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You gonna have a shock

Non chiedetemi com’è possibiler recuperare dal cassetto dei ricordi questo video.

Voglia di prendere, uscire, ballare musica del genere. Sì, la dance, quella buona vecchia e cara dance anni ’90, che ha segnato la mia adolescenza (non che ora sia così tanto vecchio, però).

Basta con questa house fighetta, con questa techno tamarra, con questo drum’n’bass alternativo.

Ci vuole dance, dance e ancora dance!

Fuori, dentro, lontano

Fuori, tutto sembra cupo e buio.
Ma è all’interno che si consuma il dramma maggiore.
La mente corre da una parte all’altra. Fa una cosa, ne pensa altre mille in una frenesia che non può reggere a lungo.
Il cuore è freddo, schiacciato da una sensazione costante di angoscia, paura, timore.
In lontananza lo spettro della solitudine, pronto ad impossessarsi della preda al momento opportuno…

Ai tempi del dial-up

È che a volte ho un po’ nostalgia, di tanto tempo fa’.
Di quell’estate in cui ci siamo scambiati per la prima volta l’indirizzo email e non vedevo l’ora di poter tirare il cavo telefonico per potermi collegare e leggere qualche tua notizia.
I tempi in cui fantasticavamo di giri a Milano, la grande città che sembrava così lontana e difficile da raggiungere.
Promesse di giri per negozi, alla ricerca di dischi, perché quella era la nostra passione.
Versioni ed esercizi di latino, per riuscire a fare la metà del lavoro, visto che entrambi avevamo tirato troppo in luogo e l’estate stata ormai finendo.
Poi il rientro a scuola. Un anno, un altro e poi il saluto, la decisione di cambiare.
Due anni dopo, finita la maturità, la vacanza insieme, ripetuta poi ancora due anni dopo.
Il rapporto è cambiato. Io sono cambiato, tu sei cambiata.
E ora sinceramente non mi piace molto com’è il nostro rapporto. Vorrei sapere di più, vorrei poterti stare più vicina se ne hai bisogno, vorrei di nuovo i nostri pomeriggi passati al telefono, anche se prendere la linea era un problema visto che la tua era sempre occupata.
E mi chiedo dove stiamo andando, entrambi. E non so rispondermi. Né per me, né per te.

Scomposizioni per unità-lavorative di base

E già in treno, in metro, camminando per strada mi son reso conto di guardare con occhi diversi la realtà che mi circondava. Alla ricerca di un’idea, scomponendo mentalmente le forme che vedevo per arrivare all’elemento base.

Era da un sacco di tempo che non mi sentivo così curioso, così stimolato, così vivo.

Non so perché sono ricapitato su questo “vecchio” post, risalente addirittura al primo giorno di designer.

Ora la situazione è effettivamente un po’ diversa. Sarebbe molto da tazza di caffè sempre piena, sigaretta fumante abbandonata nel posacenere, luce da scrivania accesa e occhi rossi dalla stanchezza.

E già in treno, in metro, camminando per strada mi son reso conto di considerare diversamente il tempo che avevo. Ripensare alle cose da fare, scomponendole mentalmente nelle loro unità base, per capire come organizzarmi, il materiale necessario e l’ordine logico con cui è meglio eseguirle, incastrandole il più possibile. 

Era da un sacco di tempo che mi non mi sentivo così stressato, impegnato, ma vivo.

Sto impazzendo per fare quello che voglio fare e continuare con il lavoro per rimanere parzialmente autonomo. Sono soddisfatto dei risultati che ottengo. No, non dei voti, di cui – a dire il vero – non mi posso lamentare, almeno per ora. Sono soddisfatto di quello che riesco a fare.

Da una parte non vedo l’ora che arrivi il 2, perché tutto questo, in quella data, sarà solo un lontano e faticoso ricordo. Perché avrò finito il video, i disegni, le carte, fatto 4 esami, 2 prove in itinere. Perché in quella data sarà finito il primo di 6 semestri. 

E ora, a nanna, che domani ci si deve svegliare presto!

Uguale e diverso

È vero, ora è tutto diverso.

Però mi sembra di essere tornato indietro.

Le ansie, la paura di non riuscire a farcela, l’entusiasmo che si è spento con tutta la fatica fatta per arrivare fin qui, l’ansia per le idee che non arrivano, la difficoltà data dalla totale libertà di certi compiti, il tempo che non c’è e una stanchezza addosso che non va via.

Da un certo punto di vista, mi sembro trascinarmi avanti, per inerzia, senza possibilità di prendere di nuovo l’iniziativa di me stesso. E non so bene perché.

In fondo, ora, sto finalmente facendo quello che voglio, no?

Eppure i problemi son gli stessi. Mi ero affannato a cercarli e a ributtarli in faccia agli altri, ma sono punto e capo, again.

E allora… forse.. boh..

Status

È che a volte mi accorgo delle differenze.
Delle differenze enormi che ci sono tra me e gli altri, nei rapporti e nei confronti di terzi.
Non ho dubbi, ci sono anni luce di distanza.
E io sono una persona decisamente migliore.
Chiamatemi scemo o quello che volete, ma io, per amicizia, correttezza e rispetto, farei di tutto. Anche se mi dovesse costare un po’ di fatica.

Carattere

È che a volte non mi capisco, né mi piaccio. Per nulla. Per come mi comporto, per come agisco, per come mi sento poi e per quell’inutile senso di orgoglio che in realtà non mi porta da nessuna parte.

È che mi arrabbio, per cose che prima mi facevano ridere o sorridere. Però dette una, due, tre, quattro, cinque volte, dopo un po’ non mi divertono più. Per nulla. Mi innervosiscono. Perché per quanto voglia apparire come il bambinetto giocoso viziato stupido e rompiscatole, in realtà non lo sono. O se lo sono veramente, non voglio essere così. Per nulla.

E non so perché, ma mi infastidisce l’uso di questa mia autoironia da parte di altri. E l’indice secondo cui l’uso diventa abuso, quindi insopportabile, è troppo, troppo ristretto.

Poi non sopporto per nulla i ritardi. Ma proprio zero. Il che è abbastanza ipocrita, visto che io molto spesso ritardo. E qui, ovviamente, nel ragionamento parte l’autogiustificazione. In virtù del fatto che spesso, ci sono impedimenti esterni quando sto tentando di uscire di casa o che, bene o male, in caso di eventi importanti (lavoro?), appuntamenti combinati particolarmente complessi o particolarmente lontanti, tento sempre di ridurre ad un margine tollerabile il ritardo.

E poi boh.

Che forse sia il Natale che si avvicina e l’ipocrisia di fondo che aumenta e diventa sempre più preponderante che mi infastidiscono e mi rendono così intollerante alle sciocchezze?

Mi sa che è meglio dormirci sopra