compagni di shopping.

Un po’ con fini universitari, molti negozi visti, tante strisciate fatte (anche al McDonald’s, ovviamente), molte strisciate volute ma non portate a buon fine.

IMG_0142Nell’ordine:

  • Japanise Graphics Now! ed. Taschen
  • Carcassonne, Abbazzie e Borgomastri. Se non sapete cos’è Carcassonne, vergognatevi. Correte alla più vicina ludoteca con un gruppo di amici e scopriterlo
  • Happy Birthday carillon con lcd da cancellare e candelina incorporata
  • e infine lei, la Lumaca trainabile (amore a priva vista) che sarà  oggetto di rimodellazione e animazione 3D nel Laboratorio di Computer Grafica

Sono un uomo da 18 crediti

Tutta colpa del Laboratorio di Metaprogetto e dei suoi professori che se ne sono fregati delle classiche dinamiche di amicizia che si usano per formare i gruppi di lavoro e ci hanno imposto un metodo tutto loro, ignoto, infame e forse anche un po’ crudele, ma funzionale e tremendamente aderente alle dinamiche reali del mondo del lavoro.

Ci hanno illustrato tre tipologie di figure: gli smanettoni, quelli che sanno dove mettere le mani, come fare le cose, che sanno che funzionano i programmi; gli organizzatori, quelli che prevedono, tengono le redini dei progetti, coordinano il lavoro degli altri e sanno sempre quello che c’è da fare; i teorici, quelli fantasiosi, che hanno idee, vivono in un mondo tutto loro di fantasia. Successivamente ci hanno chiesto di dividerci autonomamente nei tre gruppi ed è stata fatta qualche modifica per pareggiare il conteggio.

Quindi la spiegazione: un buon gruppo, per funzionare, deve avere un organizzatore, uno smanettone e un teorico.

Poi la sorpresa. Gli organizzatori sono stati invitati ad avanzare verso la cattedra e sono stati definiti project manager. Ad ognuno di loro è stato assegnato un budget di 20 crediti, da usare per acquistare le altre due “figure professionali”, attraverso la forma dell’asta, ed il tema della ricerca da presentare.

Subdolo, astuto, crudele, geniale, tremendamente reale.

Perché sul project manager è ricaduto completamente l’onere di formare una squadra “equilibrata”, vincolato dal dover comprare ognuna delle altre due figure, col un budget limitato e il pericolo della forma di acquisto dell’asta, che portava a far salire il prezzo dei lavoratori ambiti, quelli bravi, con idee, capaci o anche solo quelli che sono riusciti a vendersi bene.

Da questi vincoli derivano molte possibili scelte, molte possibili strategie: meglio spendere poco per le figure professionali, comprando quelli “di medio livello” (o che sono reputati tali) per poter scegliere un buon progetto alla fine? Spendere tutto il budget (o quasi) per avere una star e rischiare di non avere abbastanza potere economico per comprare un’altra buona figura e rimanere con l’impossibilità  di scegliere il progetto e trovarsene appioppato uno non molto interessante o di difficile realizzazione?

È stato interessante vedere come il problema del sapersi vendere bene e quello della conoscenza della persona da assumere si sia mostrato in tutta la sua crudeltà .

Per uno strano cambio di allocazioni deciso dalla segreteria, ci sono in corso con noi due nuove ragazze, provenienti da un’altra sezione. La prima si è presentata all’asta e non ha ricevuto alcuna offerta. Non è stata in grado di presentarsi, né dire qualcosa, in prima battuta. E mi è venuta subito in mente una discussione su Friendfeed: l’ignoto spaventa e ci sono selezionatori che cercano informazioni online sui candidati per capire chi hanno davanti. Per l’altra ragazza, invece, ci son state subito offerte. Non alte, ma ci sono state. Merito del suo modo di essere, di apparire, vistoso e fuori dal comune, che ha subito ispirato – credo – l’idea di una personalità  interessante e creativa (senza ovviamente nulla togliere all’altra che – ripeto – non conosciamo).

Nello specifico poi è successo che una carissima, adorabile, simpatica e folle project manager (che so che sta leggendo queste righe) ha offerto 18 crediti (su 20) per essere sicura di avermi nel suo gruppo, rischiando su tutto il resto.

Yes.

Sono l’uomo da 18 crediti.

Il più quotato in questa sessione d’asta, tutto a beneficio del mio ego, subito riempito d’orgoglio.

Ammetto che la cosa non è stata affatto male, considerando che prima, in piedi, in attesa nel gruppo per essere messo all’asta un po’ tremavo e avevo paura del confronto e delle mosse che la percezione di me avrebbe generato.

Nessun problema quindi con la percezione di me. Però rimane il dubbio.

Essere l’uomo da 18 crediti, è veramente una buona cosa?

Varie ed eventuali

Ammetto che gli ultimi 3 giorni sono stati un po’ strani.

Quindi, si necessita di un veloce riassunto confusionario di quello che è successo.

  • dimissioni date
  • a parola siamo tutti amici, ma su carta è tutto ai limiti dell’illegalità 
  • sono facile preda di entusiasmi ingiustificati
  • ho conosciuto una persona dal nome strano che non mi piace come modo di fare, ma che apprezzo per come si comporta, per le idee che ha e il modo di cooperare con gli altri. Se fosse arrivata un po’ prima, tutti ci avrebbero guadagnato
  • non sono in grado di gestire situazioni complicate
  • se penso troppo, perdo l’uso della parola
  • questa sera a cena è calato il gelo quando il vicedirettore de la Stampa ha letto la notizia numero due durante Che tempo che fa
  • sono in ritardo
  • non sono per nulla accomodante, tranne in seconda o terza battuta
  • se c’è una cosa che mi fa imbestialire è sentire nella stessa frase le parole restituzione e telefono
  • in fondo in fondo, a me fa piacere strisciare e anticipare per conto di altri e non mi fa differenza se li riavrò indietro oggi, domani, dopodomani o poco prima del mai
  • ho detto cose senza sapere che avrebbero fatto così male. E non sono neanche riuscito a capirlo da solo che avrebbero fatto così male
  • la Dropbox è una figata
  • in futuro sarò felice. Se sarò con te
  • il colore degli euro acceca, anche se è problematico raggiungerli
  • lo spazio libero su HD corrisponde ad un numero aleatorio
  • degli n mila progetti che sarebbero dovuti partire, quelli più probabilmente redditizzi sono stati rifiutati
  • non sono in grado di gestire due fuochi
  • facebook a volte non funziona
  • certe decisioni sono facili
  • il giorno in cui tutti le trasmissioni televisive saranno in 16:9, sarà  il giorno della fine del mondo
  • uno dei due fuochi ha detto ciccia, si arrangerà  per conto suo come ha sempre fatto. Mi riservo, per il futuro, di rosicare
  • il mese di ottobre sarà  un mese intenso
  • sto trascurando la mia vita 2.0
  • voglio vedere il Chilometro Rosso il prima possibile
  • in futuro sarò squattrinato
  • Google Sync non ne voleva sapere di sincronizzare il calendar tra mac, google e iPhone
  • l’anno prossimo sarò un uomo di cultura, mostre ed eventi
  • devo imparare a sognare i numeri del superenalotto la notte, non a non dormire
  • secondo l’help di Playfish, è impossibile cancellare i dati dai loro server. Sia mai che tu decida di ricominciare a giocare, dicono loro
  • siamo ufficialmente zii, anche se la notizia ci era stata data in anticipo per vie traverse
  • nella macchina fotografica ci sono ancora le foto di Venezia
  • ho usato 123people per cercare informazioni sulla persona dal nome strano che non mi piace come modo di fare, ma che apprezzo per come si comporta
  • il Google reader è fisso sul 1000+, per quanto io legga e mark all as read
  • forse l’etica professionale mi condiziona troppo
  • le Brouette Tower in Monopoly City Streets sono figosissime
  • voglio vedere Totoro e District 9
  • inizio a vedermi bene quando indosso una camicia
  • certe decisioni sono sofferte
  • devo ancora scrivere di District 9 e del sistema di registrazione alle anteprime del Warner Village
  • le canne di bambù non sono tanto antipatiche
  • mi servono delle scarpe nuove
  • senza stipendio, la banca potrebbe pure decidere di togliermi la carta di credito?
  • la mia massima ispirazione al momento sarebbe impaginare i cataloghi di Hello Kitty per Gabel
  • a sbattere la testa contro gli stipiti delle porte ci si fa male. Ho la testimone
  • Funny vuole raccontare le barzellette a Crazy
  • lunedì rivedrò un po’ di facce conosciute a Bovisa Beach
  • c’è chi tra il Lucida Grande e il Times preferisce il Lucida Grande
  • il Mac è tornato a casa
  • il Mac ora masterizza i dischi
  • ho la barba lunga
  • colleziono sticker in Pet Society

Il volantino del Saturn

Io sono uno di quelli che appena vede un volantino o anche solo una pubblicità  del Saturn o del Mediaworld o di qualsiasi altra cosa minimamente tecnologica, prende e legge.

Guardo i prodotti e i modelli presentati, le figure, le incongruenze tra oggetti dello stesso tipo descritti con caratteristiche differenti, memorizzo i prezzi e li confronto mentalmente con quello che a spanne ricordo essere il prezzo più basso.

Beh, questa sera, bevendomi un tazzone di latte caldo, ho sfogliato il volantino del Saturn.

Distrattamente, come non avevo mai fatto. E non ho alcun ricordo di quelle pagine.

Solo che avevo uno sfondo pieno, tendente all’arancione.

E questa notte, lo ammetto, ho paura di andare a letto. Ho paura di quello che mi potrebbe saltare fuori e ingrovigliarsi nella mia testa e non farmi comunque dormire.

Nonna & Diva 2009 Educational

Sinceramente, c’è troppo da dire di questi 3 giorni in quel di Padova/Venezia.

Quindi non so se riuscirò a scrivere un post sensato.

La prima tragedia con i treni arriva salendo sul regionale che ci porta a Milano. Caldo, puzzolente, con i sedili lerci. Mi ha fatto già  rimpiangere di non essere partiti in macchina. Fortuna che poi il trasbordo sull’Eurostar a Milano mi ha fatto ricredere, seduto comodo, con una presa a cui attaccare l’iPhone e con una temperatura decente. Tale eurostar, su cui abbiamo incontrato Ribaldo, arriverà  poi a Padova con 38 minuti di ritardo, su 125 previsti di viaggio.

A Padova ci accoglie l’Anziana Miss Marple, che ci porta subito sul favoloso, silenzioso e congelante tram azzurro. È ormai sera, quindi vediamo una Padova buia e silenziosa, ma non passa inosservato il monumento dedicato all’11 Settembre di Daniel Libeskind.

La casa del nostro ospite è come dovrebbe essere: mobili antichi, alcuni impreziositi con splendidi lavori di decoupage, collezioni di scatole di latta (twinings!) un po’ ovunque. E quella meravigliosa camera da letto padronale con il copriletto (di un letto comodissimo, tra l’altro!) viola.

Inutile dire che l’Anziana si è prodigata per noi in cucina e ha preparato delle delizie.

Serata in casa a ciacolare finché non sono più o meno stramazzato nel letto, fino alla mattina dopo.

Partenza per Venezia, con incontro combinato sul treno con Edgar. Siamo quasi in dirittura d’arrivo a Santa Lucia quando vediamo, sul treno vicino al nostro, un Poto spiaccicato sul finestrino. Chissà , magari stava aspettando qualcuno…

Intravedo da lontano il ponte di Calatrava (che nessuno mi ha portato a vedere da vicino, e vi informo che me ne ricorderò a vita!) e poi corriamo verso il cuore della città , alla ricerca di un posto conosciuto dall’Anziana in cui sfamarci.

In tale posto mangiamo sanissimi cibi 100% fritto, 100% gusto.

Successivamente tentiamo di raggiungere la Biennale, con una cartina in mano al Byb (cosa assai pericolosa). Della Biennale… beh! L’unica cosa da dire è che vale assolutamente la pena di visitarla, magari con un po’ più di calma. Molte opere interessanti, alcune abbastanza inutili.

Poi l’incontro con Rosa & Tino, alla statua di Garibaldi, mentre Poto ci aveva già  abbandonato per doverosi impegni sociali. Si tenta di andare ai Giardini, dove c’era un’altra parte dell’esposizione della Biennale, ma scopriamo che avrebbe chiuso nel giro di mezz’ora e non ci sentiamo di obbligare R&T a pagare 18 euro per mezz’ora di mostra, ripromettendoci di visitarla un’altra volta.

Così ci adagiamo sui tavolini di un bar lì vicino per una sana caraffa da un litro di spritz, mentre Ribaldo e Edgar invece visitavano i Giardini.

Poi, ovviamente, ci si perde. Si corre a recuperare i 2 persi inseguendo chissà  quale enorme nave da crociera (non era più facile dire: girate a sinistra alla fine della via? :P).

E alla fine, cerchiamo il posto perfetto dove cenare. Grazie alle nuove tecnologie riusciamo a trovare il ristorante/osteria la Vedova, che era ovviamente piena. Giriamo ancora un po’ per i calli e troviamo un altro ristorantino interessante, se non per i bambini urlanti che lo popolavano.

E poi boh, la corsa verso la stazione e il casino per fare i biglietti per il ritorno, visto che i posti su praticamente l’unico treno rimasto erano esauriti. Facciamo il biglietto per un treno di pari classe ma di un altra ora, giusto per evitare la multa e poi tentiamo di prenderlo. Tale treno era un intercitynight per Munchen. Tante carrozze tedesche e una unica carrozza italiana. L’unica carrozza italiana scoppiava, visto il numero di persone in piedi.

Il treno parte, molti scendono a Mestre e veniamo cacciati dalla parte tedesca da una gentile signora nana e antipatica che ci ha detto chissà  cosa. Torniamo così nella parte italiana, assieme ad un duo di vicentini alquanto ubriachi. Lei, oltre ad essere ubriaca, è in lacrime, perché lui ha regalato delle rose a lei, ma anche ad un altra e allora lui, per sdrammatizzare, decide di regalare ad ognuno di noi altre rose, che sono sul pavimento del treno, schiacciate da valige, piedi e qualsiasi altra cosa. Inutile poi tentare di fare capire che noi scendevamo a Padova, loro dovevano stare sopra fino a Vicenza e che Vicenza era prima di Verona. Alla fine non capivano più nulla e volevano scendere prima a Padova poi a Verona. Povero Edgar che si è dovuti sorbire più di noi.

Tornati a Padova, altro giro in tram blu silenzioso figoso ma congelante fino alla nostra dimora temporanea. Poi gli altri si sono messi a fare discorsi un po’ troppo culturali per i miei gusti, tanto da convincermi a fare l’asociale e dormire, visto che ero stremato da questa mia prima volta a Venezia.

Il giorno dopo, sveglia con la doverosa calma, altro ottimo pranzetto e, una volta preparati gli zaini, siamo andati a vedere la mostra sul Signorini allestita a Palazzo Zabarella. Mostra interessante, un allestimento ben curato (altro che quelli di Palazzo Reale!), solo che il Signorini non è esattamente il mio genere, anche se molti quadri erano notevoli.

Salutiamo Ribaldo, che avrebbe preso l’Eurostar prima del nostro, mentre noi finiamo con calma il giro della mostra e dopo facciamo un giretto per Padova, piena di vita per la festa delle associazioni o una cosa del genere.

Decidiamo di sederci ad un bar gelateria, che bocciamo per il pessimo servizio, la panna acida che hanno usato per il gelato e per la clientela decisamente autoctona decisamente troppo tirata. Aggiungiamo anche il prezzo stratosferico (15 euro per 3 coppette) e sembrava quasi di essere a Milano.

Arriviamo poi in stazione, attendiamo il nostro Eurostar e scopriamo via SMS dal buon Ribaldo che loro sono bloccati a Rezzato, prima di Brescia, visto che un ragazzo è stato investito dal loro treno.

Prevediamo notevoli ritardi… ed è così. Partiamo giusti da Padova, ma iniziamo a rallentare lungo la linea. Nel frattempo scopriamo che il ragazzo si era suicidato e prima del gesto aveva avvisato i genitori via sms.

Tristezza per lui, per quello che l’ha spinto al folle gesto, ma anche un po’ di noia nei confronti di come Trenitalia ha gestito l’emergenza. Il nostro treno è stato fermo prima mezz’ora, poi 20 minuti, ufficiali. Ma, non si sa come, questi 30+20 erano diventati già  69 minuti di ritardo. A Vicenza già  sono saliti passeggeri che avevano prenotato sull’Eurostar successivo e si son ritrovate in piedi. Ma a Verona (o non ricordo dove) è successo il peggio, quando sono saliti passeggeri di un regionale che era stato soppresso. Così il treno è stato declassato e, oltre al notevole ritardo, ha fatto tutte le fermate fino a Brescia.

A Brescia, poi, è ritornato ad essere un diretto fino a Milano e qualcuno è sceso, ma erano ancora sul treno quella coppia di strani personaggi che ha passato tutto il viaggio al telefono a dire alla madre, al padre, all’amica, alla suocera e al suocero quanto Trenitalia facesse schifo, come non sanno gestire le cose, che erano su un vagone che sembra quello dei deportati verso i campi di concentramento ed io, per evitare di sentire e incazzarmi, sinceramente, mi son sparato Maaaadanna a tutto volume.

Alla fine arriviamo a Milano con 129 minuti di ritardo (su 125 di viaggio previsto). Pausa bagno (che proprio non ce la facevo più e in treno era impossibile muoversi), pagando un euro e passando per tornelli manco fossero quelli della metro.

Poi alle macchinette automatiche per fare i biglietti per il ritorno e poi di corsa al McDonald fuori Centrale per prendere qualcosa da mangiare d’asporto, visto che erano le 22 e passa.

Ritorniamo in centrale, affrontando anche una scala mobile immobile (argh!) e saliamo sul treno, ovviamente pieno.

Il treno parte, noi mangiamo, messaggiamo un po’ tutti avvisando della situazione e, alla fine, mi è venuto un mal di testa tremendo, che non mi ha abbandonato fino a che non mi sono addormentato nel mio lettuccio.

E ora, ci sarà  un qualche modo per chiedere un rimborso a Trenitalia per questi ritardi?