La terza puntata del (non troppo) strano caso di Sybelle, WordPress e John Ashfield

Ecco, lo so, adesso diranno che noi blogger siamo strani, che ci impuntiamo su certe cose.

Ma quanti post sono stati scritti sull’argomento? Basta fare un giro su Google. Quanto se ne è discusso sull’argomento? Basta fare una search su Friendfeed.

Sono state dette molte cose, ma i punti fondamentali sono pochi, chiari, semplici e comprensibili. E ci trova tutti più o meno concordi.

Tutto questo preambolo per dire che siamo arrivato al terzo episodio della saga (qui il primo, qui il secondo), quello in cui compare il Sig. Andrea Celli, proprietario dell’azienda, che ha diffuso una lettera aperta, questa volta scritta personalmente e indirizzata ad Arianna.

Lettera aperta ad Arianna alias Sybelle

Cara Sybelle

Mi chiamo Andrea Celli e sono il titolare del marchio John Ashfield , oggetto del suo blog.

Errore! Sybelle nel suo blog non parla mica sempre e solo di John Ashfield, anzi, l’ha nominato si e no una volta un anno fa. Al massimo, ne ha parlato in un suo post.

Ho deciso di scriverLe personalmente perché sono rientrato ieri sera da un viaggio d’affari all’estero ed appena informato dai miei collaboratori sull’accaduto di questi giorni, sono rimasto sinceramente sconvolto da tutto quello che era successo in Internet ,

Eh, anche noi siamo rimasti sconvolti dall’accaduto e da come si è comportata prima WordPress, poi la sua azienda.

In seguito alla richiesta da noi inviata a WordPress per la rimozione dei commenti di quelle persone di cui non conosciamo l’identità  e che , non qualificandosi , ma in modo anonimo , sul suo blog volevano chiaramente non portare una critica costruttiva, ma solo danneggiare intenzionalmente la mia azienda .

Ok, va bene. Questo l’abbiamo capito. Però come Lei continua a ripetere che quei commenti andavano tolti, così io mi sento in dovere di ripetere che c’erano ben altri modi che passare subito per l’host, scavalcando di fatto la proprietaria del blog, che avrebbe sicuramente accolto la richiesta. E, ribadisco, tutto questo polverone non si sarebbe sollevato.

Le ribadisco , come Le è stato già  spiegato nella nostra lettera aperta, che ritengo questi commenti anonimi fortemente lesivi e diffamanti del marchio John Ashfield perché non corrispondono sicuramente alla realtà  della mia azienda, un’azienda a cui io ho dedicato e dedico tuttora la mia vita , con grande passione per questo brand John Ashfield che , con grande sacrificio mio e dei miei collaboratori , è diventato una realtà  mondiale realizzando in tal modo il mio sogno.

Io non conosco nulla di Lei , né ho il piacere di conoscerLa personalmente , ma presumo che Lei sia una ragazza giovane, piena di capacità  e sicuramente tecnicamente molto preparata per muovere critiche costruttive ad una immagine pubblicitaria, tuttavia non posso accettare che nel Suo blog Lei permetta di pubblicare commenti non alla sua critica, ma affermazioni anonime sulla nostra azienda , lesivi e diffamanti della nostra immagine e della nostra organizzazione aziendale e produttiva , di cui Lei non sa e non può sapere nulla, senza che Lei ne abbia controllato la veridicità  . Questa è una Sua responsabilità , perché gettare fango ad una azienda è troppo facile rimanendo nell’ anonimato e sfruttando il Suo blog per tali scopi.

Dato che La ritengo una ragazza sagace ,spero Lei comprenda di aver fatto degli errori gestendo con leggerezza un blog sul mio marchio e permettendo di trattare in esso una materia a Lei sconosciuta, errori di cui noi ne pagheremo le conseguenze.

Ancora, lo stesso errore. Post. Un singolo post, non un intero blog. Blog sta  post come giornale sta ad articolo. È facile. Sulla chiusura apocalittica della frase non mi esprimo. Anzi sì, ma mi ripeto: c’erano ben altri modi per gestire la faccenda. Uno di questi, quello più facile, era di contattare direttamente l’interessata. E sicuramente l’Internet intera non si sarebbe assolutamente preoccupata del fatto che un paio di commenti di un post caduto nel dimenticatoio. E se anche qualcuno, dotato di un minimo di intelligenza, li avesse trovati, non li avrebbe neanche considerati più di tanto.

Quindi Le chiedo sinceramente di aiutarmi in prima persona a far cessare tutto questo casino che ne è scaturito dal mondo di Internet contro la mia azienda.

Il mondo di Internet non si è scagliato contro la sua azienda. E anche questo è stato già  scritto più e più volte, anche nel mio post in cui lei ha pubblicato questa lettera aperta. Ha letto il mio post o ha solo fatto copia/incolla? Ancora non avete capito il punto fondamentale della vicenda (e questa volta sono io che vado di copia/incolla): tutte le discussioni vertevano su come WordPress.com si sia comportata male nei confronti di una sua blogger e dei contenuti prodotti da lei, che sono proprio ciò che permette all’azienda di guadagnare attraversi i banner pubblicitari. Sull’azienda si è solo riportato quanto scritto dalla Camera di Commercio di Forlì Cesena in questa pagina e nello specifico su area di import: Bangladesh, Egitto, Hong Kong, Pakistan, Turchia. Ma, appurato questo, basta. Dopo quello non si è più detto niente su cosa l’azienda produce o di come lo fa, si è ritornati a parlare di WordPress.com. Ma la lettera aperta della sua azienda ha dato un ulteriore spunto alla conversazione, mostrando – ancora una volta – tutti i vostri limiti nell’affrontare la situazione e anche questa sua lettera non è da meno.

Vorrei comunque anche avere l’opportunità  di conoscerLa meglio per capire perché ha fatto questo e quale vantaggio può esserle venuto da questa situazione.

Da qui in poi inizia l’illeggibile. COSA!? Sta accusando che sia una macchinazione premeditata a danno della sua azienda? Ma stiamo scherzando!? Ora è vietato esprimere opinioni su una campagna pubblicitaria (visto che è questo che Sybelle ha fatto)?

Se posso darLe comunque un mio consiglio per il futuro, Le dico che nella vita non basta aprire un Blog per realizzarsi criticando quello che fanno gli altri,

Ora siamo passati alla paternale. Ma come si permette? Sybelle si sente realizzata perché critica quello che fanno gli altri? Ma come si permette di giudicare così una persona che non conosce? E soprattuto: ora è vietato esprimere opinioni negative, portando valide giustificazioni, sul perché una campagna pubblicitaria è fatta male o non funziona? Si parla di opinioni, giuste o sbagliate che siano. Opinioni.

perche come Lei saprà  , lavorando si può anche sbagliare , ma forse è meglio investire le proprie energie cercando di creare un proprio progetto facendolo con passione e sacrificio come io ho sempre fatto in questi anni.

Non credo ai miei occhi. Siamo arrivati al “io produco, voi tutti non fate un ****, vergognatevi”?. Detto pubblicamente a migliaia di potenziali clienti?

Andrea Celli

ah, un’ultima cosa: i commenti servono per rispondere al contenuto del post. Se si vuole avere una conversazione, ovvio. Fare invece copia incolla di massa non serve a nulla: è solo spam. E su questo punto, se ne parla benissimo in questo post.

E spero anche che questa terza puntata sia anche l’ultima.

Alice Underground

Manca poco, pochissimo, all’arrivo dell’Alice di Tim Burton sugli schermi cinematografici di tutto il mondo.

E nel frattempo la Disney ha pubblicato sul suo canale YouTube il video ufficiale della canzone di Avril Lavigne che fa da colonna sonora al film.

Il video non è malaccio, anche se boh, è come se mancasse qualcosa. Forse la Avril che cade nella tana, corre, arriva dal Cappellaio Matto e poi corre ancora, fin fuori dalla foresta è troppo banale.

E la canzone sarebbe anche carina, inizia bene, coinvolge, ma sprofonda velocemente nell’inascoltabile quando la canadese inizia ad urlare a squarciagola.

Ammetto però che sono molto più curioso di vedere il video delle due canzoni di Kerli (Tea Party e Strange, assieme ai – sigh – Tokio Hotel), The Technicolor Phase degli Owl City e The Lobster Quadrille dei Franz Ferdinand, tutte ascoltabili in anteprima dal widget qui sotto:

PS: su Twitter è anche comparso il Cappellaio Matto 🙂

La lettera aperta di John Ashfield a Sybelle

Ed ecco che John Ashfield risponde al caso di censura operato da WordPress.com nei confronti di Sybelle, con una lettera che fa capire che l’azienda (sempre che la risposta arrivi dall’azienda stessa e non sia un fake) non ha capito nulla della discussione sorta.

Gentile Sig.ra Arianna,

Le scriviamo in merito al Suo blog relativo al nostro marchio John Ashfield per cercare di spiegarLe la motivazione per la quale riteniamo che WordPress abbia assunto tale provvedimento.

Sicuramente il Suo articolo, criticante la qualità  di una sola nostra pagina, confrontato all’intero programma pubblicitario che appare annualmente sulle maggiori testate giornalistiche, non avrebbe causato alcun risentimento da parte della nostra azienda poiché siamo aperti a qualunque critica costruttiva, purchè, si spera, fatta da persona con le dovute competenze tecniche e specifiche del settore.

Eh!? Posso dire che una pubblicità  non mi piace solo se sono un pubblicitario competente? Eh beh! E comunque, sarebbe bastato documentarsi e capire che – sì – Sybelle è competente in materia.

Quello che invece riteniamo inaccettabile sono, tra i commenti al Suo articolo, le affermazioni diffamanti , che nulla hanno a che fare con la Sua critica, perchè prive di alcun fondamento e non corrispondenti al vero e fortemente lesive della nostra immagine di qualità  del marchio John Ashfield, immagine che abbiamo sempre cercato di curare ai massimi livelli in 30 anni di attività . Basti vedere i risultati ottenuti dal nostro brand a livello internazionale.

Come Lei ben saprà , c’è una differenza sostanziale tra “critica” e “diffamazione”, e sicuramente la nostra azienda non può rimanere impassibile davanti a certe affermazioni che sappiamo false con certezza. Lei stessa, essendo la creatrice della pagina del blog, avrebbe dovuto e potuto filtrarLe, rimuovendo quelle che sono palesemente offensive del nostro marchio.

Sicuramente WordPress, oscurando l’intero blog, ha interpretato in senso allargato il nostro reclamo relativo alla rimozione dei soli commenti diffamanti, reclamo che, in buona fede, non abbiamo pensato di inviare a Lei, non avendo trovato i Suoi riferimenti, ma direttamente all’hoster.

Non “abbiamo pensato”? Cosa!? La frase corretta dovrebbe essere “Avevamo pensato di inviare a Lei (il reclamo), ma non avendo trovato i Suoi riferimenti …”. Peccato però che basta un click sulla prima voce della sidebar del blog di Sybelle per trovare i riferimenti mail, facebook, twitter e anobii. Oppure bastava scrivere un commento al post e la cosa si sarebbe risolta in ben altro modo, con la sola eliminazione dei 2-3 commenti in questione e “l’internet intera” non avrebbe saputo nulla della questione.

Con la speranza di averLe chiarito la nostra posizione, siamo certi che Lei si renderà  conto del danno di immagine che ci è stato causato prima dai commenti contenuti nel Suo blog, e tutt’ora dalla campagna diffamante scatenatasi dalla errata interpretazione del provvedimento assunto da WordPress.

Non è in corso nessuna campagna diffamante nei confronti di John Ashfield, se non sul come non ha contattato direttamente Sybelle. Tutte le discussioni vertevano su come WordPress.com si sia comportata male nei confronti della sua blogger e dei contenuti prodotti da lei, che sono proprio ciò che permette all’azienda di guadagnare attraversi i banner pubblicitari. Sull’azienda si è solo riportato quanto scritto dalla Camera di Commercio di Forlì Cesena in questa pagina e nello specifico su area di import: Bangladesh, Egitto, Hong Kong, Pakistan, Turchia, che sembra cozzare con la definizione di “tessuti scozzesi” presente sul sito della società . In questo caso, se si tratta di diffamazione, è da denunciare la Camera di Commercio.

Chiediamo quindi anche a Lei di attivarsi affinchè questa situazione rientri nei canoni di una normale e civile discussione in rete.

Altra frase assurda. Sybelle non ha alcun potere sulla discussione, come nessuno. È già  una normale e civile discussione, senza toni esasperati, urla o strilli. Again, il polverone l’avete sollevato voi di John Ashfield e il caso diventerà  presto un altro caso da manuale di come certe aziende non sanno gestire la propria reputazione online.

In attesa di un Suo positivo riscontro, Le inviamo i nostri cordiali saluti.
John Ashfield

E poi, firmato John Ashfield. L’azienda firma? Una persona giuridica!? Non c’è un nome, un responsabile delle pr, un manager, una qualsiasi altra persona? A quanto pare no. A meno che non esista veramente un Sig. John Ashfield.

Lady GaGa ai Brit Awards 2010

Una stupenda esibizione quella di ieri sera della Lady GaGa ai Brit Awards, quasi troppo tranquilla ed “intima”.

Un ottimo medley di Telephone e di Dance in The Dark, con una statua a sua immagine Armadillo-dotata e una dedica ad Alexander McQueen.

Ed è proprio per la morte di McQueen che la GaGa ha cambiato all’ultimo la sua esibizione, che prevedeva inizialmente un suo arrivo in macchina, dotata di strumenti musicali ed eseguendo un medley di tutti i suoi successi, compresa la solita Poker Face.

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Inoltre, per dovere di cronaca, è giusto ricordare che Lady GaGa ha visto ben 3 premi: International Album, International Breakthrough Act, International Female Solo Artist.

WordPress.com censura il post di Sybelle “John Ashfield ADV: pleeease!”. Complimenti, eh!

Grazie a Friendfeed scopro che venerdì WordPress.com aveva oscurato il blog di Sybelle.

E oggi, da un thread di Marco Massarotto, viene fuori il probabile motivo, ma nulla è ancora certo: a quanto pare a qualcuno non è piaciuto molto qualche commento pubblicato su quella pagina e per tutta risposta wordpress.com ha oscurato l’intero blog, senza alcuna comunicazione (preventiva o meno) di spiegazione all’autrice.

Direi che è un tremendo scivolone per una azienda che comunque gode di una buona reputazione e non credo che un comportamento del genere sia giustificabile. Dopo numerose mail tra lei e chi sta seguendo il caso in WordPress.com, Sybelle ancora non ha ricevuto una buona spiegazione, sul perché sia stato bloccato tutto il blog e non solo l’eventuale commento, né da chi sia arrivata la segnalazione o di che tipo sia. Anzi, è stata persino “minacciata” del fatto che avrebbero consigliato alla controparte di rivolgersi a legali/tribunali. Ma poi rivolgersi a legali/tribunali per cosa? Per un post di opinioni (opinioni!) su una campagna di advertising realizzata male? Per i commenti lasciati da altri (di cui wordpress.com ha gli ip, ma avendo eliminato il post, Sybelle non li può più recuperare), anche se probabilmente l’autore è lo stesso? Ma soprattutto… chi è l’altro interlocutore?

Bah.

In ogni caso, questo è il post, recuperato dalla cache di Google.

John Ashfield ADV: pleeease!

Quando scrivo di qualcosa che non mi piace so essere particolarmente acida.

Questa è una di quelle occasioni.

Parliamo delle campagne stampa di John Ashfield che mi sorbisco costantemente in quanto lettrice di XL.

Compro il voluminoso giornale e mi ritrovo a fissare quelle che possono esser catalogate tra le più sgraziate pubblicità  mai viste.

John Ashfield è una marca d’abbigliamento che s’appoggia su una ben costruita brand image: produce un vestiario (e relativi accessori) che si rivolgono a un pubblico giovane, tra i 23 e i 35 anni (secondo la mia percezione) rievocando l’atmosfera dello sport, in particolare del cricket e del golf.

Quindi viene in mente Londra, i tornei tra prati verdi perfettamente tagliati e una certa noblesse d’animo.

Niente male per un’azienda della provincia di Forlì e Cesena, insomma.

Quando ho scoperto questo piccolo particolare mi son meravigliata.

Non apprezzo molto lo stile che questa marca propone, un casual sui toni del blu, del beige e del verde, ma ammetto d’esser affascinata da certe iconografie (come l’uso di stemmi) e dalle camicie dai sobri ma inconsueti dettagli, cose che John Ashfield mostra in ogni collezione.

Comunque, torniamo alle campagne stampa.

Questo mese sulla quarta di copertina di XL si può ‘ammirare’ la pubblicità  in questione della collezione primavera/estate 2009.

Rappresenta due modelli (sempre gli stessi da qualche stagione) su un campo da golf.

Rabbrividisco.

1) Le fotografie dei modelli non sono a fuoco. Oltretutto le loro figure sono scontornate male. E la sovrapposizione del ragazzo sulla ragazza è pessima: si vede che non son stati fotografati insieme: lei pare sproporzionata rispetto a lui;

2) Che razza di fotografia hanno scelto come sfondo? Siamo in Svizzera? Cosa sono quelle casette che si vedono a sinistra? Le luci inoltre non combaciano: mentre i modelli son illuminati da riflettori frontali, nella fotografia di sfondo il sole cade da destra. Insomma, gli elementi si fondono alla grandissima! Eh!

3) Che espressione ha il modello? Terrorizzata? È colto di sorpresa? Sempre meglio della modella che pare pensare ‘Che ci sto a fare qui?’.

4) Marchio e logo. Penso siano stati realizzati con Paint, più o meno. Kitch a dir poco. Il font usato, oltretutto, è stra-usato e non centra assolutamente niente.

Signor John Ashfield, please!

Change!

E mi raccomando, Google, indicizza bene anche questo post.