Archivi tag: lavoro

Sentirsi in colpa e poi pentirsene. Amaramente.

Avevo chiesto un permesso, un po’ all’ultimo, per un impegno improvviso in università.

Poi, mi son sentito in colpa, perché c’erano le elezioni, miliardi di cose da fare, nuove meccaniche di lavoro non ancora ingranate.

E mi sono offerto di passare comunque in ufficio una volta finito e fare chiusura, dopo una giornata in giro, in piedi, stanchissimo e con la testa semplicemente distrutta.

Il risultato è che mi sono preoccupato per nulla. Gente che è andata via prima, che lavorava più che tranquilla, per non dire cazzeggiare.

E questa è solo la prima parte del ringraziamento. Perché, insomma, avvertire che potevo stare tranquillo e tornare a casa, no? Tanto arriva il fesso.

La seconda parte è arrivata oggi.

Mentre ero in pausa, la mia collega ha inviato al cliente le bozze (che io ho preparato) della nuova grafica. Ovviamente mi hanno riferito che usava il singolare majestatis, verso sè stessa, come unica creatrice del layout.

La nuova grafica è piaciuta subito e dopo, quando anche io ero presente, il cliente ha richiamato (lei) per delle modifiche (che io dovrò fare) che non hanno alcun senso nell’insieme del progetto.

È vero che il cliente è il cliente e ha (quasi) sempre ragione, però io avrei fatto presente alcuni grossi problemi che insorgono nella realizzazione di quelle modifiche. Ma tanto la grafica l’ha fatta lei, quindi senza batter ciglio ha detto che sì, sarà fatto. Non subito, però, perché ormai la settimana è già finita.

Già, perché la mia settimana (di part-time) è finita, torno in ufficio domenica e… ops! Lei quel programma non lo sa usare!

Lo ammetto. La voglia di lasciare tutto è tanta, sempre di più. La situazione è sempre più insopportabile. Non è un ufficio, è un asilo Mariuccia in cui lo sport preferito è spararsi alle spalle e tendere tranelli al tuo prossimo. La voglia di potermi dedicare interamente allo studio, lavorare per conto mio, ai miei orari e alle mie condizioni. Però, è rischioso e non assicura entrate certe. Sicuramente non nel breve termine, ma anche nel medio/lungo non ci sono garanzie. E lasciare ora, un lavoro fisso e indeterminato, con la crisi che c’è, è pura follia.

Strani conti

Busta paga.

Giorni di malattia segnati come ferie.

Conteggio delle ore di straordinario che non tornano.

E qualcuno che ha (di nuovo!) frugato tra i miei documenti, sono un po’ in disordine e – cosa ben peggiore – mi manca la busta paga del mese scorso, per capire se il cambio temporaneo giorno di riposo (definiamolo così, per comodità) era stato calcolato nel mese precedente oppure se si sono dimenticati che in questo ho lavorato un giorno di più rispetto al solito.

Giornate

La giornata, lavorativamente parlando, non è stata delle migliori.

Arrivato a casa, tardi, causa partita da aspettare.

Uno spuntino per calmare la fame.

Un veloce sguardo al reader per distendermi un po’.

Ed ecco. Click. L’icona di Illustrator che saltella.

Vediamo di finire i file per l’esame di domani.

Sonno, tanto sonno.

E voglia di staccare da tutto e tutti e stare finalmente tranquillo senza pensieri.

Spuntini di mezzanott.. ehm.. dell’una

Allora.

La giornata a lavoro è stata piuttosto frenetica e piena, soprattutto nell’ultima parte.

Così mi sono dimenticato completamente di scaldare e mangiarmi gli involtini di carne rossa e carote che mi ero portato da casa.

E una volta arrivato a casa, a questo bell’orario, non avevo neanche voglia di scaldarmeli.

Così ho aperto la credenza e ho semplicemente aggredito un barattolo di Nutella a suon di Pangrì, il tutto accompagnato da bicchieri di Coca-Cola.

E queste sì che sono soddisfazioni.

A noi il FullHD ci fa un baffo

Allora, ragazzi, sì, ci sono, sto bene.

I giorni di malattia sono finiti e direi anche la malattia stessa. Domani sarà l’ultimo giorno di antibiotici, la febbre non ce l’ho già da un po’, i doloretti muscolari sono sempre meno frequenti e direi che va tutto bene.

Tranne per il fatto che da questa sera ho il Mac bloccato per cause non imputabili a me. Quindi non posso lavorare per quel sito (di cui sono in modalità ansia), nè andare avanti con la dipendenza da serial che si è acutizzata in questi giorni. No, perché a parte la seconda puntata di Lost, qui si sta sperimentando Lipstick Jungle (non mi ha ancora convinto, ma vediamolo. Chissà cosa viene fuori), Fringe (J. J. Abrams, lo ripeto, io ti odio, ancora di più!), poi ho mi sono portato in pari con tutti i ritardi che avevo accumulato: le Desperate, Brothers&Sisters, Dirt. Nel cassetto, ancora chiuso, solo l’ultima di Ugly Betty, l’ultima di Criminal Minds e due giornate di 24 Ore.

Solo che, ecco, l’ho detto, questa sera non ho potuto fare nulla di questo. E perchè? Perché al momento sto scrivendo da Windows (orrore) avviato sul mio MacBook Pro (orrore) che sta eseguendo un render con v-ray per conto del Byb, che aveva bisogno di un po’ di potenza in più rispetto a quella che gli poteva fornire il suo (mmm… o è di Mam?) povero computer a carbone.

Quindi non posso fare nulla a parte avviare Chrome o Firefox (sperando non si piantino) e aspettare che v-ray finisca il render. Una sciocchezzuola da nulla, un misero file di 14.000×2.8000pixel che dovrà finire su un cartellone da 5 metri per uno.

Ora, va bene che il cartellone è enorme, ma la risoluzione per quel genere di stampa di solito è irrisoria, visto che tanto vengono visti da lontato e, spesso, in movimento. Quindi ero abbastanza tranquillo.

E invece no. Quello stampatore ha richiesto un render 550cmx100 a 300 dpi. Ovvero a circa 32milax6mila pixel, per una dimensione di immagine non compressa di soli… ehm.. 3gb?

Secondo me, è solo follia. E la pensa così anche il povero v-ray, che a una tale risoluzione eseguiva sì il render, ma non riusciva a tenere traccia di quanto calcolato nè – tanto meno – riusciva a salvare una preview. E, insomma, lasciarlo andare (per giorni e giorni) per calcolare qualcosa che non riesce a salvare, mi sembrava stupido.

E così dopo prove su prove cambiando la risoluzione, sono giunto a quella che è la risoluzione massima possibile di quel render. Ed è quella che avevo scritto sopra, quei 14mila pixel per 2mila e 800.

Nel frattempo, il Mac è bloccato, per almeno 2 giorni. E qui si spera ovviamente che lo stampatore folle si accontenti di quella piccola immagine che riesce a produrre v-ray. Perché sennò, a parte prenderlo a calci e dargli dell’incopetente, non so proprio come fare per ottenere un render a risoluzione maggiore da v-ray.

Ci sono troppi fattori in gioco. Tra sistema operativo, software e hardware. E il problema potrebbe risiedere in questo Win XP a 32 bit, che magari a 64bit gestirebbe meglio processi più corposi, ma poi bisognerebbe vedere se sia SketchUp che V-ray siano compatibili e poi bisognerebbe vedere se effettivamente il problema si risolve.

E il bello è che online non si trova praticamente nulla sui limiti di output. Ma sfido a trovarmi una qualsiasi altra persona che abbia tentato di fare un render di un’immagine di 5 metri e mezzo per 1 a 300dpi. E’ pura follia.

E neppure in Pixar ci riuscirebbero. Lì, alla fine, si limitano ai 1920pixel x 1080 del FullHD, no? Ma a noi il FullHD ci fa un baffo. Umpf

PS: i font di Windows fanno schifo. Ma proprio tanto ma tanto schifo. Non vedo l’ora di tornare al Miryad Pro di MacOS e alla beta di Safari 4 (pardon: alla nightlybuild di WebKit), per quanto Chrome sia velocissimo con le G-apps. Peccato che mi va in crash tentando di accedere a WordPress

Information graphic: “How a product is made”

L’information grafics o infographics o, per dirla all’italiana, l’infografica è un rappresentazione di informazioni, dati o conoscenze. Questi grafici sono utilizzati quando è necessario spiegare in modo veloce e chiaro delle informazioni complesse, come segni, mappe, informazioni giornalistiche, specifiche tecniche o anche nel campo dell’educazione. Sono usato in modo esteso dai matematici, dagli statistici e dagli esperti informatici per semplificare il processo di sviluppo e comunicazione delle informazioni concettuali.

Ok. Tutto questo è solo un lungo preambolo (copiato da questa voce in inglese su Wikipedia) per spiegare cos’è che mi fa entrare un po’ di $$ sul conto corrente.

E tutto questo semplicemente per spiegare perché di fronte a infografici complessi come quello qua sotto rimango sbalordito.

funnelinc_howbooksrmade

È un grafico semplicemente spettacolare, realizzato da quelli di Funnel Inc. Non solo dal punto di vista tecnico, ma – e soprattutto -anche dal punto di vista concettuale. L’organizzazione delle informazioni, la visualizzazione grafica delle fasi del processo di produzione di un libro. È un grafico che puoi realizzare solo dopo giorni e giorni di lavoro, con qualcuno che ti dia più informazioni possibili su ciò che devi creare e con l’aiuto di un illustratore. Cosa che purtroppo non è possibile fare nel lavoro di tutti i giorni.

E quindi, oltre a guardare questo grafico con ammirazione, lo guardo anche con un po’ di invidia.

Grazie, è stato un piacere lavorare per te

Alla fine, sono stato trattato male, malissimo. Paga, praticamente nulla, per quanto abbia lavorato per lui almeno 9 mesi. E dire che, insomma, ci conoscevamo praticamente da sempre. Non credo di esagerare a dire che ho dato una grossa mano per portare avanti il progetto, che senza di me in quella prima settimana infernale forse non sarebbe andato in porto.

Poi le parole, le promesse, un contratto all’orizzonte. Aver impostato tutto sulla fiducia, sulla parola. Credere alle sue promesse, d’altronde perché dubitare? Ci conosciamo da una vita, abitiamo nello stesso paesello. Cosa vuoi che succeda?

Beh, e invece… si è visto com’è andata a finire. Silenzi, mail non risposte, impossibilità a vedersi, impegni improvvisi che fanno saltare appuntamenti.

E ora, vabbé.

Oltre ai danni materiali, la beffa.

E il fatto che in famiglia non si può toccare l’argomento, visto che – di base – secondo loro, ho sbagliato io boccalone a dare fiducia ad uno che conoscevo da una vita. E, ovvio, che se ne discute, si alza la voce e non mi va.

Perché aggiungo arrabbiatura ad arrabbiatura.

Grazie mille.

È stato un piacere lavorare per te.