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48h

Ggiusto perché me ne sto andando, sono subentrato in un progetto urgentissimo che necessita di essere completamente rivisto, riprogettato, concluso e consegnato.

Questo ha fatto passare la mia settimana lavorativa, da 32h part-time ad un totale previsto (se mi va bene) di 48h su 6 giorni, di cui l’ultimo sarà una domenica.

Eppur oggi, questo progetto urgentissimo, anche grazie anche ad un nuovo figuro comparso in ufficio, mi ha dato notevoli soddisfazioni.

Mi riservo però di cambiare opinione, quindi, voi, non traquillizzatevi.

Il volantino del Saturn

Io sono uno di quelli che appena vede un volantino o anche solo una pubblicità del Saturn o del Mediaworld o di qualsiasi altra cosa minimamente tecnologica, prende e legge.

Guardo i prodotti e i modelli presentati, le figure, le incongruenze tra oggetti dello stesso tipo descritti con caratteristiche differenti, memorizzo i prezzi e li confronto mentalmente con quello che a spanne ricordo essere il prezzo più basso.

Beh, questa sera, bevendomi un tazzone di latte caldo, ho sfogliato il volantino del Saturn.

Distrattamente, come non avevo mai fatto. E non ho alcun ricordo di quelle pagine.

Solo che avevo uno sfondo pieno, tendente all’arancione.

E questa notte, lo ammetto, ho paura di andare a letto. Ho paura di quello che mi potrebbe saltare fuori e ingrovigliarsi nella mia testa e non farmi comunque dormire.

Manca poco (alla fine)

Ok.

Parlato col capo.

Domani darò le mie dimissioni, in modo da potermi dedicare principalmente all’uni.

Ci sono un paio di questioni da risolvere e non mi è piaciuto per nulla il suo approccio alla “mi dici qual’è il tuo ultimo giorno lavorativo e facciamo finta di nulla per il preavviso, che tanto per te, a livello economico, cambia ben poco, cosa vuoi che siano 100euro!”. Uhm. Sì, certo, come no.

In compenso, vuole che tra due anni, finita l’università, torni da loro.

Vedremo. Ma spero proprio di riuscire a cavarmela per conto mio.

Chissà, tra due anni, come e dove sarò.

Tra due fuochi

Che poi, dalla brutta riunione che non mi è piaciuta neanche un po’, siamo finiti ad una situazione interessante.

Due fuochi dalle idee più o meno opposte e io rigorosamente in mezzo, a dover mediare il tutto e operare anche delle scelte.

Scelte che non sono in grado di effettuare. Da una parte la logica e la razionalità, dall’altra il rischio e la fiducia nel futuro.

Ma io sono dannatamente tentato di optare il rischio, rischiando di finire da solo in balia di me stesso.

E tu dove ti immagini tra 5 anni?

Sarà che forse ho risposto troppa fiducia in uno dei fumosi progetti che forse dovrebbero partire.

Sarà che forse io con le persone non ci so fare molto e rimango sempre scottato.

Ma direi che la riunione di oggi, anche se magari è solo una brutta impressione che non ha significato alcuno, non mi è affatto piaciuta e non mi lascia presagire nulla di buono. Ho visto comportamenti e atteggiamenti che non mi sono piaciuti né da una parte, né dall’altra. E mi sono trovato pure in mezzo alle critiche l’uno dell’altra.

Così è successo che sono in uno stato di tristezza, abbattimento e delusione. Delusione profonda.

Una chiamata, interrotta bruscamente ringraziando non so se il Parrot, la Tre o l’iPhone, poi, mi ha fatto pensare a delle impressioni di altri, che ai tempi mi avevano dato da pensare e che poi avevo rimosso. Ma quello che mi sono ricordato, confrontato con quello che ho visto oggi non mi è piaciuto per niente.

Poi, non so come, tornando a casa in macchina, nella notte piovigginosa, mi è venuta in mente una domanda, che mi aveva fatto la psicologa del progetto orientamento di cui avevamo fatto parte all’ultimo anno del liceo.

Mi aveva chiesto dove mi immaginavo 5 anni dopo. Ora ricordo la risposta che avevo dato. Mi immaginavo nel mio favoloso studio di architettura e design. Un open space, tutto vetrate, tre grandi scrivanie grosse ed enormi, luminoso, dotato di Mac. Io e i miei due soci. Con uno di questi, un mio compagno di liceo, è successo che a fine anno non ci parlavamo neanche più. L’altro non ricordo neanche chi sia, in verità. Forse non era neanche un lui, forse era una lei, non ricordo più. O forse era solo una persona indefinita, perché ricordo che la psicologa diceva che dicono le cose funzionano meglio in tre. Ci vuole il pazzo creativo, il razionale e il terzo, che non ricordo.

Ora i 5 anni son passati. E sì, sono in un open space con scrivanie grosse ed enormi piene di mac, ma non è luminoso e non siamo solo in tre soci. E non è – ovviamente – mio.

Su friendfeed, nei giorni scorsi, circolava un thread con la stessa domanda. Io avevo iniziato a scrivere, dimenticandomi completamente che anni fa avevo già dato una mia risposta. Ma poi ho cancellato. Scrivevo e cancellavo. Seriamente, io, ora, tra cinque anni, non lo so.

Lavorativamente parlando, non so dove sarò.

Però ad un certo punto, perso nel silenzio della macchina, mi è balenata una scena.

Un divano, una TV e due persone. Sì, tra 5 anni vorrei essere lì.

Lamentandosi

È troppo che tengo spenta la macchina fotografica.

Non mi piace tutto quello che non sto scrivendo qui sul blog.

Che, insomma, vorrei prendere, chiudere e riaprire da qualche altra parte, su altri lidi. Un altro nome, un altro me. Perché il me di Meornot? sta lentamente sfumando, in quelle 4 mura, sebbene le 4 mura sappiano benissimo che mi succede, leggendolo proprio su queste pagine.

Dovrei mettermi a lavorare su un paio di cose. Un sito con alcuni ritocchi da fare, un badge viola da preparare, qualche preventivo da mandare.

Però, boh.

Paralysis.

Red alert

So che sto diventando monotono e particolarmente lamentoso, ma anche oggi è stata una bella giornata (lavorativa) da dimenticare.

Da sclero, veramente. Momenti di panico, momenti di pura follia e ore e ore di telefonate per capire che cavolo si doveva fare e ogni poco, cambiava qualcosa.

Roba che avrei voluto che qualcuno, prima o poi, saltasse sul tavolo e urlasse ballando don’t worry, don’t panic.

Ma non è successo.

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Quindi sono tornato a casa con un altro paio di ore di straordinari segnati sulla tabellina (che nessuno leggerà). Poi solo fame, nervosismo e un cervello in sciopero che vorrebbe addormentarsi il prima possibile.

Agosto, 3

Mastro (fatte da altri) da rifare praticamente da zero.

Primi casini sulla fornitura del materiale.

Una collega (quella collega) che è sempre più insopportabile e generatrice d’ansia.

Gli altri colleghi, quelli più simpatici tutti in ferie.

Nessuno con cui fare pausa e parlare d’altro.

Un’ora e mezza di straordinari.

Che palle!