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Colazione, ospedale, Hard Rock e cubocilindrocielo.

Eviterei di riproporvi il racconto della prima gita in ospedale, avvenuta sabato mattina, dopo la prima, favolosa colazione allo Sheraton.

Riassumendo, son poche le cose fondamentali da dire. Ero diventato tutto rosso, preoccupatemente rosso. La richiesta di aiuto in reception, se c’era un medico. La decisione di andare in ospedale. Un taxi enorme per soli noi due. L’efficienza dell’accetazione del pronto soccorso. Il mio numero di assistenza sanitaria svedese, costato solo 300Kr. Il medico biondissimo, occhi azzurrissimi, dall’english semplicemente perfetto (adoro!). E la diagnosi (poi si scoprirà ) sbagliata: si pensava ad una semplice allergia a qualsiasi cosa.

Comunque, sul viaggio di ritorno verso l’arbergo, ci siamo fermati nei dintorni della Libreria pubblica di Stoccolma. Nulla di che, dai. Disegnata da Gunnar Asplund e completata nel 1928, è semplicemente un cubo con 3 enormi portali decorati con svastiche (che ai tempi avevano un significato completamente diverso dall’attuale), un fregio continuo pieno di finti geroglifici che rappresentavano le cose più assurde, il cilindro posizionato sopra.

Cubo, cilindro, cielo

Come? Vi ricorda la Scala? Cosa? Le polemiche per il suo ampliamento? Beh, in Svezia avevano già  una cosa del genere. E nessuno ha polemizzato, mi sembra.

IngressiSoluzione d'angoloGeroglificiMotivi ornamentali ora non ben vistiDistorsioni frontaliGiochiamo a tris?

Il tempo, nel frattempo, si divertiva a prenderci in giro. Sole, nuvole, caldo, freddo, vento e micro-fiocchi di neve. Una breve sosta al McDonald lì vicino per un caffè caldo preso dal Byb. E poi un salto all’Hard Rock Cafè, per comprare una maglietta figosissima. Forse un po’ troppo, per il mio stile, ma di tanto in tanto si può pure trasgredire, no?

Come ti fondo una banca

Ero stato invitato ad un incontro di presentazione di un progetto abbastanza ambizioso: la creazione di una nuova banca operante nel nostro territorio locale.

Un’idea venuta al padre di una mia carissima amica e già  supportati da un nutrito gruppo di imprenditori che si trovano in notevole difficoltà  con la situazione attuale del sistema creditizio italiano che si rifiuta sempre di più a concedere fidi e di dare anche solo una risposta veloce, puntuale e motivata, al di là  della ridicola “quando avrai capitalizzato di più, torna e ri-discutiamo il fido”, che, insomma, se uno chiede un fido è per capitalizzare di più, no?

Un incontro decisamente interessante, non solo per l’illustrazione del progetto, ma soprattutto per la spiegazione di come funziona tutto il sistema delle BCC, le Banche di Credito Cooperativo e dei loro vantaggi rispetto alle banche tradizionali. Le piccole dimensioni, lo stretto rapporto con il territorio, la conoscenza del proprio interlocutore (in entrambi i sensi), la copertura dei risparmi (garantiscono anche le obbligazioni, non solo la liquidità  in deposito), la capacità  di assumere decisioni rapide su un prestito e la possibilità  di dialogare. Un ritorno alle origini, a quello che erano le banche ora diventate grandi colossi che non più hanno rapporti col territorio e che ora pensano solo al guadagno.

Durante l’incontro si è risvegliata in me la parte sopita che aveva studiato economia e tutti gli approfondimenti fatti sulle aziende di credito e come al solito la voglia di dare la mano in un progetto del genere è tanta.

Solo che al momento servono i capitali, oltre che al numero di soci (se ho capito bene, parla di 2 milioni di € minimi, meglio se 3-4 per aprire con tranquillità  e almeno 200 soci fondatori). E l’iter burocratico è lunghissimo (almeno 2 anni).

E io posso solo fare numero e fornire ben pochi capitali. Però vorrei, se ci fosse l’occasione, dare una mano per quello che riguarda tutta la parte di comunicazione. E credo che sarebbe una bella esperienza!

Some good news

Alla fine, ce l’ho fatta.

Sono riuscito a completare tutte le parti del lavoro di gruppo e anche la Moleskine, sacrificando una notte di sonno, qualche litro in più di benzina, causa acceleratore pesante e 2€ lasciti in copisteria per dei tagli a un bel po’ di fogli che non avevo voglia di fare a mano.

A discapito delle più rosee aspettative, sono arrivato in aula in orario. Ultimi ritocchi alla Moleskine e qualche sistemata ai quadernoni (di gruppo) da presentare all’esame e preparazione del discorso.

L’esame è andato bene. I due professori più 4 assistenti sono rimasti soddisfatti del nostro (enorme) lavoro. Il campionario spugne, il campionario carte, i lattici, la documentazione fotografica (completa) con l’elenco delle vie analizzate, per non parlare dei tantissimi esempi di motivi realizzati.

Tanto che, alla fine, l’assistente voleva prendere da uno due quadernini A5 ad anelli alcuni lavori. Stavamo per bloccarla noi, perché quel quadernino era a serio rischio esplosione causa troppo materiale. Ma è intervenuta prima la prof. no, le pagine singole no. Prendiamoci tutto il quaderno! Non è un problema per voi, vero?

Per la Moleskine invece, fidatevi, è venuta veramente bene, tranne qualche punto un po’ così che ho potuto studiare poco. Però non ho avuto tempo di documentare il tutto con delle foto, quindi dovrò aspettare che me la restituiscano. Speriamo il prima possibile. E sono già  in ansia per le condizioni. Speriamo non si stacchi nulla, soprattutto il meccanismo di sollevamentoâ„¢ della testa della geisha di Taiwan Design realizzato dal Byb.

Poi, una volta tornato nel paesello, ho beccato una mia carissima amica.

Ci fermiamo, prendiamo un caffè, che poi diventa un gelato. Poi mi invita da lei, ma alla fine finiamo al Ticino a parlare, dormicchiare, rilassarci col rumore dell’acqua.

Indescrivibile.

E questa sera, Fast & Furious: Solo parti originali. Il mio corpo lo sopporterà  o mi addormenterò a metà  film?

Interno, casa, ufficio

Esco di corsa dall’ufficio, che è già  mezzanotte. Ho in mano i vari quaderni, la cartelletta con tutto il materiale per l’esame, la Moleskine, in spalla la borsa del Mac.

E mi sento apostrofare con un Hi! dietro le spalle. Mi giro. Una cinesina ti tubante che mi chiede se studio. Le rispondo di sì, che faccio design al Politecnico. Inizia a farmi un bel po’ di domande. Lei vorrebbe fare design d’interni e non sa se farlo al Politecnico o allo IED. E qual’è meglio e perché, che differenza c’è, quanto costa l’uno e l’altro, io cosa penso. Una chiaccherata nel cuore della notte in inglese e italiano. Figata.

La conversazione sembra si chiuda quando mi chiede io precisamente cosa faccio. Rispondo comunicazione, quindi grafica, pubblicità . Ah, pubblicità . Ok, thank u, ciao.

Bye bye, you’re welcome.

L’uscita dall’ufficio/Il rientro a casa

Già . Ci voleva proprio dimenticarsi le chiavi di casa e della macchina in ufficio. Certo, ho il badge per rientrarci, ma non la chiave per aprire il portone del cortile. Yeah!
Così, chiama casa (e in questo periodo non ci voleva), fatti venire a prendere, aspetta mezz’ora in mezzo aa strada con un iPhone all’orecchio, un’altro in tasca e un MacBook Pro in spalla. Ansia. Rabbia. Nervosismo. Stanchezza. Sete.

Buone intenzioni

Uno ha delle buone intenzioni, vuole provare un po’ di dialogo.

Ma quando si sente rispondere un ma dovevi proprio andare (a perdere tempo) [ndl: al Telefilm Festival, a vedere un film in anteprima che chissà  noi quando vedremo] tutte le buone intenzioni crollano, letteralmente e istantaneamente.

Per non parlare, poi, di tutto quello che si è generato dopo.

Tamponi, timbri, timbrini, carte, trame, pattern ed effetti visivi

Sono stufo di tamponi, timbri, timbrini, carte, trame, pattern ed effetti visivi.

E sono anche stanco ed assonnato.

Ma domani mi devo alzare presto.

Per finire questi tamponi, timbri, timbrini, carte, trame, pattern ed effetti visivi, prima che arrivino gli altri componenti del gruppo per un check della preparazione del materiale analogico per l’esame.

E dovremo pure lavorare sul digitale.

E la Moleskine è pure lì ferma. ARGH!

Ricordi onirici

Eravamo in coda al seggio, per votare.

Un seggio un po’ strano, non le solite aule separate della scuola media vicina a casa. Eravamo in un open space bianco, enorme. Una serie di code a serpentina, come fossimo in coda per un’attrazione a Gardaland.

È finalmente il nostro turno. Consegno i documenti, lei mi scruta, mi da’ la scheda che compilo così, davanti a lei, perché non ci sono cabine. Fa un commento. Un commento su di noi. Non ricordo cosa fosse. Una battuta acida, una frase sprezzante.

D’istinto le tiro un pugno in faccia. Saluto e torniamo a casa.

Poco dopo mi ritrovo in giardino una camionetta dei carabinieri. Mi prendono e mi portano via, ridendo e scherzando, come fossero amici di una vita. Come abbiano fatto ad entrare ed uscire dal cancello chiuso non si sa.

Arriviamo alla caserma. Un misto tra un grattacielo moderno e un castello antico diroccato. Una torre centrale, con una grande scala a vista che gli corre tutt’attorno. In alcuni punti mancano pareti o vetri. E si vede attraverso un cielo meraviglioso, come non avevo mai visto in vita.

Sotto la torre, un corpo centrale a più piani.

Entriamo. Sembra una villa d’epoca. Non ho manette, non vedo celle.

È ora di cena. Mi portano alla mensa. Grandi tavoloni di legno apparecchiati di tutto punto. Niente divise gialle, arancio o zebrate. Si ride e si scherza. Nessuna distinzione di posto tra detenuti e detentori.

Poi boh.

Suona la sveglia.

Spuntini di mezzanott.. ehm.. dell’una

Allora.

La giornata a lavoro è stata piuttosto frenetica e piena, soprattutto nell’ultima parte.

Così mi sono dimenticato completamente di scaldare e mangiarmi gli involtini di carne rossa e carote che mi ero portato da casa.

E una volta arrivato a casa, a questo bell’orario, non avevo neanche voglia di scaldarmeli.

Così ho aperto la credenza e ho semplicemente aggredito un barattolo di Nutella a suon di Pangrì, il tutto accompagnato da bicchieri di Coca-Cola.

E queste sì che sono soddisfazioni.