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Deliri [di un sabato pomeriggio]

È che a volte sei stufo di tutta questa popolarità . Di persone che ti conoscono, leggono, ma non hanno il coraggio di commentare, mandarti una mail o scambiare quattro chiacchere e affrontare l’argomento.

E allora hai solo voglia di avviare la CyberPaperella, fare login sul tuo account effetipì, fare un mela-a e un mela-del e poi premere yes, delete. Forever.

Poi passeresti diretto a Facebook.

Ma tutto per cosa? Per poi avere di nuovo bisogno di un blog. E quindi cercare un nuovo nome, un nuovo theme, reinventare te stesso online. Sì, cambiare pelle si può. Ma a che prezzo?

E allora rimani qua. Confidi nell’intelligenza dei lettori guarda che so anche non te lo dico, perché ecco, insomma, il problema l’hai espresso più e più volte. Ma niente, niente, niente.

E allora che si fa?

Boh, non so.

Anzi, no, chissene.

E me ne torno di sopra a fare le tavole e ad ascoltare gli Honeycut.

Ricette (per un capodanno perfetto)

Bergamo.

Love + i Carissimi Amici Bergamaschi e il loro gruppo (enorme) di amici e qualche parente.

Un ristorante su (ma non troppo) in montagna.

La neve, che cadeva, cadeva e cadeva.

Io, impazzito con la macchina fotografica (1gb di foto in una sera è tanto?).

Il tempo che correva veloce, fino alla mezzanotte.

E il soldo per l’elfo, il melograno transgenico e i 12 chicchi d’uva.

I fuochi d’artificio, i botti (troppo potenti, forse), qualche palla di neve.

I baci sotto il vischio.

Poi di nuovo di ritorno a Bergamo.

Tirare le 7 a parlare (in una stanza) e a giocare (nell’altra).

L’ultimo ospite che se ne va.

La grande ospitalità  dei padroni di casa e un divano letto Ikea che ci accoglie, sotto una coperta Dalmatata.

Un ottimo capodanno.

Grazie, veramente, di cuore.

Tra 61 secondi finisce quest’anno

Cancello tutto. Perché quello che avevo scritto, in questo post programmato, non mi appartiene più.

Anno Nuovo a tutti. No, avete letto bene,  niente “buon”.

È che avevo deciso di non fare gli auguri, per questo Natale. Perché non lo sentivo, perché mi sembrava inutile ipocrisia fare auguri di massa di qualcosa che non sentivo.
Li ho fatti solo in risposta, perché era corretto almeno ringraziare. Li ho fatti solo in risposta a sms, mail, post e commenti. Rimanendo però perplesso di fronte alle frasi fatte e agli auguri in stile “inoltra a tutta la rubrica”.

Ma ora son qui, a scrivere un post sugli auguri per l’anno nuovo. Perché a me questo, tutto sommato, non è sembrato un anno così brutto.

Lavoro, sto realizzando uno dei miei sogni, l’amore c’è e continua, sempre più forte.

Sì, è vero ci sono stati molti momenti difficili. Alcuni dei quali continuano ancora e non si capisce bene quando saranno risolti. Ma ho la fortuna di avere al mio fianco (beh, in realtà  sono a qualche chilometro ad est di Milano, non è questo l’importante) delle persone speciali e meravigliose.

Qualche amicizia si è persa un po’ per strada, ma pazienza. Era così che dovevano andare le cose. Se era amicizia vera, ci si ritroverà , senza problemi, anche nell’anno nuovo.

Non chiedetemi il perché di questo slancio di ottimismo.. ma io voglio ricordare questo 2008 così.

E tanti tanti auguri per un buon Anno Nuovo!

Nostalgia

Ok. È questa è stata l’ultima del 2008. E non ho voglia di altre nel prossimo anno.

Sono stutfo, stufo, stufo.

Stufo delle vostre belle parole. Ve le ricordate? Quelle vostre belle parole dette quel giorno, in montagna, immersi nel verde, nel silenzio, sotto quel fienile mezzo diroccato, con uno spelindino sole che giocava a nascondino tra le nuvole?
Beh. Ora come ora le definirei delle belle false parole.

Ancora una volta sempre i soliti discorsi. E non ce la faccio più. Perché io l’ho detto. L’ho detto cos’è che non mi era andato bene. Ho detto quello che mi aveva fatto stare male, male, male, MALE.

Eppure ho l’impressione che non mi avete ascoltato. O ve ne siete fregati, perché il vostro orgoglio è più forte di ogni altra cosa.

E anche oggi. Detto, ridetto. E a distanza di 2 minuti, dite che non avete capito, cosa vi chiedo. Che non avete capito cosa mi ha bloccato, ancora di più.

Perché sembra che non lo abbiate capito. Nell’idea di proteggermi e proteggervi, mi sono chiuso in me stesso. Per anni e anni. E, insomma, aprirsi è veramente difficile. E anche questo, l’ho detto e ridetto e non lo avete ancora capito.

È successo il patatrac. Ci sono state le belle parole, le crisi, i pianti, le gite della bella famigliola contenta. Io ho tentato di fare dei passi, con tutta la difficoltà  del caso. Tutta la difficoltà  di affrontare la situazione. Voi dite di non averne visti. E continuate a chiedere passi, passi, passi e ancora passi.

Ma voi, ne fate?

Ho sopportato le vostre tremende parole nei miei confronti, nei confronti di chi amo, nei confronti di chi apprezzo e rispetto.

Ma non posso sopportare le parole del fattaccio. Quelle no, non le posso accettare.

Ed è da quelle parole che è derivata l’ennesima chiusura.

Però no, io mi fisso, guardo al passato e non voglio guardare avanti.

Ma come guardare al futuro e sperare in qualcosa di meglio con una famiglia che mi dice che non accetta quello che sono e non mi accetterà  mai? Come faccio a guardare al futuro e sperare in qualcosa di meglio con una famiglia che non reagisce, una volta detto che queste parole mi hanno fatto stare male, male, malissimo e che mi sarei almeno aspettato qualche frase diu circostanza, del tipo non lo pensavamo veramente/ero arrabbiata/scusami, mi dispiace?

E vi ringrazio, per il bellissimo modo in cui mi state facendo passare le ultime ore di questo 2008.

E ora, vado a cancellare il post programmato per la mezzanotte. Che no, non sono più allegro felice contento e spensierato.

E se mi dovesse succedere qualcosa, non vi preoccupate. Lo scoprirete da qualche telegiornale, come tutte quelle povere famiglie con dei figli disgraziati, che se ne vanno in giro la sera, fumano, bevono, si drogano e si incidentano.

Telefonate inaspettate

È che non sei preparato a riceverle.

Squilla il telefono, rispondi e all’inizio non senti nulla. Poi una voce lontana, con un accento spagnolo. E allora capisci.

Perché è una chiamata proveniente dall’altra parte del mondo. Dopo anni e anni si ricorda ancora di noi. Ci manda gli auguri di Natale e di Pasqua. Ed è una gioia sentirla. Si preoccupa dei miei studi, di come stanno la mamma e il papà  e di come va il lavoro. Dice che loro stanno bene e si scusa per non essere riuscita a chiamarci per Natale, ma lì, dall’Ecuador, gli dava sempre la linea occupata.

Ed è una di quelle chiamate brevi, ma intense. Che ti mettono felicità , tanta ma tanta felicità . Urli alla cornetta, perché possa sentirti più facilmente. E le voci si sovrappongono, complice magari qualche ritardo nella telefonata. E ripeti 2-3-4 volte quello che dici.

Ma sei contento, tanto, tanto, tanto contento.

Come quando ammiri il presepe che ci ha regalato, anni fa.

Come quando ritrovi quella bellissima fodera per il cuscino, che vuoi in qualche modo riempire.

Come quando ripensi a che bella persona è.

Come quando ripensi a quando ce l’avevi qui vicina.

Status

È che a volte mi accorgo delle differenze.
Delle differenze enormi che ci sono tra me e gli altri, nei rapporti e nei confronti di terzi.
Non ho dubbi, ci sono anni luce di distanza.
E io sono una persona decisamente migliore.
Chiamatemi scemo o quello che volete, ma io, per amicizia, correttezza e rispetto, farei di tutto. Anche se mi dovesse costare un po’ di fatica.

Lo accendiamo?

Cena tranquilla. Cars su raiuno (come se già  non l’avessi visto e rivisto in dvd). Un salto in salotto giusto per scoprire che anche lì è stato fatto un presepre e accendere, dopo un sacco di tempo, il Wii. Nel frattempo scocca la mezzanotte. Una partitella a Sonic the Hedgehog, poi a Final Fantasy Crystal Chronicles: My Life as a King. Poi un giretto sul canale Nintendo a guardare i filmati del nuovo Animal Crossing. Però no, su Wii non lo voglio. Sarebbe impossibile da seguire, tutti i giorni. Però sembra interessante il “nuovo” Fire Emblem su DS. E sul WiiWare ora è disponibile World of Goo – bello bello, ma tanto ce l’ho già  sul mio Mac – e quella figata di Cubello, che potrei volere. E il tutto mentre su Virtual Console sta per uscire Secret of Mana..

Ah, è vero. È Natale. Auguri?

Carattere

È che a volte non mi capisco, né mi piaccio. Per nulla. Per come mi comporto, per come agisco, per come mi sento poi e per quell’inutile senso di orgoglio che in realtà  non mi porta da nessuna parte.

È che mi arrabbio, per cose che prima mi facevano ridere o sorridere. Però dette una, due, tre, quattro, cinque volte, dopo un po’ non mi divertono più. Per nulla. Mi innervosiscono. Perché per quanto voglia apparire come il bambinetto giocoso viziato stupido e rompiscatole, in realtà  non lo sono. O se lo sono veramente, non voglio essere così. Per nulla.

E non so perché, ma mi infastidisce l’uso di questa mia autoironia da parte di altri. E l’indice secondo cui l’uso diventa abuso, quindi insopportabile, è troppo, troppo ristretto.

Poi non sopporto per nulla i ritardi. Ma proprio zero. Il che è abbastanza ipocrita, visto che io molto spesso ritardo. E qui, ovviamente, nel ragionamento parte l’autogiustificazione. In virtù del fatto che spesso, ci sono impedimenti esterni quando sto tentando di uscire di casa o che, bene o male, in caso di eventi importanti (lavoro?), appuntamenti combinati particolarmente complessi o particolarmente lontanti, tento sempre di ridurre ad un margine tollerabile il ritardo.

E poi boh.

Che forse sia il Natale che si avvicina e l’ipocrisia di fondo che aumenta e diventa sempre più preponderante che mi infastidiscono e mi rendono così intollerante alle sciocchezze?

Mi sa che è meglio dormirci sopra